giovedì 3 maggio 2018

PER NON MORIRE PRIMA DI MORIRE

In questi mesi, è capitato a me, come a tanti in Italia, d'avere una madre anziana a cui servivano continue cure.
L'esperienza con le badanti s'è rivelata disastrosa e con i miei fratelli abbiamo creduto di farla entrare in una struttura dove le fossero prestate cure, controlli medici, fisioterapia.
La quota non era affatto economica e ci aspettavamo venissero rispettate le promesse, ma siamo stati preso smentiti. In nostra assenza, a nostra madre nessuno portava il pranzo, veniva lasciata su una sedia per ore e spesso nessun medico passava a controllare il suo stato di salute.
Entrare in queste sale d'attesa dove si aspetta soltanto la morte come unica via di fuga, è esperienza difficile. Per chi vi è costretto, una prigionia arrivata a coronamento di una vita di lavoro.
I meno fortunati, non possono pagarsi nemmeno questo servizio così costoso e così mal svolto.
L'età media si è allungata, il nostro Paese non sembra occuparsene e chi perde l'autonomia è lasciato alla coscienza dei parenti, ammesso ne abbia e ne abbiano.
In questi mesi in cui andavo a trovare mia madre e attraversavo quei tristi corridoi, mi è tornato in mente il titolo di un libro di Evtusenko: "Non morire prima di morire". Arrivare vivi alla morte mi è sembrato urgente e per questo, appena la sua salute lo ha consentito, ho riportato mia madre a casa.
Se un Paese fosse giudicato da come tiene le scuole, da come tratta i suoi malati o i suoi anziani, da come promuove la cura, l'arte, la bellezza, e maggiormente in quei luoghi dove essa disperatamente manca, temo che risulteremmo assai scadenti e non credo sia questione di economia soltanto, ma d'un modo di pensare che andrebbe cambiato e che in tempi non tanto lontani si sarebbe chiamato "coscienza", "dignità".
(Michele Antonacci, La Stampa 24 giugno 2017)