Newsletter n. 54 del 12 dicembre 2017
Cari Amici,
l’assemblea romana del 2 dicembre continua a far parlar di sé, e qui
vogliamo ringraziare tutti quelli che sono venuti, anche da lontano,
avendo creduto al significato di questa assemblea, della Chiesa di tutti
e dei poveri, e del katécon. Dell’incontro romano pubblichiamo ora un commento di padre Alberto Simoni, la relazione storica
di Daniele Menozzi, e la relazione di Rosanna Virgili che, partendo
dal katécon biblico, ha offerto una nuova chiave di lettura del
pontificato di Francesco come annuncio di salvezza all’umanità sulla parola di un Vangelo non apocalittico ma sposato al presente.
La decisione di Trump di dare a Gerusalemme l’investitura di capitale di
Israele liquidando la soluzione dei due Stati in Palestina non a caso
segue di pochi mesi la legge di “sanatoria” con cui la Knesset aveva
“regolarizzato” gli insediamenti dei coloni in Cisgiordania espropriando
i terreni privati palestinesi su cui le case erano state costruite.
Dunque tutto era già consumato; Trump non ha fatto una cosa che era già
avvenuta, però ha messo fine a una speranza che aveva permesso ai
palestinesi di sopravvivere nella sciagura e a Israele di adagiarsi in
relativa sicurezza sul risultato già raggiunto. Perciò è stata una
decisione assai grave. Essa non solo riconosce Gerusalemme come capitale
dello Stato di Israele, cosa che in se stessa sarebbe del tutto
legittima se riguardasse la parte israeliana della città dove già hanno
sede il governo e la Knesset, ma suggella l’occupazione militare della
parte di Gerusalemme conquistata nel 1967 che, secondo il diritto
internazionale, è un territorio occupato di cui non è lecito mutare lo
status; al contrario la decisione di Trump legittima l’annessione, che
di fatto è annessione ad Israele di tutta la Palestina, cioè anche della
Palestina palestinese ed araba la cui esatta definizione è “Territori
occupati” e che avrebbe dovuto essere, secondo gli impegni
internazionali sempre ripetuti in questi sessant’anni, il territorio
dello Stato palestinese.
Trump ha detto di mantenere l’opzione a favore dei due Stati in
Palestina, ebraico l’uno, arabo-palestinese l’altro, ma di fatto ha
sotterrato questa ipotesi e lasciato quindi tragicamente insoluta la
questione del popolo palestinese, per il quale non è pensata ormai da
nessuno altra sorte che quella di una minoranza non riconosciuta e
discriminata all’interno dell’unico Stato di Israele, che la Knesset sta
definendo per legge come uno “Stato per gli ebrei”, nel quale ai soli
ebrei è riconosciuto il diritto all’autodeterminazione.
In tale quadro ci sembra utile pubblicare un’intervista
uscita nel marzo scorso in Italia, in cui l’intellettuale pacifista
israeliano Jeff Halper, dando per caduta l’ipotesi dei due Stati,
proponeva un unico Stato, ma democratico e binazionale, con pari dritti
per ambedue i popoli. È una proposta disperata, che però ancora tenta di
dare uno sbocco a un conflitto che assume oggi dimensioni catastrofiche
e appare non solo ancora insoluto dopo sette decenni, ma di fatto,
senza un vero ripensamento di tutti i termini del problema – politici,
culturali e religiosi – insolubile. Un conflitto che tuttavia la
comunità internazionale non può lasciare insoluto e insolubile.
Vogliamo poi segnalare un passaggio di un articolo su “Micromega” di
Tomaso Montanari, che insieme ad Anna Falcone aveva lanciato
l’iniziativa del Brancaccio per un nuovo soggetto politico. In tale
articolo Montanari critica “Liberi e Uguali”, la nuova formazione
politica intestata a Pietro Grasso, pur dicendo che non ci sia altra
scelta che votare per questa, e rivela un momento della discussione per
la stesura del relativo manifesto programmatico, per denunciare la
distanza esistente tra le istanze inderogabili avanzate da papa
Francesco e l’attuale sordità e debolezza della politica. Scrive
Montanari:
“Un aneddoto, che serve a spiegare cosa intendo. Nella prima versione di
un lungo testo che Guglielmo Epifani (incaricato da Mdp della
trattativa per quel manifesto) ci propose, si leggeva questa
imbarazzante frase:
Vanno eliminate le forme contrattuali più precarie, e i contratti a
termine privi di causale, il lavoro precario deve essere più costoso per
l'impresa rispetto a quello stabile, e vanno introdotti elementi di
costo aggiuntivi per le imprese che non rinnovino o stabilizzino. i
contratti a termine.
“Quello stesso giorno, per puro caso, Papa Francesco aveva detto:
Anche il lavoro precario è una ferita aperta per molti lavoratori
(...). Precarietà totale: questo è immorale! Questo uccide! Uccide la
dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Lavoro
in nero e lavoro precario uccidono.
“E niente: è tutto qua. La distanza abissale tra il linguaggio del Papa e
quello dell'ex segretario della Cgil è la distanza che una nuova
Sinistra avrebbe dovuto esser capace di coprire. Non ci riuscimmo
allora: chiudemmo su quelle poche pagine, rimandando al dopo un lavoro
serio sul programma”.
Del papa in “Dice Francesco” pubblichiamo due brevi testi:
la notizia, all’Angelus, del premio Nobel per la pace alla Campagna per
il bando delle armi nucleari (in nome dei diritti umani) e la preghiera
mirata a piazza di Spagna per l’Immacolata.
Vi diamo anche questo link:
http://teleticino.ch/programmi/i-conti-in-tasca/i-conti-in-tasca-06-12-17-chi-vuole-fermare-papa-francesco-MH119394, per
un dibattito su papa Francesco alla Televisione svizzera. È
interessante per le belle letture del pontificato di Francesco, e anche
perché mostra la povertà dei vecchi argomenti identitari dell’oppositore
del papa, noto perché gestisce a Roma uno dei siti antipapisti.
La videoregistrazione dell’assemblea di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” si trova invece cliccando qui.
Il “katécon” è aggiornato con le firme raccolte nell’assemblea.
Con i più cordiali saluti
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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