Corso Biblico. Torino, 21.10.2016.
Qohelet.
(Appunti presi durante la conferenza di Franco Barbero).
La vita è precaria, ma nonostante ciò, va vissuta, con amore, nella sua finitezza. Non bisogna correre dietro al successo ed a cose vane, ma neppure deprimersi cadendo in un disamore per la vita: questo vuol dire l'inizio del capitolo 11 (“getta il tuo pane sulle acque, perché con il tempo lo ritroverai”) in un versetto di difficile lettura che smentisce il luogo comune che il Qoehlet abbia una visione pessimistica della realtà al limite del nihilismo. Le interpretazioni più comuni sono due (Brown): 1) nonostante la vita sia precaria tu devi scommettere su di essa 2) datti al commercio e alle attività finché ne hai la forza, senza aspettare troppo, quando le forze ti verranno meno. In ogni caso cogli l'occasione dell'oggi senza indugiare e non aspettare che le condizioni siano ottimali (“chi bada al vento non semina mai e chi osserva le nuvole non miete” 11,4). In questi versi vi è un richiamo segreto a certi passi evangelici in cui Gesù fa riferimento ad aspetti della vita quotidiana, si pensi ad esempio alla parabola dei talenti. Segue un altra immagine famigliare nei vangeli, quella del seminatore, che deve lavorare senza darsi troppo affanno sulla riuscita della sua opera: è un invito ad andare al di là dell'interesse immediato al successo delle proprie azioni, a guardare più lontano e a saper attendere.
Il tono positivo prosegue con l'elogio della giovinezza e la bellezza della vita, da cogliere finché si è in tempo: quale contrasto con quella educazione che è purtroppo prevalsa per molto tempo nel cristianesimo che vede con sospetto il godere degli aspetti positivi della vita e ricollega al peccato il piacere e soprattutto il piacere sessuale. Qui emerge una visione ed un atteggiamento verso la vita del tutto diverso: anche qui va richiamato il messaggio positivo di Gesù per una vita liberata dalla paura e vissuta con ricchezza di relazioni. Siamo lontani da una visione negativa della vita terrena che si afferma sotto l'influsso della cultura ellenistica e soprattutto dello gnosticismo. Anche il richiamo al giudizio di Dio (“Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio” 11, 9) non ha un tono oppressivo, ma è piuttosto un invito alla responsabilità, ad essere giudiziosi.
Il capitolo 12 inizia con uno straordinario affresco della vecchiaia con l'effetto dell'indebolimento dei sensi e del vigore corporeo giovanile, un affievolimento della vitalità che si conclude inevitabilmente con la morte. L' incipit “ricordati!” (12,1) riecheggia i capitoli 4 e seguenti del Deuteronomio che ammoniscono Israele ad ascoltare e non dimenticare l'insegnamento dell'alleanza. Un'interpretazione rabbinica vede nelle metafore che si susseguono un riferimento alle varie parti e funzioni del corpo: la vista e gli occhi (“prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle” 12,2), i denti (“le donne che macinano” 12,3), l'udito (“si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli” 12,4) i capelli bianchi (“quando fiorirà il mandorlo” 12,5, si attenuano gli impulsi sessuali (“il cappero non avrà più effetto” 12, 5) fino alla fine, quando si spezza il filo d'argento, la lucerna si infrange, la carrucola cade nel pozzo e la polvere ritorna alla terra (12,6).
Il versetto 12,7 “(prima che...) il soffio vitale torni a Dio” risente della visione dualistica dell'uomo propria della cultura ellenistica. Al versetto 8 si ripete, in fine, per la 38ma e ultima volta la parola hebel vanitas, soffio, vento, ecc.
L'epilogo, opera di un redattore, conclude l'opera, che è una lunga ricerca di parole di verità, parole pur sempre umane. La figura del pastore (v. 11) è ricorrente nella Bibbia. L'ammonizione a non studiare troppo va intesa come un invito a non lasciarsi irretire dalla ricchezza della cultura ellenistica.
La conclusione finale, dopo tutto l'errare della ricerca durata una intera vita è ancora l'invito a vivere al cospetto di Dio: “temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l'uomo” (13).
Abbiamo veramente riscoperto il Qoelet, gustandone la ricchezza degli argomenti e la bellezza letteraria, scoprendo aspetti e significati nuovi e anche sorprendenti: è veramente un tesoro di saggezza!
Qohelet.
(Appunti presi durante la conferenza di Franco Barbero).
La vita è precaria, ma nonostante ciò, va vissuta, con amore, nella sua finitezza. Non bisogna correre dietro al successo ed a cose vane, ma neppure deprimersi cadendo in un disamore per la vita: questo vuol dire l'inizio del capitolo 11 (“getta il tuo pane sulle acque, perché con il tempo lo ritroverai”) in un versetto di difficile lettura che smentisce il luogo comune che il Qoehlet abbia una visione pessimistica della realtà al limite del nihilismo. Le interpretazioni più comuni sono due (Brown): 1) nonostante la vita sia precaria tu devi scommettere su di essa 2) datti al commercio e alle attività finché ne hai la forza, senza aspettare troppo, quando le forze ti verranno meno. In ogni caso cogli l'occasione dell'oggi senza indugiare e non aspettare che le condizioni siano ottimali (“chi bada al vento non semina mai e chi osserva le nuvole non miete” 11,4). In questi versi vi è un richiamo segreto a certi passi evangelici in cui Gesù fa riferimento ad aspetti della vita quotidiana, si pensi ad esempio alla parabola dei talenti. Segue un altra immagine famigliare nei vangeli, quella del seminatore, che deve lavorare senza darsi troppo affanno sulla riuscita della sua opera: è un invito ad andare al di là dell'interesse immediato al successo delle proprie azioni, a guardare più lontano e a saper attendere.
Il tono positivo prosegue con l'elogio della giovinezza e la bellezza della vita, da cogliere finché si è in tempo: quale contrasto con quella educazione che è purtroppo prevalsa per molto tempo nel cristianesimo che vede con sospetto il godere degli aspetti positivi della vita e ricollega al peccato il piacere e soprattutto il piacere sessuale. Qui emerge una visione ed un atteggiamento verso la vita del tutto diverso: anche qui va richiamato il messaggio positivo di Gesù per una vita liberata dalla paura e vissuta con ricchezza di relazioni. Siamo lontani da una visione negativa della vita terrena che si afferma sotto l'influsso della cultura ellenistica e soprattutto dello gnosticismo. Anche il richiamo al giudizio di Dio (“Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio” 11, 9) non ha un tono oppressivo, ma è piuttosto un invito alla responsabilità, ad essere giudiziosi.
Il capitolo 12 inizia con uno straordinario affresco della vecchiaia con l'effetto dell'indebolimento dei sensi e del vigore corporeo giovanile, un affievolimento della vitalità che si conclude inevitabilmente con la morte. L' incipit “ricordati!” (12,1) riecheggia i capitoli 4 e seguenti del Deuteronomio che ammoniscono Israele ad ascoltare e non dimenticare l'insegnamento dell'alleanza. Un'interpretazione rabbinica vede nelle metafore che si susseguono un riferimento alle varie parti e funzioni del corpo: la vista e gli occhi (“prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle” 12,2), i denti (“le donne che macinano” 12,3), l'udito (“si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli” 12,4) i capelli bianchi (“quando fiorirà il mandorlo” 12,5, si attenuano gli impulsi sessuali (“il cappero non avrà più effetto” 12, 5) fino alla fine, quando si spezza il filo d'argento, la lucerna si infrange, la carrucola cade nel pozzo e la polvere ritorna alla terra (12,6).
Il versetto 12,7 “(prima che...) il soffio vitale torni a Dio” risente della visione dualistica dell'uomo propria della cultura ellenistica. Al versetto 8 si ripete, in fine, per la 38ma e ultima volta la parola hebel vanitas, soffio, vento, ecc.
L'epilogo, opera di un redattore, conclude l'opera, che è una lunga ricerca di parole di verità, parole pur sempre umane. La figura del pastore (v. 11) è ricorrente nella Bibbia. L'ammonizione a non studiare troppo va intesa come un invito a non lasciarsi irretire dalla ricchezza della cultura ellenistica.
La conclusione finale, dopo tutto l'errare della ricerca durata una intera vita è ancora l'invito a vivere al cospetto di Dio: “temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l'uomo” (13).
Abbiamo veramente riscoperto il Qoelet, gustandone la ricchezza degli argomenti e la bellezza letteraria, scoprendo aspetti e significati nuovi e anche sorprendenti: è veramente un tesoro di saggezza!
Guido Allice