venerdì 22 luglio 2016

DON VINICIO Albanesi è uno di quei preti che nella vita degli altri affonda le mani. Quando dice che anche l'ultrà manesco che chiama i neri "scimmie" è una vittima dobbiamo ascoltarlo. Vittima di che cosa? Certo dell'ignoranza, che non è solamente affar suo, così come la povertà non è solo affare dei poveri. Poi anche della quotidiana naturalezza con la quale, ovunque, ci si manca di rispetto, ci si insulta, ci si minaccia. È accaduto che l'ignoranza, la maleducazione, la rudezza dei modi non siano più uno scandalo. Non si sa da quando, non si sa per colpa di chi, ma è accaduto. Se un italiano di quarant'anni fa fosse trascinato in uno stadio di oggi, o seguisse la televisione di oggi, o uno di quei bei dibattiti social a base di sputi verbali, gli si ghiaccerebbe il cuore. Ci domanderebbe che cosa ci è successo. Quando ci siamo ammalati così gravemente, e perché.
Non che la violenza non esistesse, l'odio mancasse. Di violenza politica questo paese trabocca da generazioni. Ma un uso così sciatto, così assuefatto, così svalutato dell'odio, del disprezzo, della parola greve e menefreghista, e la gragnuola di vaffanculo, e il nugolo di accuse tremende che ognuno sbatte in faccia all'altro, questa è una novità. È un contagio che ci divorerà se non proviamo a ritrovare rispetto. E solo un cretino può pensare che questo c'entri qualcosa col politicamente corretto.
Michele Serra

(l'Amaca-la Repubblica 12 luglio)