lunedì 23 gennaio 2017

Andare oltre non è andare contro

"Io scrivo da innamorato di Dio e di Gesù. I linguaggi dell'amore non trascurano la verità, ma non stanno nelle formule fisse e straripano.

Non sono affatto indifferente alla ricerca della verità o incurante della dottrina, ma non si può continuare a individuare ciò che è "cristiano" in base ad alcune dottrine. Al primo posto sta la pratica della giustizia, dell'amore, della pace, della condivisione.

Bisogna anche qui ripartire da Gesù di Nazareth che ha parlato di Dio al mondo dei poeti. Le sue parabole sono creazioni poetiche di altissimo valore. "La poesia, per sua natura, fa saltare i confini che i guardiani dei riti e delle formule "giuste" hanno tracciato, nel nome del loro "Dio", intorno agli esseri umani… La dogmatica ecclesiastica invece…prende le parole poetiche di Gesù e le immagini mitiche su Gesù del Nuovo Testamento come motivo per edificare un'ampia dottrina su Dio e sull'uomo, che renda possibile, in base a determinati giochi di parole, suddividere i credenti in membri o in contestatori della rispettiva religione o confessione giusta" (E: Drewermann, C'è speranza per la fede?, Queriniana, pag. 163).

La dottrina ufficiale diventa così un coltello in mano al potere gerarchico che, anziché creare ponti, divide le persone le une dalle altre.

Anche in queste pagine non ho nessun intento dissacratorio e antidogmatico, ma ritengo che l'enfasi dottrinaria abbia soppresso la poesia persino dentro la lettura della Bibbia. Semmai voglio anch'io, nelle mie limitatissime competenze, lavorare per liberarci dalla imposizione degli "occhiali dogmatici" che imbavagliano molti aspetti della libertà alla quale Dio ci chiama. Ormai lo diciamo apertamente: "Parlare di Dio oggi, con il linguaggio dei primi secoli, è votarsi all'incomprensione e far correre a Dio il rischio di esser percepito come un mito da relegarsi fra le anticaglie" (Maurice Zundel).

Ma, alla prova dei fatti, i nostri catechismi ufficiali e gran parte della predicazione ruotano ancora attorno a quelle formulazioni.

Come quando si percorre una strada, non si tratta di rinnegare il percorso compiuto, ma di andare oltre.

So bene che le "teologie della libertà" attraversano una stagione difficile. "Di fronte a questo fenomeno della rigidezza delle autorità, i teologi sono esitanti. Molti, per lodevoli motivi di rispetto, non osano esprimere quello che pensano. Essi hanno paura di apparire dei dissidenti, mentre una certa opposizione è necessaria ad una vita ecclesiale sana… I teologi sono condannati alla prudenza. Il pensiero rischia di esser privato del terreno necessario alla creazione" (Christian Duquoc, La teologia in esilio, Queriniana, pag. 28). Una constatazione dolorosa.

Franco Barbero, 2004