domenica 27 maggio 2018

UN AIUTO PER RICORDARE

Corso Biblico. Torino, 04.05.2018.
I libro dei Re.
(Appunti presi durante la conferenza di don Franco Barbero).

Nel continuo alternarsi tra fedeltà ed idolatria nella storia della monarchia israelita irrompe al capitolo 17 del primo libro dei Re la figura del profeta Elia che spicca come una grande figura nel panorama deludente di quella realtà. La profezia, almeno quella autentica, è uno specchio a rovescio della monarchia, non è una mistica disincarnata, ma, pur mantenendo costantemente una intensa relazione con Dio, non si allontana dalla realtà terrena, ma vi si immerge vivendola a fondo: i due grandi teologi del secolo scorso Rahner e Metz hanno parlato di "mistica dagli occhi aperti" e Rahner affermava che il cristianesimo del futuro "o sarà mistico o non sarà". Caratteristica della profezia é non disgiungere mai la predicazione dalla vita.
La storia di Elia è una delle più belle pagine della Bibbia, inizia con l'immagine del suo pronto rispondere alla chiamata del Signore ed al suo ritiro in luogo isolato, presso un torrente, dove i corvi gli portano da mangiare. Ma non si isola dal mondo: si reca presto da una povera vedova straniera, che rappresenta la parte più emarginata della società, e compie degli atti straordinari che ricordano analoghi episodi evangelici: la moltiplicazione dei pani e la resurrezione del figlio della vedova. La morale di questo racconto è che il profeta autentico affronta le difficoltà della vita e tra queste opera la sua missione (a quel tempo la siccità era una calamità frequente e tragica, perchè metteva a rischio la stessa sopravvivenza delle persone); in secondo luogo il profeta sta con i poveri e fa da contraltare ai potenti (re e sacerdoti); infine il profeta ha fiducia in Dio e se c'è questa il poco diventa molto.
Nel suo impegno concreto nel sociale il profeta è chiamato a presentarsi al re: è ciò che accade nella descrizione dell'inizio del capitolo 18, dove si narra il confronto tra Elia e gli ottocentocinquanta falsi profeti che sono alla corte del re Acab e dove balza evidente la solitudine di Elia di fronte alla idolatria dilagante; si capisce così la paura di Elia (19, 3) e la sua stanchezza (19,4). Egli viene però richiamato dall'angelo del Signore, che gli ridà coraggio e forza per andare fino al monte Oreb in un cammino di quaranta giorni, evidente richiamo al cammino nel deserto dell'Esodo. Il messaggio di queste pagine è che la forza ci viene da Dio, ma siamo noi che non la accogliamo. Il dolore e la delusione del profeta per il tradimento del popolo (19,10) vengono consolati dalla presenza del Signore che si manifesta come brezza leggera, nel famoso episodio del capitolo 19 (vv. 11 – 13). Elia viene richiamato a continuare la sua missione: non è vero che è solo, la fede esiste ancora nell'umanità (19, 18). Il capitolo 19 si chiude con la chiamata di Eliseo, un brano che ispirerà gli episodi evangelici della chiamata dei discepoli (Mt, 4, 18-22; Mc 1, 16-20): in tutti i testi balza evidente la prontezza con cui i discepoli rispondono alla chiamata.
Il ciclo del profeta Eliseo si svilupperà nel secondo libro dei Re secondo le stesse dinamiche già viste: il profeta è contraltare al potere dei re e ne combatte le deviazioni; ma non tutti i re saranno idolatri; Giosia sarà un re giusto e sotto il suo regno viene fatto risalire l'episodio del ritrovamento del libro del Deuteronomio, databile nell'anno 622 a. C., prima della deportazione degli Ebrei a Babilonia. In questa circostanza si narra (II Re, capitolo 22) che il re Giosia, in quanto re fedele, di fronte ad una scoperta così importante, non si sostituisce ai profeti, ma si rivolge a loro per ascoltare su come debba comportarsi. Ed ancora una volta interviene, come figura chiave, una donna, la profetessa Hulda, la quale preannuncia la sventura che sta per cadere su Israele, a causa della sua infedeltà. Ma il re Giosia morirà prima e non assisterà alla deportazione degli ebrei.
Guido Allice