venerdì 6 ottobre 2017

NELL'ORIZZONTE DEL MOLTEPLICE: Pluralismo religioso

Il dialogo e il confronto con donne e uomini credenti di altre tradizioni religiose ci interessa sempre di più. Non è più un'idea astratta perché, ormai in ogni città, ci troviamo a fare i conti con esperienze diverse dalla nostra. Questo dato di fatto ci permette di verificare dentro la realtà la riflessione che stiamo compiendo e, quindi, di arricchirla con ulteriori dati e punti di vista.
Paola: "Mi sembra di vivere con serenità questo fatto. Non solo non lo vivo come una sofferenza o una 'aggressione' al mio modo di credere ma con la gioia di chi, amando la propria strada, scopre che ce ne sono anche altre. Non penso più, proprio per nulla, che le altre persone debbano confluire nella mia esperienza, come loro punto di arrivo".
Lucia: "Questo modo di pormi, che anch'io condivido, è entrato anche nella mia preghiera. Esso non fa solo più parte della mia riflessione teologica. Mi suscita una profonda emozione di gratitudine a Dio che ha solcato la terra di tanti sentieri. Lo ringrazio di questa Sua magnanimità, di questa Sua fantasia d'amore".
Anna: "Se penso ai nostri cuori piccoli, che spesso trattengono come possessi esclusivi le esperienze che facciamo, non posso che meravigliarmi e rallegrarmi per questo 'pensare in grande' che caratterizza l'azione di Dio. Egli mi fornisce una spinta ad 'allargare' un tantino il mio orizzonte".
Franco: "Dopo il fascino di questo orizzonte universalistico (un fascino che è bene godersi!), occorrerà presto anche fare i conti con le fatiche e le difficoltà che un simile confronto comporta. In parole povere, bisognerà attrezzarsi, darsi gli strumenti adeguati per un dialogo non ingenuo, non superficiale. Mi sembra che si tratti di una prospettiva di lunga durata e di serio impegno".
Grazia: "Mi sembra molto difficile entrare in dialogo profondo con le altre esperienze religiose. Noi siamo abituate/i a porre attenzione alle diversità folcloristiche o di facciata e anche lo studio e la scuola, per lo più, sono soltanto ai primi passi su questi terreni. Non parliamo poi delle chiese: sovente hanno fatto brutalmente una propaganda che ha demonizzato le altre esperienze o le ha presentate in termini di inferiorità".
Paolo: "Per questo motivo è necessario attingere direttamente alle fonti e ascoltare i protagonisti. Bisogna dar loro la parola perché 'narrino' le loro esperienze. Il confronto fra le varie 'teologie` o dottrine è importante, ma non raggiunge la profondità nel dialogo, se manca l'aspetto della esperienza delle persone reali e concrete".
Lucia: "Noi siamo ancora troppo poco consapevoli della necessità di questo ascolto profondo. Alludo anche alla necessità di ascoltare noi stesse/i per verificare fino in fondo, per quanto è possibile, se abbiamo proprio estirpato la cultura e il codice della superiorità nei riguardi delle altre religioni. Lo abbiamo bevuto con il latte materno e non è così semplice superare questo pregiudizio che può riemergere anche in forme più attenuate e mascherate".
Franco: "Se da un lato mi preoccupa molto la teologia e la predicazione ufficiale cattolica (compreso il nuovo catechismo) che continua a ritenere il cristianesimo come l'unica via che esprime e realizza la pienezza della fede, dall'altra ritengo pericolosissimo un certo irenismo ecumenico che cade nel semplicismo. Le semplificazioni sono scorciatoie che non portano da nessuna parte perché non fanno adeguatamente i conti con la realtà".
Luigi "Che cosa vuoi dire?".
Franco: "Voglio dire che il confronto con le altre esperienze religiose è una operazione complessa in cui è facile partire male. Per esempio: a me sembra una pessima 'partenza' quella di chi sostiene che 'tutte le religioni sono uguali', che 'una religione vale l'altra'. E' un'impostazione che cerca di rispettare la pari dignità delle varie esperienze religiose, ma non tiene sufficientemente conto della 'originalità' di ciascuna. Ora, mi sembra molto importante che si realizzi un confronto che non sottovaluti le 'particolari caratteristiche' delle singole religioni".
Ester: "Effettivamente, in parecchie circostanze, la voglia di dialogare e il desiderio sincero di trovare un orizzonte comune ci può indurre a mettere tra parentesi la nostra identità. Ma, probabilmente, si tratta proprio di una pista falsa perché occorre trovare il modo di essere fedeli alla propria identità senza negare quella degli altri, ma è anche necessario essere fedeli alla identità degli altri senza negare o sminuire la propria".
Franco: "Per questo motivo io ritengo importante che, per esempio, mentre scopriamo l'ebraicità di Gesù, il suo inserimento nella cultura del suo tempo, non dimentichiamo di ricercare e di evidenziare i tratti della sua originalità. Non si tratta di cercare dei compromessi ecumenici, delle strategie per intenderci a buon mercato, ma di crescere contemporaneamente nelle capacità di confrontarci, sulla base della reciproca accettazione, senza tuffarci aggressivamente nella prospettiva della 'corsa a premi'. Non voglio nemmeno delineare un percorso in cui siano assenti confronti e dibattiti anche accesi. Il qualunquismo e l'indifferentismo teologico non servono. Serve molto di più imparare a dialogare, a 'battagliare', a confrontarsi anche in modo serrato e vivace. L'amore appassionato per la propria strada può coniugarsi benissimo con la stima per la strada altrui".
Fiorentina: "Questa posizione, se non è ben compresa, può essere accusata di relativismo. Qualcuno può credere che ognuno ha la sua verità, la sua religione...e tutto si equivale. Oppure qualche altro può pensare ad una mescolanza in cui far convergere, nella propria vita, ingredienti e spezzoni di varie religioni...".
Franco: "Si tratterebbe, a mio avviso, nell'uno e nell'altro caso, di un errore tragico, di un vero pasticcio. Cerco di chiarire. Il fatto che per un cristiano la strada di Gesù sia una religione vera, non esclude che, per un islamico, l'Islam abbia lo stesso ruolo e la medesima dignità. Questo non è un relativismo, ma coscienza del fatto che ciascuna/o di noi è raggiunto/a nella sua particolarità, nella sua storicità. Io incontro Dio solo dentro la mia 'storia particolare'. Sono una persona umana situata dentro un'esperienza e non posso illudermi di viverle tutte. 'Vedo' Dio non come è, ma per quel poco che si 'vede' dalla mia piccola finestra, se faccio una insalata religiosa, finisco per uscire dalla mia reale possibilità di compiere seriamente un cammino, non mille (o due o tre) cammini".
Gianna: "Posso, però, imparare dalle esperienze altrui perché nessuna via religiosa esprime e rivela tutto di Dio. Dio è sempre più grande e più bello, più 'salvifico' e più buono di quanto le singole religioni sappiano e possano esprimere. Non si tratta di saltare nella corsia altrui, ma di imparare qualcosa dagli altri mentre mi impegno a percorrere la mia strada...Del resto, un buon autista ha sempre l'occhio attento a ciò che avviene nelle altre corsie e non scambia la strada per un circuito".
Franco: "Direi ancora qualcosa di più. In questo orizzonte del molteplice, quando impariamo a 'correre' in compagnia e non in concorrenza, la fede cristiana può risuonare ai nostri cuori (e per tante altre persone) piena di accenti nuovi. Dio ci dona, in questa prospettiva, la possibilità di riscoprire nuovi tesori dentro il nostro cammino di fede di donne e di uomini che seguono Gesù di Nazareth. Mai come oggi ho sentito vivo e vitale l'evangelo di Gesù.
Voglio terminare questa riflessione corale con un pensiero del teologo Paul Knitter: 'Valutando la nuova esperienza delle molte religioni e cercando di rivalutare se stesso alla luce di un dialogo genuino con esse, il cristianesimo ha l'opportunità di crescere...e di comprendere il Vangelo in modo nuovo, in una maniera che permette alla potenza del vangelo di continuare a brillare in forme fresche e più comprensibili. Fallire tale opportunità significherebbe porre la luce del Vangelo sotto il moggio e rendere più difficile la fede nella buona novella'. Un 'treno' da non perdere. Ne abbiamo già persi troppi".
Piero: "Mi sembra che ci sia ancora una lunga strada da percorrere".
Franco: "Sono d'accordo. Noi siamo ancora preda delle manie annessive. Pensiamo ancora che anche Dio sia cristiano, che Gesù sia stato cristiano...! Dio non è catturabile: è 'nostro' perché ama noi, ma è il Dio che ama tutte le creature. 'Oggi gli studiosi del Nuovo Testamento, tanto ebrei quanto cristiani, concordano pienamente sul fatto che Gesù era ebreo e che ha pensato, è vissuto e ha creduto da ebreo...' (R. Rendtorff). Qui si aprirebbe tutto il vasto capitolo del dialogo tra ebrei e cristiani oggi".
Franco Barbero, 1999