Tutti divisi appassionatamente: è il grande risiko ucraino
Il 18 aprile, il presidente ucraino Poroshenko ha chiesto formalmente al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli di riconoscere l'autocefalia, cioè l'indipendenza della Chiesa Ortodossa dell'Ucraina. Una richiesta che le autorità di Kiev agitano già dal 2016, quando il parlamento nazionale votò una mozione al riguardo e che ora il presidente ha ufficializzato con una richiesta formale posta nelle mani di Bartolomeo e del suo sinodo. In Ucraina, infatti, esistono due Chiese ortodosse fieramente rivali: la Chiesa ortodossa russa - Patriarcato di Mosca e la Chiesa ortodossa ucraina - Patriarcato di Kiev. Già le denominazioni indicano le rispettive fedeltà: la prima, guidata dal patriarca Onufry, seguace del patriarca Kirill, la seconda nazionalista e autonomista, guidata dal 1995 dal patriarca Filarete. La prima più diffusa e seguita nelle regioni russofone e russofile dell'Ucraina dell'Est (dove da alcuni anni è in corso una guerra civile) l'altra saldamente insediata nella parte centrale del Paese. Come struttura, le due Chiese hanno uguale peso: la Chiesa ortodossa fedele a Mosca conta 46 diocesi, quella nazionalista governa 40 circoscrizioni ecclesiastiche. Ma c'è un terzo incomodo ed è la presenza della Chiesa greco-cattolica di Ucraina, quella dei cosiddetti "uniati" rimasti fedeli a Roma dopo lo scisma di Michele Cerulario del 1054. Formalmente il capo, monsignor Svjatoslav Ševcuk (…), porta ancora il titolo di "arcivescovo maggiore", ma nel 2002 il sinodo della Chiesa stabilì che la loro realtà ecclesiale era già un patriarcato de facto e ne chiese conferma al Papa: il riconoscimento ufficiale non è stato ancora concesso. Nel frattempo, dal 2005, il patriarca de facto ha spostato la sua sede da Leopoli (dove, nell'Ottocento, gli zar avevano concentrato i fedeli della sua Chiesa) a Kiev, costruendovi cattedrale e strutture. Kiev rappresenta la culla storica del cristianesimo "di tutte le Russie", ma nel linguaggio del patriarcato moscovita questa espressione indica le attuali: Russia, Bielorussia e Ucraina, territori considerati "esclusivi" dall'ortodossia russa. A complicare, e peggiorare, gli umori degli uomini del patriarcato di Mosca c'è che, oltre a quella greco-cattolica, in Ucraina il cattolicesimo vanta tre altre "gerarchie": una di rito romano, una di rito armeno, l'altra di rito bizantino-ruteno. Quando il presidente francese Macron si è recato a Bruxelles per mettere in guardia da «egoismi nazionali» e "fascino illiberale» che stanno facendo «emergere una sorta di guerra civile europea», forse ha suggerito anche la direzione verso cui la Ue dovrebbe dirigere lo sguardo.
Filippo di Giacomo
(Il Venerdì 1 maggio)
Il 18 aprile, il presidente ucraino Poroshenko ha chiesto formalmente al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli di riconoscere l'autocefalia, cioè l'indipendenza della Chiesa Ortodossa dell'Ucraina. Una richiesta che le autorità di Kiev agitano già dal 2016, quando il parlamento nazionale votò una mozione al riguardo e che ora il presidente ha ufficializzato con una richiesta formale posta nelle mani di Bartolomeo e del suo sinodo. In Ucraina, infatti, esistono due Chiese ortodosse fieramente rivali: la Chiesa ortodossa russa - Patriarcato di Mosca e la Chiesa ortodossa ucraina - Patriarcato di Kiev. Già le denominazioni indicano le rispettive fedeltà: la prima, guidata dal patriarca Onufry, seguace del patriarca Kirill, la seconda nazionalista e autonomista, guidata dal 1995 dal patriarca Filarete. La prima più diffusa e seguita nelle regioni russofone e russofile dell'Ucraina dell'Est (dove da alcuni anni è in corso una guerra civile) l'altra saldamente insediata nella parte centrale del Paese. Come struttura, le due Chiese hanno uguale peso: la Chiesa ortodossa fedele a Mosca conta 46 diocesi, quella nazionalista governa 40 circoscrizioni ecclesiastiche. Ma c'è un terzo incomodo ed è la presenza della Chiesa greco-cattolica di Ucraina, quella dei cosiddetti "uniati" rimasti fedeli a Roma dopo lo scisma di Michele Cerulario del 1054. Formalmente il capo, monsignor Svjatoslav Ševcuk (…), porta ancora il titolo di "arcivescovo maggiore", ma nel 2002 il sinodo della Chiesa stabilì che la loro realtà ecclesiale era già un patriarcato de facto e ne chiese conferma al Papa: il riconoscimento ufficiale non è stato ancora concesso. Nel frattempo, dal 2005, il patriarca de facto ha spostato la sua sede da Leopoli (dove, nell'Ottocento, gli zar avevano concentrato i fedeli della sua Chiesa) a Kiev, costruendovi cattedrale e strutture. Kiev rappresenta la culla storica del cristianesimo "di tutte le Russie", ma nel linguaggio del patriarcato moscovita questa espressione indica le attuali: Russia, Bielorussia e Ucraina, territori considerati "esclusivi" dall'ortodossia russa. A complicare, e peggiorare, gli umori degli uomini del patriarcato di Mosca c'è che, oltre a quella greco-cattolica, in Ucraina il cattolicesimo vanta tre altre "gerarchie": una di rito romano, una di rito armeno, l'altra di rito bizantino-ruteno. Quando il presidente francese Macron si è recato a Bruxelles per mettere in guardia da «egoismi nazionali» e "fascino illiberale» che stanno facendo «emergere una sorta di guerra civile europea», forse ha suggerito anche la direzione verso cui la Ue dovrebbe dirigere lo sguardo.
Filippo di Giacomo
(Il Venerdì 1 maggio)