mercoledì 8 marzo 2017

LA GUERRA DI DON RODRIGO AL PAPA CHE VERRÀ

«Io sfido la Chiesa Cattolica, voi siete pieni di merda. Voi puzzate, siete corrotti e tanto altro». Il 24 gennaio scorso Rodrigo Duterte, presidente dell'unica nazione  cattolica del Sudest asiatico, ha aggiunto questo grano al suo già nutrito rosario anticlericale. Le autorità ecclesiastiche, abitualmente ciarliere in ambito delle realtà nazionali, sono rimaste in granitico silenzio. E questo, nonostante Duterte abbia rincarato la dose, rivelando dettagli  di abusi sessuali subiti da un sacerdote americano quando era studente a Davao, spiegando poi di essere bigamo per imitazione di monsignor Teodoro Bacani (vescovo emerito di Novali che è forte oppositore delle esecuzioni  sommarie ordinate dal presidente) e dulcis in fundo, carte alla mano, dimostrando di essere stato sollecitato dalla  curia di Manila perché donasse agli uffici diocesani un  costoso fuori strada americano. La reazione di Duterte? «Figli di puttana, solo un idiota accetterebbe  una richiesta simile mentre qui intorno è pieno  di gente che muore di fame».
Ma chi è a capo di quella curia i cui funzionari, secondo Duterte, sono tutti nati da mamme di  dubbia moralità? Il cardinale Luis Antonio Tagle, sessantenne porporato che la communis opinio  doctorum, dentro e fuori la Chiesa, indica come l'uomo che Francesco sta facendo studiare da Papa. L'arcivescovo di Manila è noto per essere estimatore, ed animatore, delle "comunità cristiane di base". E, come  Bergoglio da arcivescovo di Buenos Aires, affida a queste la nascita di un nuovo modello di condivisione della fede e di una nuova evangelizzazione. Un outsider arrivato al potere dopo essersi presentato alle urne definendo la Chiesa cattolica come «l'istituzione più ipocrita del mondo», che  senza indugio, appena eletto, ha lanciato un "vaffa" anche a papa Francesco (oltre che a Obama, Ban Ki-moon e altre  autorità di mezzo mondo), diventa così involontario personaggio di uno scenario più ampio del suo pur smodato ego. Rischia di bloccare il meccanismo di riforma che i cardinali dell'ultimo conclave hanno affidato ad una serie progressiva di pontefici scelti su base continentale.
In fondo, Bergoglio e Tagle sarebbero figli di una stessa  storia. La Chiesa è presente nelle Filippine sin dal primo approdo di Magellano e dalla successiva spedizione di Miguel  Lopez de Legazpi sull'isola di Cebu. La diocesi di Manila fa  eretta il 6 febbraio 1579 e fino al 1821 dipese dal "primate della nuova Spagna" con sede a Città del Messico, dopodiché la Chiesa ebbe campo libero nella scelta delle gerarchie locali.  Così come poi avvenne in Messico, Centro e Sudamerica, tutto  l'epos delle indipendenze ha visto ecclesiastici inseriti nei pantheon dei "padri della patria", guardinghi verso gli Usa e le relative politiche filoprotestanti. Da quando l'ipotesi Tagle  come "Papa del futuro" circola, l'arcivescovo di Manila è circondato dalle attenzioni (gradite, a quanto si dice) di gran parte degli ambienti cattolici, sia quelli esplicitamente "militanti" sia quelli silenziosamente "manovranti", comprese varie scuole di "cattolici adulti".
Come ha scritto Sandro Magister, «tolto un 4-5 per cento di  musulmani, le Filippine erano fino a pochi decenni fa un Paese quasi totalmente cattolico. Oggi non più. I pentecostali e altri gruppi evangelicali hanno conquistato a sé l'8 per cento  della popolazione. Ma la Chiesa cattolica ha resistito molto più che altrove alla sfida posta dalle nuove comunità. Come? Lasciando crescere dentro di sé movimenti che sono pentecostali nella forma ma fermamente cattolici nella sostanza. Uno di questi movimenti, con milioni di seguaci, si chiama El Shaddai, da un nome di Dio nell'Antico Testamento. L'emigrazione  filippina nel mondo lo sta espandendo in decine di altri Paesi. Già oggi le Filippine contano più cattolici di qualsiasi Paese  europeo, e per numero di battesimi all'anno battano Italia, Spagna, Francia e Polonia messe assieme. A metà del secolo è probabile che saranno il primo Paese al mondo per popolazione cattolica, con 130  milioni di fedeli». Sulla criniera di un così nobile destriero, quanto durerà un tafano chiamato Rodrigo Duterte.
Filippo Di Giacomo

(
Il Venerdì, 24 febbraio)