venerdì 29 aprile 2016

"Ostilità e solitudine così ho pagato caro il mio impegno"

ROMA. «Oggi finalmente lavoro in un reparto dove c'è rispetto ed attenzione per le donne. Ma nel passato, in altre strutture, ho avuto esperienze drammatiche, la mia scelta di fare aborti e di difendere le donne l'ho pagata cara. Non ho mai voluto fare il primario, quindi non parlo della carriera. Ma della fatica, della solitudine, dell'ostilita di colleghi che in tutti i modi ostacolano chi fa interruzioni di gravidanza, quello sì, mi è pesato tanto, troppo». Silvana Agatone, ginecologa, dirige all'ospedale Pertini di Roma il reparto delle interruzioni volontarie di gravidanza. Ma soprattutto è presidente della Laiga, associazione che da anni difende, in prima linea, la legge 194.
Lei parla di ostilità, boicottaggi...
«Il medico che fa aborti viene lasciato completamente solo. Perché tutti fanno obiezione, non soltanto i ginecologi. C'è il portantino che si rifiuta accompagnare la paziente in sala operatoria, c'è la ferrista che si rifiuta di pulire i ferri, c'è l'anestesista che si rifiuta di fare l'anestesia».
E quindi cosa accade?
«Accade che il non obiettore fa tutto da solo, correndo da una parte all'altra, in una situazione assurda che pub anche diventare pericolosa... Un ginecologo napoletano per operare e dovuto andare a lavare i ferri da solo, perché tutti gli infermieri erano obiettori».
Una situazione surreale.
«Molto peggio. E lo dico sulla base di segnalazioni che arrivano alla Laiga da ogni parte d'Italia».
E quando l'aborto e farmacologico?
«Sembrerà  ridicolo ma l'obiezione de gli infermieri consiste ad esempio nel non portare la pillola Ru486 sul comodino della paziente. O rifiutarsi di compilare la cartella clinica. E questa però è obiezione di coscienza abusiva. Perché non ha nulla a che fare con l'intervento concreto di interruzione di gravidanza».
Che prezzo ha pagato nella sua vita personale per applicare la legge 194?«Altissimo. Turni pazzeschi, la vita privata sacrificata al massimo, l'impossibilità di allontanarsi dal reparto, e in passato attacchi duri e pesanti dai colleghi obiettori. Oggi nel Centro di cui sono responsabile però le cose vanno bene, finalmente».
Ci sono anche ospedali dove la legge viene applicata correttamente?
«Sì, ma sempre con personale ridotto al minimo, nel dilagare dell'obiezione. Ed è una tragedia. Tutti i centri sono costretti a mandare via decine di donne ogni giorno. E dove vanno a finire queste poveracce respinte dagli ospedali?».
Dove?
«Nell'aborto clandestino. Sa quante ne vediamo che arrivano con aborti a metà, fatti chissà come? E tante di nuovo con la setticemia».
Però il ministro Lozenzin dice che non è vero. Visto che gli aborti calano, voi operatori bastate per tutte.«É falso. Il numero degli aborti sembra in calo semplicemente perché gli ospedali ne fanno di meno. Cioè accettano meno donne. Cosi al ministero risulterà che quel reparto avrà fatto soltanto 50 aborti. Ma nessun conteggia le altre 50 donne che abbiamo dovuto mandare via».
Quindi 50 aborti risultano e 50 sono "missing"?
«Proprio così. Perché di quelle donne molte il giorno dopo non torneranno. Qualcuna, forse, terrà il bambino. Ma tutte le altre no, purtroppo, è a rischio della vita».
Maria Novella De Luca

(La Repubblica 15 aprile)