mercoledì 24 gennaio 2018

La terra promessa degli eritrei? Non è in Israele

Centoquindici anni fa il movimento sionista, cui aderivano gli ebrei d'Europa desiderosi di creare uno Stato di Israele, valutò a lungo la proposta del governo britannico che andassero a stabilirsi in Uganda. In realtà, precisano gli storici, l'area che era stata offerta si trovava in Kenya, ma per qualche motivo la cosa passò sotto il nome di "proposta ugandese". I sionisti riuniti a congresso ne discussero accanitamente e in un primo tempo approvarono. Il loro stesso fondatore e capo, Theodor Herzl, era favorevole. Ma poi l'opinione dominante cambiò e i sionisti decisero che lo Stato di Israele sarebbe potuto sorgere soltanto in Palestina. Sappiamo com'è andata a finire. Per questo suona come un'amara ironia della storia la decisione del governo di Gerusalemme di deportare alcune decine di migliaia di migranti da Israele in Uganda e Ruanda. Se ne sentiva parlare da tempo, ma solo di recente il progetto è stato reso pubblico.
I contenuti degli accordi stipulati con i due governi africani non sono stati però rivelati. Cinquemila dollari a migrante, si legge, anche se da fonti non confermate. A ciascuno, ad eccezione dei richiedenti asilo, verrà presentata l'alternativa di andarsene oppure essere detenuto a tempo indeterminato. Una scelta (che scelta!): per questo, tecnicamente, si tratta di "deportazione volontaria". I rifugiati in questione, circa 40 mila, provengono quasi tutti da Eritrea, Etiopia e Sudan. Sono arrivati attraverso l'Egitto, la cui frontiera con Israele è oggi divenuta invalicabile. Non hanno alcuna intenzione di fondare uno Stato, ma anch'essi come un tempo il popolo di Israele sono in cerca di una terra promessa.
Pietro Veronese

(Il Venerdì 12 gennaio)