Corso
Biblico. Torino, 09.10.2015.
Proverbi.
(Appunti
presi durante la conferenza di Franco Barbero).
Il
libro dei Proverbi è stato spesso sottovalutato e solo recentemente
l'esegesi ne ha messo in evidenza il ruolo importante per la fede di
Israele ed il suo radicamento nella vita quotidiana del popolo. Non
solo le imprese dei re e dei grandi personaggi hanno valore, ma anche
i gesti quotidiani della vita comune, come lavarsi i panni e fare
compere al mercato. L'uomo saggio non si vergogna del quotidiano,
dove nasce la sapienza dell'uomo maturo.
Il
libro viene solitamente suddiviso dagli esegeti in cinque blocchi, di
cui il primo va dal capitolo 1 al capitolo 9.
Iniziamo
la lettura utilizzando una traduzione letterale dall'ebraico, dal
testo di Schokel – Linde, I Proverbi, edizione Borla, che ha il
vantaggio di conservare la crudezza provocatoria del testo ebraico,
aderente all'asprezza della vita del popolo di allora, mentre nelle
traduzioni correnti, per lo più edulcorate, questo aspetto va in
gran parte perduto.
Un
esempio: l'espressione “timore di Dio” o “timore del Signore”
che compare già al v. 7 del primo capitolo travisa il senso del
termine ebraico, perchè ha una sfumatura negativa di paura, mentre
il significato proprio è positivo ed esprime la consapevolezza di
essere creatura amata da Dio. Perciò è preferibile tradurlo con “il
rispetto del Signore”. Questo è importante anche perchè si tratta
di un termine chiave della Bibbia che ricorre insistentemente nel
libro dei Proverbi (1,29; 3,7; 9,10; 14,2; 14,26; 14,27; 15,33; 16,6;
19,23; 22,4; 23,17; 24,21; 31,30) nonché nei Salmi, nel Siracide e
in Giobbe.
Va
notata la qualità letteraria del testo: la struttura è elaborata,
le espressioni sono forti e vivaci, lo scopo educativo è reso in
modo efficace e di solito con una progressione di figure retoriche e
l'utilizzo di immagini di forte impatto, prese dalla vita concreta di
tutti i giorni.
Il
capitolo 1 inizia con la personificazione della Sapienza, raffigurata
come una donna che grida per le strade e per le piazze, ed ha come
parallelo, al termine del libro (capitolo 31) la raffigurazione della
donna esemplare, descritta con una efficacia ritrattistica
eccezionale.
La
sapienza non viene definita, ma viene, fin dall'esordio (1, 1 – 7)
accostata ad altri concetti (istruzione, intelligenza, equità,
giustizia, rettitudine, ecc.) che ne esprimono i vari aspetti, senza
la pretesa di possederla.
Al
verso 7 compare il primo richiamo al “rispetto” di Dio, che è un
richiamo a vivere alla presenza di Dio, senza nascondersi come fa
Adamo nel giardino dell'Eden, ma a vivere al suo cospetto, mentre noi
viviamo più facilmente al cospetto delle cose e di noi stessi.
Al
v. 8 del primo capitolo inizia l'esortazione con l'espressione
“figlio mio” che ricorrerà spesso soprattutto nella prima
sezione: l'educazione non è solo un trasmettere la dottrina, ma
anche un rapporto di amore e questo aspetto è spesso trascurato
dagli educatori. Qui parla una figura paterna, ma compare anche la
figura materna in un parallelismo di ruoli (v. 8) Il ruolo dei
genitori era fondamentale nella società israelitica per l'educazione
dei figli e la trasmissione degli insegnamenti degli antichi.
Segue
(vv. 22 - 33) una serie di ammonimenti e di esortazioni, un
alternarsi di minacce e di benedizioni (come nei discorsi di Mosè ai
capitoli 4 – 8 del Deuteronomio) che si concludono con
l'ammonimento sulle conseguenze delle scelte compiute: il malvagio
andrà in rovina mentre il giusto avrà fortuna (riecheggiando il
salmo 1).
Nel
capitolo 2 prosegue l'insegnamento del maestro al discepolo: la
sapienza è paragonata ad un tesoro da ricercare; bisogna vivere come
in attesa di un tesoro da cercare appassionatamente (v. 4); tutto
cambia quando si vive nel rispetto di Dio, come si dice anche nei
salmi 120 e 121 (vv. 5 – 8); “allora” ci sarà la comprensione
che renderà la regola piacevole, non più da subire, ma da amare
(vv. 9 – 10); compare la figura della prostituta (vv. 16 - 22),
tema ricorrente perchè era una piaga diffusa già allora; il
discorso è rivolto ai maschi che hanno la responsabilità maggiore:
le donne erano o straniere o mogli abbandonate che avevano nella
prostituzione l'unica fonte di sostentamento. Altro elemento
ricorrente è il porre una alternativa radicale tra il bene e il
male: non esiste una via mediana, bisogna scegliere tra sapienza e
perdizione.
Il
capitolo 3 è composto di tre parti: 1) dal v. 1 al 13 tratta dei
doveri verso Dio e si riferisce a una legge scritta nel cuore ed
invita a non fidarsi troppo della intelligenza umana, riecheggiando
Geremia (31,33) e Deuteronomio 6,6. Qui, come spesso nel libro,
ricorrono immagini del corpo, si parla di cuore, di occhi, di
ombelico (v. 8), di ossa, il che rende l'ammonizione vivida ed
efficace. 2) la seconda sezione dal v. 13 al 26 descrive la sapienza
nelle sue varie manifestazioni e pronuncia le beatitudini di chi la
trova; infine la sapienza dà tranquillità e sicurezza (v. 26). 3)
Nei versetti da 27 a 36 si parla dei doveri verso il prossimo e
contro le liti, che dovevano essere una piaga diffusa nel villaggi
israeliti.
Al
capitolo 3 una prima sezione (versetti da 1 a 9) parla della sapienza
come patrimonio di tutti gli uomini, non solo dei re e dei potenti.
Nella seconda sezione (10 – 19) vi è un crescendo di
raccomandazioni sulla ricerca della retta via e le conseguenze
dell'empietà. Nella terza sezione (20 – 27) ancora una volta
saggezza coinvolge tutte le parti del corpo, dal cuore alla bocca,
alle labbra, agli occhi e le pupille, al piede. Essa coinvolge tutto
l'essere; la persona è sana se non è scissa, ma è unitaria.
Il
capitolo 5 parla di amore e sessualità. Dopo una esortazione
iniziale (1,2) vi è (3 – 14) un discorso di ammonimento contro chi
si avvicina alla meretrice, identificata con la donna straniera; si
tratta indubbiamente di un discorso condizionato dalla mentalità
nazionalistica e di parte, predominante al tempo in Israele. Nella
sezione successiva (15 – 19) si fa l'elogio del matrimonio e
dell'amore sponsale. Nella terza sezione (20 – 23) ritorna il
discorso contro le prostitute e la responsabilità di chi le
frequenta.
Guido Allice