Caro Dott. Augias,
il premier irlandese ha dichiarato che il recente referendum sui matrimoni gay è "pioneristico". Secondo la mia opinione invece è solo un fallimento, che porta sulla via del male: sgretolamento della famiglia fisiologica fondata sul matrimonio eterosessuale, crisi della morale e della società. Posso dire, senza ombra di moralismo, che siamo di fronte ad un oltraggio etico, psicologico e pedagogico. Non è possibile che il moto del cuore, il piacere, dell'adulto diventi legge. I latini dicevano: " Est modus in rebus". Il minore per essere allevato ha bisogno, secondo le acquisizioni delle scienze umane, di due genitori maschile/femminile e non di due padri o due madri. Non è miopia mentale la mia, ma una realtà oggettiva. I genitori omosessuali non possono sostituirsi alla figura della madre, con tutto il suo fascino, amore e poeticità che solo lei può dare a un figlio.
Franco Petraglia - Cervinara (Avellino)
Una lettera così accorata denuncia con quale sconcerto in alcuni ambienti sia stato accolto il referendum irlandese. Dal punto di vista della moralità cattolica, il problema appare infatti rilevante. Anche all'interno della gerarchia sono emerse posizioni diverse. Pietro Parolin ha parlato di «Una sconfitta dell'umanità »; trattandosi del Segretario di Stato è chiaro che sono parole condivise dal Papa. Il cardinale Walter Kasper, su posizioni più aperte, ha dichiarato invece che su questi problemi la Chiesa ha taciuto troppo a lungo e che bisognerà affrontarli. A Kasper Francesco ha affidato la relazione al Sinodo dello scorso anno sui temi della famiglia. Non si tratta solo di sfumature, denunciano un dilemma. Fino a che punto un'istituzione dottrinale - e anzi dogmatica - deve e può adattarsi alla spinta della pubblica opinione? Anche se di tale vastità? Meglio cedere per mantenere il consenso o rischiare di perderlo per tenersi fedeli agli insegnamenti del passato? È possibile che qualche risposta comincerà a profilarsi in ottobre quando il Sinodo sarà di nuovo riunito. Per intanto pubblico una lettera del signor Carlo Terriaca (paolacarlot@ libero.it): «Siamo genitori di due figli uno dei quali omosessuale. Quando abbiamo letto la frase di una signora irlandese che, nella nostra stessa situazione, ha detto: "Finalmente i miei figli sono uguali", abbiamo pianto. Anche noi pensiamo che i nostri figli siano meravigliosi; con la differenza che uno, eterosessuale, può fare i suoi progetti, a uno gay viene chiesto invece di non esistere. Quando si sono saputi i risultati irlandesi ci ha mandato un messaggio la figlia di una nostra amica che vive in quel Paese esprimendo la sua gioia di ragazza eterosessuale, coinvolta, lei e il suo ragazzo francese, in quel party di esultanza. Perché da noi non è così?». Avrà peso quel po' di serenità che posizioni più comprensive potrebbero dare?
CORRADO AUGIAS
(la Repubblica 30 maggio)
il premier irlandese ha dichiarato che il recente referendum sui matrimoni gay è "pioneristico". Secondo la mia opinione invece è solo un fallimento, che porta sulla via del male: sgretolamento della famiglia fisiologica fondata sul matrimonio eterosessuale, crisi della morale e della società. Posso dire, senza ombra di moralismo, che siamo di fronte ad un oltraggio etico, psicologico e pedagogico. Non è possibile che il moto del cuore, il piacere, dell'adulto diventi legge. I latini dicevano: " Est modus in rebus". Il minore per essere allevato ha bisogno, secondo le acquisizioni delle scienze umane, di due genitori maschile/femminile e non di due padri o due madri. Non è miopia mentale la mia, ma una realtà oggettiva. I genitori omosessuali non possono sostituirsi alla figura della madre, con tutto il suo fascino, amore e poeticità che solo lei può dare a un figlio.
Franco Petraglia - Cervinara (Avellino)
Una lettera così accorata denuncia con quale sconcerto in alcuni ambienti sia stato accolto il referendum irlandese. Dal punto di vista della moralità cattolica, il problema appare infatti rilevante. Anche all'interno della gerarchia sono emerse posizioni diverse. Pietro Parolin ha parlato di «Una sconfitta dell'umanità »; trattandosi del Segretario di Stato è chiaro che sono parole condivise dal Papa. Il cardinale Walter Kasper, su posizioni più aperte, ha dichiarato invece che su questi problemi la Chiesa ha taciuto troppo a lungo e che bisognerà affrontarli. A Kasper Francesco ha affidato la relazione al Sinodo dello scorso anno sui temi della famiglia. Non si tratta solo di sfumature, denunciano un dilemma. Fino a che punto un'istituzione dottrinale - e anzi dogmatica - deve e può adattarsi alla spinta della pubblica opinione? Anche se di tale vastità? Meglio cedere per mantenere il consenso o rischiare di perderlo per tenersi fedeli agli insegnamenti del passato? È possibile che qualche risposta comincerà a profilarsi in ottobre quando il Sinodo sarà di nuovo riunito. Per intanto pubblico una lettera del signor Carlo Terriaca (paolacarlot@ libero.it): «Siamo genitori di due figli uno dei quali omosessuale. Quando abbiamo letto la frase di una signora irlandese che, nella nostra stessa situazione, ha detto: "Finalmente i miei figli sono uguali", abbiamo pianto. Anche noi pensiamo che i nostri figli siano meravigliosi; con la differenza che uno, eterosessuale, può fare i suoi progetti, a uno gay viene chiesto invece di non esistere. Quando si sono saputi i risultati irlandesi ci ha mandato un messaggio la figlia di una nostra amica che vive in quel Paese esprimendo la sua gioia di ragazza eterosessuale, coinvolta, lei e il suo ragazzo francese, in quel party di esultanza. Perché da noi non è così?». Avrà peso quel po' di serenità che posizioni più comprensive potrebbero dare?
CORRADO AUGIAS
(la Repubblica 30 maggio)