venerdì 18 agosto 2017

La moschea progressista colpita da tre fatwe ha perso subito i fedeli

La grancassa che annunciava l'Islam europeo che verrà è rimbombata nel nostro Continente il 16 giugno scorso. Quel giorno, a Berlino, nel quartiere di Moabit, per la prima volta apriva le porte la moschea Ibn Rushd-Goethe, intitolata al filosofo medievale Averroè (per gli arabi Ibn Rushd) e allo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe. In una capitale tedesca che conta 220 chiese luterane e 103 parrocchie cattoliche, la nuova moschea porta a 80 il numero delle strutture islamiche dedicate alla preghiera e alla riflessione dottrinale, alla produzione di norme comportamentali e giuridiche. Attività queste che nel nuovo luogo di culto saranno condotte con il fine dichiarato di voler tendere a una prassi islamica liberale, in linea con le esigenze culturali e sociali dell'Occidente moderno. Una delle curiosità è il luogo dove la moschea è situata: al terzo piano della Johanniskirche, una chiesa protestante della città. Inoltre uomini e donne potranno pregare insieme, alle donne e proibito il burqa o il niqab, può essere frequentata indistintamente da aderenti alle diverse interpretazioni dell'Islam (sunniti, sciiti, alevi, sufi e altri) e la preghiera può essere guidata sia da un imam maschio sia da una collega donna. Come annota Lupo Glori sul sito Corrispondenza Romana, dopo la prima e (mediaticamente) molto frequentata preghiera del venerdì, la nuova moschea è visitata solo dalle sei-sette persone che l'hanno fondata. In pochi giorni infatti, sulla molto progressista iniziativa sono cadute ben tre pesanti fatwe di condanna da parte di istituzioni islamiche di peso. La prima, è stata scagliata contro Berlino dal Dar al-lfta al-Masriyyah (La Casa della Fatwa), antico organismo sunnita, presieduto dal Gran Mufti d'Egitto: le sue pronunce equivalgono a condanne senza appello, comportando anche il rischio di armare la mano a qualche fanatico. Il Gran Mufti d'Egitto ha lanciato una vera e propria diffida a frequentare la moschea di Ibn Rushd-Goethe, definendo le sue prassi religiose del tutto incompatibili con l'Islam. La condanna è stata confermata, dopo qualche giorno, da una fatwa del dipartimento legale dell'Università di al-Azhar. E trattandosi di una iniziativa animata da fuoriusciti turchi, tra i quali Seyran Ates, avvocatessa pro diritti umani, poteva mancare la voce del sultano Erdogan? Puntualmente, è arrivata anche la fatwa del Diyanet, organo giurisprudenziale dell'Islam turco, per stigmatizzare che le iniziative berlinesi non sono che «esperimenti che mirano a nient'altro che a depravare e rovinare la religione». Con buona pace dell'ecumenismo e della tolleranza.
Filippo Di Giacomo

(Il Venerdì, 4 agosto)