lunedì 19 settembre 2016

L'importanza del tempo

Il difficile rapporto delle persone con noi che abbiamo un handicap

 


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Guardo il telegiornale e penso: «Ma come! I musulmani gay, tu li ammazzi?». Un giorno, ero in giro per Racconigi, e una persona, che forse non mi aveva vista arrivare, disse: «… per chi è su una carrozzina, esiste la puntura». Ma siamo matti? Non c'è più rispetto per la vita.
Voglio lanciare questo messaggio per capire, io stessa, cosa c'è che non va in questa società e dire che bisogna riflettere quando si parla, perché altrimenti non andiamo niente bene.
Io devo avere la certezza di essere rispettata, dobbiamo tutti avere la certezza di essere rispettati,  non si può vivere con la paura che uno ti ammazzi. Voglio combattere per queste cose, e scrivo per lasciare la mia testimonianza.
Noi che abbiamo problemi, noi disabili, la società non ci valorizza, proprio come persone. Nel rapporto con la gente, io vivo negativamente il fatto che spesso molti non provino a capire le mie paure. Ad esempio, non riescono a capire che tutti i giorni cerco di combattere la paura di stare sola fuori dai negozi - quasi mai una carrozzina riesce ad entrare. Ancora: se tu disegni una mela in dieci minuti e io la disegno nel giro di un'ora… che differenza fa? È sempre una mela, dov'è il problema? Perché la gente deve dire a noi che ci vuole la puntura! Diamo fastidio a qualcuno? Questo non va.
La gente, anche quella che non pensa che ci vorrebbe la puntura, non ti dà valore: «Tu non puoi fare questo, non puoi fare quello, non puoi mangiare niente da sola, te ne do io che così facciamo prima, non posso perdere tempo dietro a te». Cosa importa alla gente se noi con problemi mangiamo in cinque minuti o in mezz'ora? No, tutto è una perdita di tempo! E questo fa male. Ci sono quelli che non passano da me perché «è una perdita di tempo!». Ma è normale?
La gente forse pensa che a noi disabili ha fatto piacere fin da subito essere così. Non parlo solo per me, che come ragazza con un handicap sono molto fortunata, parlo per gli altri, quelli che non hanno chi gli dedica tempo e affetto. Non c'è l'affetto, non c'è il calore.
Se tu mi dai la forchetta in mano e poi vai via, io non faccio niente. Ma se tu mi dai la forchetta e mi dici: «Michela, prova a fare così, perché secondo me è più bello che tu sia più coordinata, anche per chi ti vede», significa che tu, o chiunque altro, ci tieni, tieni a me proprio come persona, perché hai capito che non posso farne a meno.
É importante dedicare del tempo alle persone e ai malati in particolare, vuol dire dare loro la possibilità di vivere. Io questa possibilità ce l'ho, come ho già detto, perché io ho la possibilità di avere a fianco delle persone che mi aiutano. Ma chi non ha questo, cosa fa, si ammazza?
E poi: un conto è chi si trova su una carrozzina dal momento in cui capisce qualcosa della vita, altro è chi si trova su una carrozzina da un giorno all'altro; non è facile, soprattutto psicologicamente. Oggi lavori e domani sei sulla carrozzina… forse non abbiamo capito molto delle difficoltà della vita.
Detto questo, io senza il mio sorriso non esco mai, perché papà mi ha detto «non dimenticarti mai del tuo sorriso: la gente fuori non ha alcuna colpa se tu sei sulla carrozzina».
Michela Della Valle

(da Insonnia, mensile di confronto e ironia, Racconigi settembre 2016; contatti@insonniaracconigi.it)