Come
posso vivere sapendo che devo morire?
Oggi
sono stato invitato ad una tavola rotonda sulla questione del “fine
vita”. Ultimamente si è parlato tanto di questo tema. Credo sia
una bella opportunità per tornare a pensare alla nostra inevitabile
compagna di viaggio: la morte. La nostra epoca ha cancellato la
morte: è tabù. Un tempo non si poteva parlare di sesso, oggi non si
può parlare di morte. E’ un tema scabroso, sconveniente; un
aspetto da tenere nascosto. Bisogna possibilmente far finta che non
esista. Così, a forza di far finta, stiamo vivendo come se non
dovessimo morire mai. Progettiamo la vita senza mettere in conto la
morte. E quando lei fa capolino ci troviamo “sorpresi”, quasi
fosse “cosa strana”. Diciamo: “Che sfortunato, quel tale è
morto!”. Ma non è sfortunato; è morto perché è un uomo. E’
mortale. La morte non è un imprevisto. Purtroppo è prevista dal
giorno della nascita. Pertanto solo se ti misuri con lei sei un uomo
autentico (come diceva M. Heidegger). Con lei sei nudo, sei umano,
sei solo te stesso. Con lei senti la forza delle domande vere: che
senso ha la tua vita? Per cosa vivi? Su cosa ti appoggi? In una
parola: “Come puoi vivere sapendo che devi morire?” Alla luce di
queste domande impari che ogni attimo non è mai scontato. Ogni
attimo è prezioso, ogni attimo è un regalo. Sono vivo, respiro,
guardo il sole, mangio…potrei essere morto, potrei non essere più.
Ogni attimo è un incredibile regalo. Ed ho bisogno di capire perché
sto scegliendo di vivere questo istante, perché vale la pena alzarsi
al mattino, andare al lavoro, sopportare il compagno di classe. Per
chi? E, soprattutto, ogni giorno ho bisogno di trovare strumenti che
mi aiutino ad amare la vita, pur sapendo che devo morire. Strumenti
che mi aiutino ad assaporare ogni istante, anche quelli faticosi.
Strumenti che mi aiutino a dire: “Questo è proprio il posto dove
voglio essere”. La morte è una terribile ed appassionante domanda
sulla vita. Per cosa vivi, per chi vivi? Per cosa ti stai giocando
l’esistenza? E non possiamo rispondere a caso. Ne va, addirittura,
della vita. Neppure possiamo rispondere da soli. Abbiamo bisogno di
cercare con altri le risposte. Anzi, abbiamo bisogno degli altri per
reggere a queste domande. E continuare a vivere, anzi ad amare la
vita. La morte esige relazioni, desiderio, curiosità. La morte ci
insegna ancora a “fare comunità”. Non solo per evitare di morire
da soli, ma per evitare di vivere da soli.
Derio
Olivero, vescovo (l’eco
del chisone, 25 aprile)