venerdì 6 maggio 2016

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA

Questo è il tempo della nostra responsabilità
(Luca 24, 46-53)
"Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
Di questo voi siete testimoni.
E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".
Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse.
Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo.
Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Capire il linguaggio
L'ascensione di Gesù al cielo è una di quelle numerose "rappresentazioni "che la Bibbia registra nei due Testamenti. Nessun "razzo" lo portò fuori dalla nostra orbita visiva.
La Bibbia è piena di "quadri di discesa" e di "quadri di ascesa".
Nel linguaggio immaginifico e simbolico discese ed ascese contengono un messaggio prezioso, espresso in queste modalità mitiche e letterarie davvero suggestive.
Dio invia dal cielo i suoi messaggeri (pensate alla vocazione di Isaia, alla nascita di Gesù …), cioé Dio in qualche modo si fa presente e ci fa giungere il Suo invito. Così pure Elia e Gesù vengono rapiti in cielo o ascendono al cielo.Si tratta evidentemente di una terminologia spaziale perchè nell'antichità si pensava che Dio avesse un luogo di residenza ed occupasse uno spazio. Oggi le nostre categorie mentali sono diverse. Però, fatte le debite mediazioni linguistiche e culturali, resta intatto il messaggio.
L'immagine è bella ed efficace: queste persone hanno compiuto la loro missione e ora tocca a voi.
Quel Dio che li ha accompagnati affidando loro una missione, ora li accoglie presso di sé, li riprende. Compiuta la missione, si torna a Colui che ne è l'origine. Il "dipinto" lucano è sobrio ed efficace.
Non è il caso, dirà il libro degli Atti degli apostoli al versetto 11 del primo capitolo, di "stare a guardare il cielo".
Dunque, anche qui il linguaggio pittorico è di un singolare rimando alla realtà.
Per i primi discepoli e discepole si trattò di prendere atto che Gesù ora viveva con Dio. Il Risorto, il maestro e profeta che ha lasciato una traccia, ora affida a loro il compito di proseguire l'opera intrapresa.
Particolari illuminanti ed espressivi
Non c'è parola da tralasciare in questi pochi versetti.
"Gesù li benedisse": ancora una volta il maestro rassicura i discepoli, li valorizza, dimostra fiducia, fa loro gustare la certezza di essere avvolti dall'amore benedicente di Dio.
Non solo: c'è un altro passaggio decisivo, un equipaggiamento assolutamente necessario per poter continuare questo cammino: "sarete rivestiti di forza dall'alto".
Gesù si fa garante della promessa del Padre,  lo "spirito santo" come Sua presenza e sostegno per il tempo che verrà.
Ora ha inizio una stagione nuova.
Gesù non vuole che i discepoli rimangano ripiegati su se stessi o nostalgicamente rivolti al passato:"li condusse fuori fino a Betania e, alzate le mani, li benedisse".
Questo condurli fuori all'aperto è una indicazione di viaggio. Dopo la "sosta" a Gerusalemme, il Vangelo di Luca lascia intravvedere il futuro al quale i discepoli e le discepole dovranno far fronte: l'annuncio e la testimonianza del messaggio del nazareno.
Tutto questo non li fa precipitare nell'angoscia: per l'evangelista, nel cuore del gruppo dei discepoli che sono stati coinvolti nella sconfitta del loro maestro, ora compare "una grande gioia".
E oggi tocca a noi
Sì, proprio noi oggi riceviamo questa consegna impegnativa, questa "eredità", questo invito ad uscire verso Betania, nelle vie del mondo.
Ma, se non siamo consapevoli che la compagnia benedicente di Dio è con noi, se la "grande gioia" della fede non ha messo radici nel nostro cuore, come possiamo essere testimoni affidabili e veritieri?
Voglio dire che spesso noi cristiani siamo gente religiosa, che compie adempimenti rituali per disciplina o per abitudine, ma la nostra fede sembra evaporata, liquefatta, annacquata in uno stile di vita privo di gioia e di passione.
Non si testimonia nulla senza passione
Mi piace dirlo con le parole laiche di un libro che consiglio caldamente a tutti voi "Il complesso di Telemaco" (Massimo Recalcati, Feltrinelli): "perché la vita sia davvero viva è necessaria una trasmissione del desiderio da una generazione all'altra" (pag.39).
Come per rigenerare senso e aprire nuovi sensi al mondo è necessaria una testimonianza incarnata, così nel sentiero della fede il credente ( l'uomo e la donna di oggi) può calarsi in una esperienza e coinvolgersi in essa solo in presenza di una testimonianza fedele alla vita e appassionata.
Il nostro riferimento a Gesù di Nazaret e ai primi discepoli ha questo significato: facciamo affidamento su Dio, sul soffio vitale del Suo spirito, per lasciarci coinvolgere in uno stile di vita che non ruoti attorno ai nostri bisogni narcisistici, agli oggetti, ma faccia centro sull'amore, sull'ascolto del grido della strada, senza mai dissociare la nostra libertà dalle nostre responsabilità. Questo significa la metafora "regno di Dio". La festa dell'ascensione di Gesù si traduce dunque per noi in una consegna di immersione nella storia del quotidiano.
Ti prego
Guardo ogni giorno, o Dio, a Gesù di Nazaret, l'incontro che ha dato una prospettiva nuova alla mia vita.
Non lasciarmi cadere nell'abitudine, ma ravviva in me ogni giorno il desiderio di essere un piccolo testimone della Tua presenza e della Tua azione nel mondo.