giovedì 23 febbraio 2017

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA DI DOMENICA 26 FEBBRAIO

OGNUNO DI NOI E' AL BIVIO
"Nessun può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai, eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli nel campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena".
(Matteo 6, 24-34).

Intanto occorre segnalare che il versetto 24, con cui inizia il brano, è una sferzata, anzi una "mazzata", come si dice oggi, da non lasciare spazio a nessuna divagazione interpretativa. Si tratta di un aut aut: o Dio o mammona: sono due strade inconciliabili.

Mammona
Spesso le nostre bibbie traducono questa parola con i "soldi". In realtà il vocabolo aramaico indica molto di più, cioé la base, il fondamento sui quali si fondano la propria vita e la propria sicurezza. Il denaro ne è parte essenziale, ma in una accezione estesa al potere, al successo che lo rende "idolo", "falso dio".
Gesù qui non usa mezzi termini, non fa alcuna premessa, non dice:"se tu vuoi"... Notate la perentorietà, la radicalità di questo linguaggio che non permette scappatoie e non autorizza eccezioni."Nessuno può servire due padroni": si tratta di una impossibilità assoluta per tutti. Quel "nessuno" è un colpo di frusta, una mazzata per tutti coloro che nella storia hanno cercato di accomodarsi su un sentiero che permettesse loro di "vivere da ricchi e illudersi di essere dalla parte dei poveri".
Puntiamo bene gli occhi sul testo: se all'inizio si parla dell'impossibilità di servire a due padroni, la conclusione del versetto pone un netto ed esplicito aut-aut: "non potete servire a Dio o a Mammona". Fra i "servitori di Dio" e i "servitori di Mammona" non esiste possibilità di conciliazione. Si tratta di due strade diverse.
Spesso il genio funesto della nostra chiesa ufficiale ha unito il "cantare i Salmi" e "contare i soldi", illudendosi di mettere insieme il Dio di Gesù con il "dio denaro". Il Vangelo smaschera questa ipocrisia. Se vogliamo passare "dall'azienda ecclesiastica" alla "chiesa di Gesù", bisogna disarmare il palazzo e ritornare sulla strada. Mi sembra che papa Francesco proponga con insistenza questa "rivoluzione evangelica, ma tocca a ciascuno/a di noi portare un "mattone" a questo passaggio verso una chiesa che viva solo del Vangelo.

Cercate prima..
I versetti 25-34 non sembrano immediatamente collegabili, ma in realtà li unisce un filo non così sottile. Infatti come si può vivere in modo costruttivo e liberante la relazione con le cose, con il corpo, con il tempo, con le gioie e le angosce, se già si è prigionieri dell'idolatria di "mammona"?
I versetti 25-34 costituiscono uno dei passi più affascinanti:"
è indiscusso il fatto che il passo commuove secondo una logica poetica molto diversa da quella prosaica del nostro mondo quotidiano "(Douglas Hare). Occorre farne una lettura attenta che non disegni "uno svolazzo angelico quattro chilometri sulle nostre teste" ed essere attenti alle condizioni di chi legge.
Un licenziato, un giovane senza lavoro, uno sfrattato, una persona ai margini che non riesca a cucire il pranzo con la cena, come potrà contemplare i gigli del campo o gli uccelli del cielo? Credo addirittura che questa pagina non costituisca affatto una "infallibile consolazione" per chi si trova in situazione di estremo disagio. Predicare questa pagina un pò troppo disinvoltamente in certe ore buie e disperate di persone abbandonate può suonare irriverente, irritante.

Sarà bene ricordare che per un migrante il regno di Dio coincide con il suo diritto di essere accolto; per un disoccupato regno di Dio vuol dire lavoro e dignità.
In ogni caso questo "cercate prima" non è una parola astratta. Si tratta, dentro il turbinio seducente di mille proposte, di scegliere delle priorità. Non posso dirmi cristiano se nella mia vita tutto sta sullo stesso piano. Debbo mettere al primo posto Dio e i poveri: un binomio indissolubile.
Noi al bivio
Matteo, scrivendo alla sua comunità di persone povere, ma sostanzialmente munite del necessario, rivolge e traduce in modo concreto l'appello di Gesù al gruppo itinerante dei suoi discepoli e delle sue discepole, un pò troppo agitato per le incertezze della loro peregrinazione. Per Matteo è importante che l'invito di Gesù diventi una calda esortazione alla sua comunità che, alle prese con le contraddizioni e le opposizioni quotidiane, rischiava di lasciarsi prendere dall'affanno.
Matteo non invita ad evadere dalla vita reale, ma rilancia un messaggio radicale di fiducia. Sa bene che nella vita dobbiamo occuparci di mille cose, ma l'esortazione si fa concreta in due direzioni:
non cadete nell'affanno e datevi una priorità, cioé cercate in ogni cosa di mettere al centro la volontà di Dio.
Sembra che Matteo scriva per noi oggi, spesso "creature affannate", per cui è facile perdere la lucidità, la consapevolezza di ciò che sta al primo posto. Nella "foresta delle cose" e nella velocità dei ritmi quotidiani non è facile mantenere la rotta e non perdere il sentiero della fiducia in Dio, in se stessi e nelle persone.

Cinque volte viene usato il verbo greco "merimnao" (4 imperativi e un participio): non è un caso l'insistenza su questo "non affannarsi". E' facile lasciarsi prendere dall'ingranaggio dell'affanno mentre è difficile stare al mondo, con tutte le contraddizioni della vita, e imparare dai gigli del campo e dagli uccelli del cielo: non siamo il centro del mondo e non tutto dipende da noi.
O Dio,
O Dio, tanto spesso Ti ricordiamo e talvolta Ti nominiamo invano. Aiutaci a non nascondere dietro al Tuo nome le nostre idolatrie.
Ti preghiamo per la nostra chiesa, spesso prostituita a mammona e dimentica del Vangelo.
Possa il Tuo soffio liberatore rompere le catene che la legano al denaro e ai privilegi e rimetterla in viaggio con gli ultimi e le ultime della carovana. E poi, ci rivolgiamo a Te per il nostro cammino personale e comunitario.
Tienici liberi/e da ogni idolatria e fiduciosi nella Tua presenza che ci accompagna nei giorni e nelle notti.