martedì 30 agosto 2016

Puglia, la grande paura dei migranti cristiani

L'ultima messa l'hanno celebrata a Pasqua. La penultima non se la ricordano nemmeno.
Nella torrida pianura ai piedi del Gargano, a 40 chilometri dalla tomba di San Padre Pio in Puglia, c'è una bidonville di oltre duemila abitanti dove 300 cristiani vivono segregati. La misera baracca, in cui ogni settimana un padre missionario veniva a santificare le domeniche, l'hanno bruciata una notte di due anni fa. Dai resti del luogo di preghiera hanno costruito un crocifisso per ricordare l'aggressione: due moncherini di legno carbonizzato, legati insieme da un nastro di plastica nero ricavato dai tubi che irrigano i campi di pomodoro. La croce adesso la conservano nascosta sotto uno scaffale. Non se la sentono di esporla. Hanno paura di nuovi attacchi da parte di alcuni islamisti che vengono da fuori: «Abbiamo paura, sì. Da due anni la domenica preghiamo tra di noi senza farci vedere». La vita dei braccianti nelle campagne della provincia di Foggia è già difficile. Ma per i 300 cattolici africani, isolati in mezzo alla maggioranza musulmana del Ghetto di Rignano Garganico, lo è molto di più.
Le violenze dei fanatici. Le tensioni tra caporali e braccianti senza lavoro. Un omicidio e un tentato omicidio in pochi giorni. Schiavismo, agguati, incendi. È un racconto spietato dalle campagne del Sud l'inchiesta a cui l'Espresso, in uscita domani con la Repubblica, dedica la copertina. Il titolo: "Apocalisse in Italia". E quella foto simbolo: la croce costruita con i resti carbonizzati della baracca che i cristiani usavano come chiesa, tenuta dalle mani di un bracciante nigeriano, il suo custode.
Il Ghetto, proprio così lo chiamano da quando è nata la baraccopoli in mezzo ai campi, è la meta quest'anno di un numero sempre maggiore di disoccupati stranieri. Sono soprattutto africani, alla ricerca di un modo per sopravvivere. Dopo il tour nei centri per richiedenti asilo, o aver tentato di entrare in Francia o in Germania, i profughi riappaiono qui. Non fa differenza se hanno o non hanno ottenuto il permesso di soggiorno. Tanto, là fuori, di lavoro regolare non ce n'è più.
La bidonville aumenta di 10 nuovi arrivati ogni 24 ore. Ha già superato il record di 2mila abitanti e, con la raccolta dei pomodori, si avvia verso i 3mila. Troppa manodopera. Il risultato è che trovano lavoro non più di 3 o 4 giorni al mese.
«Questa è la croce», dice sottovoce il bracciante nigeriano che la custodisce. «L'abbiamo fatta con i resti della baracca della fede che ogni domenica ospitava la messa. La baracca l'hanno bruciata una notte di due anni fa. Poi qualcuno ci ha fatto capire che, se non volevamo altri incendi non dovevamo pregare davanti ai musulmani. Anzi non dovevamo proprio farci vedere. Noi cristiani siamo una minoranza. Trecento contro quasi duemila, troppo pochi. Così per paura abbiamo dovuto rinunciare alla messa. Solo a Pasqua abbiamo chiesto che venisse un prete. Almeno a Pasqua. Per il resto, preghiamo di nascosto. Loro hanno 3 moschee qui. Ma nessuna baracca può essere usata come chiesa».
Chi sono quelli che vi hanno fatto capire? «Sono spie dei caporali, africani che non vivono nel Ghetto.  Poche persone, ma stanno seminando paura. No, nessuno si è mai dichiarato a favore dei terroristi di Boko Haram o dello Stato islamico. I braccianti musulmani sono solidali con noi. Ma negli ultimi 2 anni è arrivata tanta gente nuova. E molti di loro non sembrano così tolleranti». Nessuno ti chiedeva di che religione sei. Oggi ci dicono che non vogliono vedere croci o immagini di Gesù. Papa Francesco dovrebbe venire qui e scoprire con che fatica viviamo».
Fabrizio Gatti

(la Repubblica 20 agosto)