In attesa delle case promesse quelle del campo Solidale della Caritas, nato tre anni fa, quando Saluzzo sembrava Rosarno, e quando in città c'è stata quasi una rivoluzione. L'ex sindaco Pd Paolo Allemano incalzato dalle proteste, chiamo in causa la Prefettura per arginare le tendopoli selvagge. Oggi da consigliere regionale ha fatto approvare una legge per semplificare le ristrutturazioni dei locali delle aziende agricole per far vivere i braccianti lì, e non sotto le tende.
Qualcosa già si muove e qualche stagionale vive nelle case messe a disposizione dai Comuni. Come quella disabitata dal custode del cimitero, dove ora vivono 14 giovani. Altri sono a Costigliole, a Scarnafigi, a Revello. «Chi lavora a Verzuolo telefoni a questo numero» sta scritto su un cartello all'ingresso della tendopoli del Foro Boario. «Vogliamo trasferire alcuni di loro in un microcampo per alleggerire la pressione qui» spiega il responsabile del Campo solidale Alessandro Armando. Il "qui" sono duecento metri di viale dove vivono poco meno di 500 persone, a cui si aggiungono i "colleghi" sistemati da Coldiretti in altre due strutture temporanee destinate a chi arriva e ha già un lavoro.
Il totale fa oltre seicento braccianti, nonostante il sindaco Mauro Calderoni a marzo abbia messo le mani avanti «ci sarà lavoro solo per 250 persone». Così ha fatto anche Caritas, per "disincentivare" l'assalto al poco lavoro che c'è. «Magari uno dei fortunati sono io» e partono lo stesso.
Sbarcano dal treno a Savigliano, con un flusso che inizia a maggio - per la raccolta dei mirtilli - si intensifica tra giugno e luglio, per pesche e albicocche, si stabilizza ad agosto e settembre, per le mele e poi dirada in autunno, quando restano da raccogliere solo più i kiwi. È così da sempre: prima per raccogliere frutta in pianura scendevano i nostrani dalle valli, poi è toccato ai polacchi, ora sono africani. Hanno lo zainetto sulle spalle, una bicicletta e una coperta legata al manubrio. Chi non ha la bici la riceve dalla Caritas, con una cauzione di 15 euro. «Basta riportarla, anche tutta scassata» spiegano dal negozio solidale, dove abiti, scarpe e lenzuola vengono venduti ai braccianti al prezzo di un'offerta. «I primi giorni chiedono di fotocopiare il loro numero di telefono - racconta Armando - poi girano per le campagne, appena vedono un trattore, lasciano il loro contatto e aspettano di essere richiamati». Qualcuno inizia subito, qualcuno lavora per settimane, altri solo a giornata. Lavoro nero? «Meno che altrove, diciamo lavoro grigio» spiega Andrea Basso della Flai Cgil di Cuneo che all'interno del campo ha uno sportello di assistenza ai lavoratori. Al di fuori, è vietato bivaccare, l'unico capannello "tollerato" è quello davanti alle Poste, dove c'è il wifi 1ibero. «Il campo funzionerebbe bene per 250 persone, ora ce ne sono molte di più», spiega ancora il responsabile della Caritas. Sotto i teloni ci sono materassi per chi non ha il posto in tenda. Non è un villaggio turistico, ma è decoroso: ci sono i bagni, le docce, la zona di preghiera, qualche bancarella improvvisata. Ci sono operatori, medici volontari, avvocati, mediatori culturali, le cucine, dove ognuno prepara il suo pasto. C'è Assad che a Rosarno ha imparato a cuocere i pomodori e non rinuncia al sugo sulla pasta, la sera al ritorno dai campi. E Issa che dalle sei del pomeriggio, ogni giorno, aggiusta le bici dei colleghi, in un'officina improvvisata. La sera si guarda la tv, si gioca a calcio. Gli abitanti di Saluzzo raramente si spingono fin qua, nonostante il centro città sia a pochi metri in linea d'aria. «Vengono per la serata pizza» spiegano dal campo. Per il resto dell'estate restano nelle loro case. I più curiosi al massimo si affacciano al balcone, per guardare 1'Africa nel proprio giardino.
Maria Chiara Giacosa
(la Repubblica 23 luglio)
Qualcosa già si muove e qualche stagionale vive nelle case messe a disposizione dai Comuni. Come quella disabitata dal custode del cimitero, dove ora vivono 14 giovani. Altri sono a Costigliole, a Scarnafigi, a Revello. «Chi lavora a Verzuolo telefoni a questo numero» sta scritto su un cartello all'ingresso della tendopoli del Foro Boario. «Vogliamo trasferire alcuni di loro in un microcampo per alleggerire la pressione qui» spiega il responsabile del Campo solidale Alessandro Armando. Il "qui" sono duecento metri di viale dove vivono poco meno di 500 persone, a cui si aggiungono i "colleghi" sistemati da Coldiretti in altre due strutture temporanee destinate a chi arriva e ha già un lavoro.
Il totale fa oltre seicento braccianti, nonostante il sindaco Mauro Calderoni a marzo abbia messo le mani avanti «ci sarà lavoro solo per 250 persone». Così ha fatto anche Caritas, per "disincentivare" l'assalto al poco lavoro che c'è. «Magari uno dei fortunati sono io» e partono lo stesso.
Sbarcano dal treno a Savigliano, con un flusso che inizia a maggio - per la raccolta dei mirtilli - si intensifica tra giugno e luglio, per pesche e albicocche, si stabilizza ad agosto e settembre, per le mele e poi dirada in autunno, quando restano da raccogliere solo più i kiwi. È così da sempre: prima per raccogliere frutta in pianura scendevano i nostrani dalle valli, poi è toccato ai polacchi, ora sono africani. Hanno lo zainetto sulle spalle, una bicicletta e una coperta legata al manubrio. Chi non ha la bici la riceve dalla Caritas, con una cauzione di 15 euro. «Basta riportarla, anche tutta scassata» spiegano dal negozio solidale, dove abiti, scarpe e lenzuola vengono venduti ai braccianti al prezzo di un'offerta. «I primi giorni chiedono di fotocopiare il loro numero di telefono - racconta Armando - poi girano per le campagne, appena vedono un trattore, lasciano il loro contatto e aspettano di essere richiamati». Qualcuno inizia subito, qualcuno lavora per settimane, altri solo a giornata. Lavoro nero? «Meno che altrove, diciamo lavoro grigio» spiega Andrea Basso della Flai Cgil di Cuneo che all'interno del campo ha uno sportello di assistenza ai lavoratori. Al di fuori, è vietato bivaccare, l'unico capannello "tollerato" è quello davanti alle Poste, dove c'è il wifi 1ibero. «Il campo funzionerebbe bene per 250 persone, ora ce ne sono molte di più», spiega ancora il responsabile della Caritas. Sotto i teloni ci sono materassi per chi non ha il posto in tenda. Non è un villaggio turistico, ma è decoroso: ci sono i bagni, le docce, la zona di preghiera, qualche bancarella improvvisata. Ci sono operatori, medici volontari, avvocati, mediatori culturali, le cucine, dove ognuno prepara il suo pasto. C'è Assad che a Rosarno ha imparato a cuocere i pomodori e non rinuncia al sugo sulla pasta, la sera al ritorno dai campi. E Issa che dalle sei del pomeriggio, ogni giorno, aggiusta le bici dei colleghi, in un'officina improvvisata. La sera si guarda la tv, si gioca a calcio. Gli abitanti di Saluzzo raramente si spingono fin qua, nonostante il centro città sia a pochi metri in linea d'aria. «Vengono per la serata pizza» spiegano dal campo. Per il resto dell'estate restano nelle loro case. I più curiosi al massimo si affacciano al balcone, per guardare 1'Africa nel proprio giardino.
Maria Chiara Giacosa
(la Repubblica 23 luglio)