domenica 26 febbraio 2017

I contrasti sui gay nella Chiesa cattolica
Un documento della Curia prevede misure severissime per escludere gli omosessuali dai Seminari. Il testo sembra contraddire alcune aperture di papa Francesco. Intanto il patriarca di Mosca, Kirill, riaffermando una condanna senza appello delle unioni gay, conta di coinvolgere il papato nel suo "no".

Problemi interni alla Chiesa romana (la necessità di tener conto dell'ala "conservatrice" assai a disagio nel pontificato in corso), e problemi ecumenici (insistere su un tasto che piace alla Chiesa ortodossa russa) stanno sullo sfondo del documento della Curia romana che - malgrado alcune passate affermazioni di papa Francesco accoglienti verso gli omosessuali - ribadisce misure rigidissime per escludere i gay dai seminari.
L'8 dicembre il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, ha firmato "Il Dono della vocazione presbiterale - Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis". Il corposo testo - elaborato, si precisa, dopo un'ampia consultazione con le Conferenze episcopali, e che il papa ha ordinato di pubblicare - aggiorna normative, datate 1970 ed "emendate" nell'85, sulla formazione dei seminaristi; in molti punti ha lo spirito tipico di Francesco (mette in guardia i futuri sacerdoti dal «rischio di sentirsi funzionari del sacro»); e, tuttavia, precisa: «In relazione alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai seminari, o che scoprono nel corso della formazione tale situazione, in coerenza con il proprio magistero [Catechismo della Chiesa cattolica, nn. 2357-58; Istruzione vaticana del 2005, sotto papa Ratzinger], la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne» (n.199).
Amareggiati per tali parole, gruppi gay cattolici organizzati le hanno ritenute in contrasto con la famosa risposta che Bergoglio, in volo da Rio a Roma, il 28 luglio 2013 diede ad una domanda sul giudizio negativo del Catechismo cattolico sugli omosessuali: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?».
In Italia, Fabio Perroni, di "Nuova Proposta" (Donne e uomini omosessuali cristiani) ha rilevato: «Nel papa alcune aperture nella prassi ecclesiale sono evidenti, ma nulla cambia nella dottrina, nei sacramenti, nel catechismo».
Assai critico anche Imwac (Movimento internazionale Noi siamo Chiesa). E così il gesuita statunitense Thomas Reese, già direttore di America, autorevole rivista della Compagnia di Gesù negli States: «L'idea che i gay non possano essere buoni preti è stupida, avvilente, ingiusta e contraria ai fatti».
Come spiegare l'ok del papa al documento curiale? Alcuni osservatori ipotizzano che Francesco lo abbia accettato per arginare le critiche - pubbliche o, più spesso, "carsiche"- che gli fa una parte, minoritaria ma tosta, del collegio cardinalizio, della Curia e dell'episcopato, indisponibili a sue "riforme pastorali" ritenute stridenti con la tradizionale dottrina cattolica.
D'altronde, come si è visto nei due Sinodi sulla famiglia (2014-15), ferreo è il "no" dell'episcopato africano all'omosessualità - e così lo è, salvo eccezioni, quello delle Chiese anglicane africane. Bergoglio, d'altronde, sapeva bene che quel giudizio è totalmente condiviso dalla Chiesa russa. Egli, in tale contesto assai mosso, ha dunque pensato di bypassare i contrasti intra-cattolici ribadendo il "no" della dottrina, però addolcendo la pastorale.
Ma la domanda é: la rivendicata dottrina è, con certezza, fondabile sull'Evangelo? Il testo Vaticano è uscito quando ancora vi era sui media occidentali l'eco di quanto il 21 novembre il patriarca russo, Kirill, aveva dichiarato a Russia Today: le leggi favorevoli alle unioni omosessuali «sono paragonabili a quelle dell'apartheid in Africa o alle leggi naziste». D'altronde, un'avversità totale a normative favorevoli all'omosessualità è una costante dei vertici della Chiesa ortodossa russa che, su quel terreno, conta di saldare un'intesa con il papato per opporsi a certe conseguenze della modernità (come si è visto nella dichiarazione comune del papa e di Kirill a Cuba, il 12 febbraio 2016). Del problema avrà parlato Francesco, il 10 dicembre, ricevendo il metropolita Hilarion, "ministro degli esteri" del patriarcato di Mosca?
David Gabrielli

(Confronti, gennaio 2017)