Cari amici,
un altro testo da salvare (dopo quello sulla politica intesa come “fare giustizia insieme”) è l’omelia del 24 giugno 2017
di papa Francesco a Santa Marta. È un punto nodale dell’esegesi
evangelica del papa: quello che annunciamo non è il Dio del teismo, ma
il Dio della elezione.
Il Dio del teismo è quello rappresentato da Michelangelo nella Cappella
Sistina, stupendo nella espressione pittorica, ma micidiale nei suoi
effetti pastorali: un Dio giudice e vendicatore, che la fa pagare a
tutti, e contro il cui giudizio non c’è appello (nella fantasia di un
cattolico dell’800, Ernest Hello, c’è solo un dannato che osa fare
appello dicendo “J’en appelle”, e il Supremo Giudice gli chiede: “A chi ti appelli contro il mio giudizio?”, avendone questa risposta: “J’en appelle de ta justice à ta gloire”, “Io mi appello dalla tua giustizia alla tua gloria”; la sua gloria infatti è la misericordia).
Il Dio del teismo è quello che si era immaginato Abramo sul monte Moira,
che gli chiedeva di ammazzargli il figlio in olocausto: una delle
pagine più dure della Bibbia, che si può leggere come “parola di Dio”
solo privandola del tutto del suo significato letterale, e vedendovi la
grande rivelazione di un Dio che ricusa la visione pattizia del
rapporto con l’eletto (io ti scelgo ma tu mi dai tutto, compreso tuo
figlio) e si presenta invece come il Dio di un’elezione incondizionata
che ama tutti per primo e non chiede nulla in cambio.
È questo il Dio ultimamente svelato da Gesù di Nazaret e ora annunciato
da papa Francesco, non il Dio che seleziona, patteggia, fonda i sacri
imperi, giustifica, libera (secondo le varie teologie che si sono
succedute) ma il Dio della elezione, che ha scelto tutti e per sempre. È
questo il Dio, ha detto papa Francesco nella sua omelia, da cui “siamo
tutti prescelti”, e non perché siamo grandi e potenti, ma proprio perché
siamo piccoli e deboli, mentre i grandi, chiamati anch’essi, sono pieni
di sé e non lo stanno a sentire.
E’ questa teologia dell’elezione, della universale scelta divina, che
risponde cinquecento anni dopo all’assillo di Lutero sulla
giustificazione: se Dio ha scelto tutti gli esseri umani a partire da
Adamo, prima di Abramo, prima che ciascuno nascesse, è chiaro che non è
questione di merito. Ed è questa teologia che fonda oggi il rapporto
della Chiesa col mondo; un mondo che è invece il mondo della selezione,
dell’esclusione, dello scarto, delle identità introverse e chiuse al
riconoscimento e allo scambio con gli altri. È questa una grande
occasione storica, mai vista prima (perché per secoli Dio non è strato
capito e annunciato così), un’occasione che deve essere colta, perché
tutto possa cambiare.
Il sito pubblica oggi anche uno scambio di lettere tra i promotori
di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” sull’impostazione dell’assemblea
del 2 dicembre a Roma sul tema “Ma viene un tempo ed è questo”, in
modo che tutti possano seguire l’iter della preparazione dell’evento.
In “dicono i discepoli” sono pubblicati poi i suggerimenti di Noi siamo
Chiesa in risposta alla questione posta dalla Pro Civitate di Assisi su come radicare la svolta promossa da papa Francesco.
Con i più cordiali saluti
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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