lunedì 3 aprile 2017

Colloqui a due e niente autocandidature
Il metodo Bergoglio per scegliere i vescovi

CITTÀ DEL VATICANO. Roma, Milano e la presidenza della Cei. Sulle tre prossime importanti nomine per la Chiesa italiana sono usciti tanti nomi, ipotesi e suggestioni, ma la verità è che tutti brancolano nel buio. Merito di papa Bergoglio e del suo metodo tutto ignaziano, fino a oggi infallibile: ascoltare più voci, in incontri sempre uno a uno – «in tre o quattro diventa chiacchiericcio», ha detto recentemente ai preti di Roma –, lasciar passare il tempo necessario e poi decidere da solo, a volte senza avvisare il diretto interessato. «Le mie scelte – disse nella sua prima intervista a Civiltà Cattolica – sono legate a un discernimento che risponde a un'esigenza che nasce dalle cose, dalla gente, dalla lettura dei segni dei tempi». In questo modo blocca il nascere di correnti e cordate, l'avanzare di pressioni e self promoters.
Così è capitato nei recenti concistori. I cardinali hanno saputo di essere stati scelti in diretta, mentre Bergoglio annunciava i loro nomi durante l'Angelus in piazza san Pietro. C'era chi stava dicendo messa, chi era in procinto di pranzare, chi, chiamato al telefono da un parente o dal segretario, stentava a crederci.
Le consultazioni che la Congregazione dei vescovi apre di volta in volta nelle diocesi non sono abolite. Tuttavia, il fatto che fino all'ultimo non si sappia quale sia la decisione papale, lascia tutti sul chi va là. Bergoglio ha tanti informatori sul campo. Li invita a Santa Marta, pranza o prende un tè con loro. Li ascolta, chiede pareri. Spesso capita che chi esce di lì sia convinto che Francesco la pensi come lui, di averlo in qualche modo persuaso che la sua opinione è quella giusta. Salvo poi ricredersi quando, tempo dopo, la decisione finale viene annunciata. Come avviene nel conclave per eleggere il capo dei gesuiti, Bergoglio accetta e favorisce il confronto personale. Ma fino all'ultimo regna l'incertezza. Tanto che a nessuno viene in mente di "lavorare" per favorire un proprio candidato o, al contrario – in passato capitava – per bloccare l'ascesa di un altro.
La prima nomina ad arrivare dovrebbe essere Roma. Per la sua diocesi, Francesco ha dato il via a una sorta di primarie. Entro il 12 aprile tutti, laici compresi, potranno scrivere al Vicariato e indicare un profilo di vescovo vicario ideale, perfino facendo, se necessario, un nome. Qui, come a Milano e come in generale avviene in tutte le diocesi, il profilo adatto per Bergoglio sarebbe quello di un presule umile, di forte caratura spirituale, vicino ai poveri e agli ultimi. In queste settimane sui media i nomi si sono sprecati. Dagli ausiliari Gianrico Ruzza e Angelo De Donatis fino ai curiali Rino Fisichella e Angelo Maria Becciu. Ma nulla è ancora deciso. E non è escluso che all'ultimo non sia un semplice parroco ad assumere il delicato incarico. Le primarie sono reali e servono a Francesco per chiarirsi le idee.
A fine maggio, invece, sarà la volta del nuovo presidente della Cei. Nessuno ne parla in questi termini, ma la nomina di Roma potrebbe avere ripercussioni anche sul successore del cardinale Bagnasco. Prima di lui, infatti, presidenti furono Ugo Poletti e Camillo Ruini, entrambi vicari di Roma. Non è escluso che avvenga lo stesso oggi: per il vicario, infatti, è più semplice guidare la Cei; vicino al Vaticano può essere più facilmente consultato dal Papa. In ogni caso, tutti i vescovi residenziali sono candidati: «Io no», ha detto ieri Nunzio Galantino, ricordando che ai sensi del diritto canonico chi come lui non guida una diocesi non può fare il presidente. E sul nome di Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia dato da alcuni «in pole position» per essere stato appena ricevuto dal Papa, ha detto: «Mah, il Papa riceve tanta gente...». A maggio i cardinali eleggeranno una terna. Sui nomi da votare qualche vescovo ha provato a sondare il terreno nella stessa segreteria Cei per capire se qualche nome fosse gradito, ma da via Aurelia ha ricevuto soltanto un secco «no comment». I vescovi, una volta a Roma, inizieranno a votare subito. Chi prenderà più voti diverrà per forza di cose un candidato vero. Se dopo tre votazioni nessuno avrà raggiunto la maggioranza assoluta, sarà sufficiente quella relativa. La terna finale sarà consegnata al Papa che, quando vorrà, annuncerà la sua decisione che dovrebbe assecondare (ma la cosa non è automatica) i nomi dell'assemblea. Le conferenze episcopali – ha in ogni caso spiegato Galantino –, già in queste settimane potrebbero confrontarsi per valutare eventuali candidati. Oggi, per quanto queste anticipazioni siano labili, tra i tanti nomi circolano quelli dell'arcivescovo di Modena, Erio Castellucci, dell'arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori e di Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento.
La visita di domani del Papa a Milano potrebbe essere decisiva per fissare la data della nomina del successore di Scola. Nel senso che Francesco potrebbe chiedere a lui quale sia il momento migliore per lasciare. Anche qui regna l'incertezza: oltre alle figure dei vescovi vicari, già interni alla diocesi, potrebbe prendere piede l'ipotesi di un outsider, come fu il cardinale Ildefonso Schuster che arrivò a Milano da Roma dove era abate a San Paolo Fuori le Mura.
Paolo Rodari

(la Repubblica 24 aprile)