Pochi uomini delle forze speciali, che colpiscono con discrezione ed efficacia estrema. E tanti istruttori, pronti però anche a combattere spalla a spalla con i soldati che addestrano: finora solo in Afghanistan, nel futuro prossimo - stando agli accordi di mentoring già siglati - in Iraq e in Somalia. Mentre si discute di un possibile intervento in Libia, un'inchiesta esclusiva de l'Espresso descrive i militari italiani che stanno già affrontando l'offensiva islamica, che si tratti di fondamentalisti dell'Is, di taliban o di al Shabaab. Il laboratorio di queste nuove missioni è stato l'Afghanistan, dove per otto anni ha agito la Task Force 45: il reparto più famoso e misterioso. È composto da circa 200 incursori di tutte le forze armate. Il primo a non essere sotto diretto controllo nazionale, perché hanno obbedito al comando Nato di Kabul e quindi soprattutto agli americani. E i primi ad andare sempre all'attacco, dedicandosi esclusivamente alla «neutralizzazione di bersagli ad alto valore»: capi taliban o tecnici che confezionano trappole esplosive, da catturare o uccidere. Fino allo scorso dicembre, tra l'altro, le truppe italiane hanno schedato l'iride di migliaia di afghani, sospettati o meno di terrorismo. Una collezione di occhi che ora non si sa come gestire, tanto che la Difesa si è rivolta al Garante della Privacy.
(Repubblica 27 marzo)
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