sabato 9 dicembre 2017

Ecco com'è il mondo visto con gli occhi dell'Alzheimer

 "Ogni tanto, si guarda intorno poi si incanta. Fissa il vuoto". Così Michela Mariani parla di sua madre, colpita dal morbo di Alzheimer ma in grado di stupirsi e meravigliarsi di fronte a realtà apparentemente minimali, oggetti e immagini della vita quotidiana che, generalmente, ci lasciano indifferenti. Un malato di Alzheimer può, infatti, non riconoscere i volti delle persone care o dimenticare fatti salienti delle sue esperienze passate, ma può anche "scorgere dell'oro", come nel caso di Grazia, e lasciarsene sedurre.
Una persona affetta da demenza senile si stupisce, confrontandosi con le persone di famiglia, nell'apprendere, come se fosse la prima volta, eventi relativi al suo passato. Il paziente amnesico, infatti, deve inserirli nella trama della propria memoria autobiografica per ricostruire le vicende della sua vita: ma questo compito comporta crescenti difficoltà perché l'ordito della memoria autobiografica è sempre più deteriorato e il singolo ricordo non ha più molto senso. Prima però che si verifichi questa crisi della memoria, che allarma le persone care perché non ci si trova più sulla stessa lunghezza d'onda, possono comparire disturbi visivi, anche se la vista di questi malati è ancora efficiente.



Molti malati di demenza soffrono infatti di "agnosia": i loro occhi vedono bene, ma il loro cervello non interpreta correttamente l'informazione ricevuta. Questa difficoltà è legata al fatto che il malato non riesce a collegare - e dare un senso - ciò che vede a ciò che ricorda in quanto i due tipi di informazioni non coincidono più. La visione, infatti, non è mai neutra ma implica un'interpretazione della realtà, il continuo confronto con ciò che conosciamo. La conseguenza di questa difficoltà interpretativa dovuta al deterioramento cognitivo è che a volte il malato agnostico non riconosce le persone o valuta gli oggetti in modo improprio, il che può rendergli la vita difficile e aumentare il suo senso di isolamento in quanto i familiari vengono percepiti come estranei.
Tutto ciò è motivo di inquietudine per le persone care, anche se è spesso possibile aiutare il malato a capire chi sono le persone, che cosa sono gli oggetti e come si usano. È vero che elementi della propria autobiografia appresi dagli altri sono vissuti con un senso di distacco e di estraniazione: eppure essi contribuiscono al processo di parziale ricostruzione della propria continuità autobiografica, al significato della propria esistenza. La persona che ha perduto parte dei propri ricordi incorpora le nuove informazioni e le utilizza per "raccontarsi storie", sia pure frammentarie e distorte, sulla propria identità.
Essere afflitti dal morbo di Alzheimer può anche comportare l'invenzione e l'utilizzo di forme di comunicazione alternative per sostenere il proprio senso del sé e l'identità. "Qui è tutto oro", ci dice la Grazia di questo racconto fotografico: priva dei suoi agganci alle trame cognitive di un tempo, la realtà, anche nei suoi aspetti minimali, affascina e seduce, là dove chi è sano non è indotto a soffermarsi. La visione e il rapporto con la realtà del malato è infatti "allo stato nascente", la sua percezione può essere simile a quella di un bambino piccolo affascinato da un mondo nuovo.

Il progetto
La fotografa Michela Mariani ha regalato una macchina fotografica alla mamma malata di Alzheimer. Per farle raccontare con le immagini quello che non riesce a dire con le parole. Nel progetto "Qui è tutto oro"


​Alberto Oliverio

(la Repubblica 27 novembre)