venerdì 12 giugno 2015

Quando l'analisi del voto si farà un poco più rilassata, potrebbe assumere un qualche rilievo il fatto che il centrosinistra, nelle sue varie composizioni, governa 17 delle 20 regioni italiane, cosa mai accaduta prima. Detto questo (ma lo dicono in pochi) si capisce che il disastro ligure, ben al di là della perdita di una regione rossa, getti un'ombra greve sul futuro del Pd, che del centrosinistra rimane, diciamo così, l'ingrediente di base. Sentire Sergio Cofferati compiacersi del "buon successo del nostro candidato" è metà esilarante metà desolante, perché la persona che parla è stata, poco più di dieci anni fa, leader popolarissimo e autorevole della sinistra intera, e passare dai tre milioni di piazza San Giovanni al quarto posto nelle regionali liguri è come avere vinto il mondiale di Formula uno e oggi lustrare un go-kart, per giunta in riparazione, con aria molto compiaciuta. Quanto a Raffaella Paita, essere moglie del presidente dell'Autorità portuale certamente non è un reato, ma non è neppure neutralizzabile, politicamente parlando, come una quisquilia che può interessare solo i malevoli. Specie in una regione dove la sinistra ha fortissime tradizioni popolari e operaie. Specie in tempi in cui gli umori anti-casta sono così accesi, e avvelenati. Specie dopo che la sinistra, per vent'anni, ha strillato contro i conflitti di interesse. Cambiare la sinistra è un conto, svuotarla in cinque minuti di ogni suo connotato e inventarsi nei cinque minuti successivi un contenuto nuovo non è facile come crede Renzi.
Michele Serra

(la Repubblica 2 giugno)