Accetta la tristezza
Tristezza - Accetta la tristezza. Vengono i suoi giorni e non li puoi evitare. Non fare finta che non sia arrivata a te. Viene l'autunno, viene il freddo. L'autunno ha ancora la bellezza di un ardore che finisce, ma l'inverno pare un esilio della vita, della luce, dell'espansione. Per esperienza sappiamo che l'inverno contiene un nuovo futuro - «Sotto la neve pane», ma ora il freddo è addosso a noi, e dentro, molto dentro. Accetta la tristezza. Guarda l'albero, che si ritira tutto nei suoi rami spogliati di ogni ornamento e frutto, e si raccoglie nel tronco e nelle radici. Si rifugia in se stesso. Se il vento lo flagella, lui resiste in silenzio. Se la neve lo riveste, se ne fa un abito provvisorio, una bella opportunità ricavata dall'avversità del gelo. Attende col suo segreto che i giorni gli permettano di manifestare i fiori che coltiva in seno, come una nidiata di figli. Non dare ragione alla tristezza. Ti sta addosso, come un'ombra che ruba il sole, ti viene dentro, come un respiro troppo corto, cerca di convincerti che è così, e solo così, che ha ragione lei, che tu devi ripiegarti. Non darle ragione, perché non è un'amica buona, non ti sostiene, non ti illumina la via. Ti trattiene con qualche moina, che indebolisce, che non dà forza. La tristezza accusa sempre qualcuno di averti tolto la gioia: può essere vero, ma lei continua a nascondertela. Ma non scacciare la tristezza, ascoltala. Scacciarla sarebbe un rimedio artificiale, fasullo. Ti insegna che noi siamo inferiori a quanto il nostro cuore anela. Se non fossimo inferiori, il nostro cuore sarebbe piccolo, e invece è grande. Noi soffriamo la grandezza del cuore che ci è dato, che ci chiama oltre, oltre noi. La tristezza è il segno del nostro lungo cammino, del non bastare a noi stessi. Addirittura, potremmo dire che la tristezza è la nostra grandezza. Ed è almeno come la notte e il sonno, parte del tempo vivo. Ascolta la tua tristezza. Non prestare i tuoi occhi alla tristezza. Lei ti mostra muri insuperabili, lei volta le spalle al cammino, all'orizzonte, ti invita a sedere qui, a rassegnarti, perché la strada è chiusa. Lei ti racconta una lunga storia di delusioni, che sono pur vere, ma ti opprime di malinconia per bellezze passate, che potresti tenere come tesori nel cuore. Il desiderio invece rivolge gli occhi all'orizzonte, al cammino. Non sa cosa troverà, ma solo col camminare è possibile trovare. Si cammina anzitutto con l'animo in piedi. La tristezza accusa il desiderio e lo denuncia come ingannevole. La tristezza ti offre il riposo che il desiderio non ti concede. Non aver paura di sostare un momento insieme alla tristezza, sul ciglio della via. Poi sentirai di nuovo la forza del cammino. Accogli la tristezza, non darle ragione, non scacciarla, non guardare solo con i suoi occhi il tuo cammino.
Enrico Peyretti
(Rocca 14/2016)
Tristezza - Accetta la tristezza. Vengono i suoi giorni e non li puoi evitare. Non fare finta che non sia arrivata a te. Viene l'autunno, viene il freddo. L'autunno ha ancora la bellezza di un ardore che finisce, ma l'inverno pare un esilio della vita, della luce, dell'espansione. Per esperienza sappiamo che l'inverno contiene un nuovo futuro - «Sotto la neve pane», ma ora il freddo è addosso a noi, e dentro, molto dentro. Accetta la tristezza. Guarda l'albero, che si ritira tutto nei suoi rami spogliati di ogni ornamento e frutto, e si raccoglie nel tronco e nelle radici. Si rifugia in se stesso. Se il vento lo flagella, lui resiste in silenzio. Se la neve lo riveste, se ne fa un abito provvisorio, una bella opportunità ricavata dall'avversità del gelo. Attende col suo segreto che i giorni gli permettano di manifestare i fiori che coltiva in seno, come una nidiata di figli. Non dare ragione alla tristezza. Ti sta addosso, come un'ombra che ruba il sole, ti viene dentro, come un respiro troppo corto, cerca di convincerti che è così, e solo così, che ha ragione lei, che tu devi ripiegarti. Non darle ragione, perché non è un'amica buona, non ti sostiene, non ti illumina la via. Ti trattiene con qualche moina, che indebolisce, che non dà forza. La tristezza accusa sempre qualcuno di averti tolto la gioia: può essere vero, ma lei continua a nascondertela. Ma non scacciare la tristezza, ascoltala. Scacciarla sarebbe un rimedio artificiale, fasullo. Ti insegna che noi siamo inferiori a quanto il nostro cuore anela. Se non fossimo inferiori, il nostro cuore sarebbe piccolo, e invece è grande. Noi soffriamo la grandezza del cuore che ci è dato, che ci chiama oltre, oltre noi. La tristezza è il segno del nostro lungo cammino, del non bastare a noi stessi. Addirittura, potremmo dire che la tristezza è la nostra grandezza. Ed è almeno come la notte e il sonno, parte del tempo vivo. Ascolta la tua tristezza. Non prestare i tuoi occhi alla tristezza. Lei ti mostra muri insuperabili, lei volta le spalle al cammino, all'orizzonte, ti invita a sedere qui, a rassegnarti, perché la strada è chiusa. Lei ti racconta una lunga storia di delusioni, che sono pur vere, ma ti opprime di malinconia per bellezze passate, che potresti tenere come tesori nel cuore. Il desiderio invece rivolge gli occhi all'orizzonte, al cammino. Non sa cosa troverà, ma solo col camminare è possibile trovare. Si cammina anzitutto con l'animo in piedi. La tristezza accusa il desiderio e lo denuncia come ingannevole. La tristezza ti offre il riposo che il desiderio non ti concede. Non aver paura di sostare un momento insieme alla tristezza, sul ciglio della via. Poi sentirai di nuovo la forza del cammino. Accogli la tristezza, non darle ragione, non scacciarla, non guardare solo con i suoi occhi il tuo cammino.
Enrico Peyretti
(Rocca 14/2016)