"Ehilà ministro!", Gianluigi Paragone (M5s) irrompe giulivo in Transatlantico, dando una pacca sulle spalle al leghista Claudio Borghi, attorniato da una mezza dozzina di cronisti. "Vaffanculo!", gli risponde goliardico il pasdaran anti-euro. Nel corridoio laterale il presidente della Commissione speciale Nicola Molteni, uno degli homines novi del leghismo, viene continuamente fermato da persone che gli vogliono parlare. Un tizio gli consegna il suo biglietto da visita. «Nicola, cambio della guardia», lo accoglie con uno slancio il democratico Gennaro Migliore, quindi i due si danno un cinque. Due scene di queste giornate in Parlamento.
«Vede come sono tutti contenti?», osserva Angelo Sanza, 76 anni, uno dei patriarchi della Prima Repubblica, che fu sottosegretario alla presidenza del Consiglio con De Mita trent'anni fa, mentre allarga lo sguardo sullo struscio. «I pd e i berlusconiani evitano le elezioni, e questi altri faranno un governo di destra, che ha in Salvini l'uomo forte: gli italiani hanno capito benissimo che comanda lui».
I leghisti non dissimulano la loro baldanza per la presa di palazzo Chigi. «Andrà benissimo», dice l'ex sindaco di Padova, Massimo Bitonci. «Abbiamo le stesse basi popolari, la stessa concretezza, difendiamo la gente non le lobby. In Commissione speciale io e il Cinquestelle Daniele Pesco abbiamo lavorato di sponda smontando la legge della delega che riforma le assicurazioni». Accanto a lui l'onorevole di Rovigo, Antonietta Giacometti annuisce. «Ai nostri elettori interessava soprattutto cacciare via il Pd: ci siamo». Titolare di un'azienda di sottaceti, con trenta dipendenti, ha vissuto questi primi 80 giorni «come un incubo: quanti tempi morti; ora finalmente si lavora». Io dialogo con il territorio, il consenso a questa alleanza va oltre le mie aspettative: su Flat tax e Fornero c'è sintonia, la nostra è gente pragmatica, più che avere il premier gli interessa Salvini al Viminale», spiega Alberto Stefani. «E adesso andremo in Europa a battere i pugni sul tavolo!», riassume il pensiero di tutti Bitonci. Passa un altro veneto, l'M5s Federico D'Inca, legato alla corrente di sinistra di Pico. «Non prova disagio a stare al governo con chi dice "prima gli italiani?" «Non rilascio dichiarazioni», si toglie dall'imbarazzo con cortesia. Il senatore Pesco, ingegnere di Milano, conferma il feeling con la Lega. «Con loro si è lavorato bene già nella scorsa legislatura.
Faremo grandi cose, cambieremo tutto, anche se il vantaggio di sei soli senatori mi preoccupa». Eugenio Saitta, 30 anni, aspirante avvocato eletto col 52% a Paternò, giura che in Sicilia «Di Maio è popolarissimo, perché è venuto dal basso, tutte le ironie che fanno sul suo passato di steward si tramutano in altri voti. Quando torno a casa mi dicono: se realizzate il 15 per cento delle promesse fatte allora saremo già contenti. I siciliani non sopportano più né il Pd né Berlusconi, loro sono molto soddisfatti che andiamo con Salvini».
Fuori dalla Camera incocciamo il senatore Nicola Morra. «Sono sempre stato un grillino atipico e le dico che adesso viene il difficile, perché finora era facile stare all'opposizione e criticare: pero è una sfida. Noi e la Lega ci guardavamo in cagnesco, ma guardi il caso Bagnai: scriveva sul manifesto, veniva rilanciato dal nostro blog, ora è senatore. della Lega. Tutto è saltato, anche le vecchie categorie interpretative».
Concetto Vecchio
(la Repubblica 24 maggio)
«Vede come sono tutti contenti?», osserva Angelo Sanza, 76 anni, uno dei patriarchi della Prima Repubblica, che fu sottosegretario alla presidenza del Consiglio con De Mita trent'anni fa, mentre allarga lo sguardo sullo struscio. «I pd e i berlusconiani evitano le elezioni, e questi altri faranno un governo di destra, che ha in Salvini l'uomo forte: gli italiani hanno capito benissimo che comanda lui».
I leghisti non dissimulano la loro baldanza per la presa di palazzo Chigi. «Andrà benissimo», dice l'ex sindaco di Padova, Massimo Bitonci. «Abbiamo le stesse basi popolari, la stessa concretezza, difendiamo la gente non le lobby. In Commissione speciale io e il Cinquestelle Daniele Pesco abbiamo lavorato di sponda smontando la legge della delega che riforma le assicurazioni». Accanto a lui l'onorevole di Rovigo, Antonietta Giacometti annuisce. «Ai nostri elettori interessava soprattutto cacciare via il Pd: ci siamo». Titolare di un'azienda di sottaceti, con trenta dipendenti, ha vissuto questi primi 80 giorni «come un incubo: quanti tempi morti; ora finalmente si lavora». Io dialogo con il territorio, il consenso a questa alleanza va oltre le mie aspettative: su Flat tax e Fornero c'è sintonia, la nostra è gente pragmatica, più che avere il premier gli interessa Salvini al Viminale», spiega Alberto Stefani. «E adesso andremo in Europa a battere i pugni sul tavolo!», riassume il pensiero di tutti Bitonci. Passa un altro veneto, l'M5s Federico D'Inca, legato alla corrente di sinistra di Pico. «Non prova disagio a stare al governo con chi dice "prima gli italiani?" «Non rilascio dichiarazioni», si toglie dall'imbarazzo con cortesia. Il senatore Pesco, ingegnere di Milano, conferma il feeling con la Lega. «Con loro si è lavorato bene già nella scorsa legislatura.
Faremo grandi cose, cambieremo tutto, anche se il vantaggio di sei soli senatori mi preoccupa». Eugenio Saitta, 30 anni, aspirante avvocato eletto col 52% a Paternò, giura che in Sicilia «Di Maio è popolarissimo, perché è venuto dal basso, tutte le ironie che fanno sul suo passato di steward si tramutano in altri voti. Quando torno a casa mi dicono: se realizzate il 15 per cento delle promesse fatte allora saremo già contenti. I siciliani non sopportano più né il Pd né Berlusconi, loro sono molto soddisfatti che andiamo con Salvini».
Fuori dalla Camera incocciamo il senatore Nicola Morra. «Sono sempre stato un grillino atipico e le dico che adesso viene il difficile, perché finora era facile stare all'opposizione e criticare: pero è una sfida. Noi e la Lega ci guardavamo in cagnesco, ma guardi il caso Bagnai: scriveva sul manifesto, veniva rilanciato dal nostro blog, ora è senatore. della Lega. Tutto è saltato, anche le vecchie categorie interpretative».
Concetto Vecchio
(la Repubblica 24 maggio)