venerdì 29 giugno 2018

COMMENTO AL VANGELO DI MARCO

DALLA RELIGIONE DELLE REGOLE ALL'INCONTRO CON LE 

PERSONE

21 Gesù passò di nuovo in barca all'altra riva, e una gran folla si radunò attorno a lui; ed egli stava presso il mare. 22 Ecco venire uno dei capi della sinagoga, chiamato Iairo, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi 23 e lo pregò con insistenza, dicendo: «La mia bambina sta morendo. Vieni a posare le mani su di lei, affinché sia salva e viva». 24 Gesù andò con lui, e molta gente lo seguiva e lo stringeva da ogni parte.
25 Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, 26 e che molto aveva sofferto da molti medici e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata, 27 avendo udito parlare di Gesù, venne dietro tra la folla e gli toccò la veste, perché diceva: 28 «Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva». 29 In quell'istante la sua emorragia ristagnò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia. 30 Subito Gesù, conscio della potenza che era emanata da lui, voltatosi indietro verso quella folla, disse: «Chi mi ha toccato le vesti?» 31 I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi come la folla ti si stringe attorno e dici: "Chi mi ha toccato?"» 32 Ed egli guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo. 33 Ma la donna paurosa e tremante, ben sapendo quello che era avvenuto in lei, venne, gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità. 34 Ma Gesù le disse: «Figliola, la tua fede ti ha salvata; va' in pace e sii guarita dal tuo male».
35 Mentre egli parlava ancora, vennero dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: «Tua figlia è morta; perché incomodare ancora il Maestro?» 36 Ma Gesù, udito quel che si diceva, disse al capo della sinagoga: «Non temere; soltanto continua ad aver fede!» 37 E non permise a nessuno di accompagnarlo, tranne che a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero a casa del capo della sinagoga; ed egli vide una gran confusione e gente che piangeva e urlava. 39 Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40 Ed essi ridevano di lui. Ma egli li mise tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui, ed entrò là dove era la bambina. 41 E, presala per mano, le disse: «Talità cum!» che tradotto vuol dire: «Ragazza, ti dico: àlzati!» 42 Subito la ragazza si alzò e camminava, perché aveva dodici anni. E furono subito presi da grande stupore; 43 ed egli comandò loro con insistenza che nessuno lo venisse a sapere; e disse che le fosse dato da mangiare. Marco 5,21-43


Qualche volta succede anche a me che il desiderio e la fretta di ricavare un "messaggio" da un testo biblico mi impediscano di leggerlo e di godermi la bellezza artistica di una pagina. Ora questo brano è riportato anche in Matteo e Luca, ma il confronto gioca a favore di Marco. Si tratta di un racconto letterariamente affascinante in un greco che nulla concede alla retorica, ma risulta pieno di particolari e di osservazioni che solo un grande narratore ha potuto regalarci. 
Già l'intreccio dei due episodi, come un incastro perfettamente riuscito, conferisce al racconto un movimento di attesa, di meraviglia... Con una insuperabile regia il tutto viene tenuto insieme tanto da costituire un quadro unitario popolato di personaggi vivi e diversi. Mi raccomando: quando leggiamo una pagina biblica non dimentichiamo di goderci l'arte, il genio narrativo, la bellezza coinvolgente di uno scritto. Spesso la Bibbia ci regala dei capolavori e solo l'abitudine a certa predicazione scialba e incolore ci privano del gusto di una lettura che tocca il cuore.

UN PO' DI STORIA
Basta un minimo di conoscenza del mondo reale in cui molte persone, specialmente se donne, erano costrette a una "vita negata", ad una non vita, per capire quanta realtà quotidiana sia condensata in questa pagina: "Quei poveri che circondavano Gesù erano in buona parte donne, prive dell'appoggio di un uomo, esse erano indubbiamente le persone più vulnerabili. 
D'altra parte, in quella società patriarcale essere donna significava essere destinata a vivere in stato di inferiorità e soggezione agli uomini" (Antonio Pagola, pag. 236). Sole o sottomesse, le donne di quel tempo spesso soffrivano le malattie che sono il prodotto dell'emarginazione. Gesù riserva loro un'attenzione affettuosa e uno sguardo diverso e le donne se ne accorgono. Le rende "visibili" ed esse, nell'avvicinarsi a lui, avvertono come un invito ad alzare la voce, la testa, a prendere coraggio, a sentirsi persone, "soggetti" e non oggetti.
IL GENIO DELL'INCONTRO LIBERATORE
Gesù, di fronte alle due donne di questo brano, si accorge del loro desiderio di vita, del "sangue vitale" che se ne va perchè questa donna non ha incontrato nessuno che l'abbia accolta, valorizzata, amata. La vita se ne va, la gioia di vivere si spegne come in una emorragia inarrestabile se non realizziamo il "tocco tenero" e personalizzante dell'essere valorizzati e amati. La vita "dorme", cioè non viene alla luce, non ci "invita" alla felicità, se nessuno ci ha fatto sentire una voce calda ed una mano tenera e rassicurante per farci uscire dalla prigione di un io insicuro o schiavo dell'angoscia o dei sensi di colpa o di una esistenza quotidiana spersonalizzante. 
Il Gesù storico, pieno dell'amore di Dio, aveva una direzione precisa nel suo agire: mettere a frutto, con i più desolati della sua terra, il potenziale di amore che percepiva di avere ricevuto da Dio. 
Certamente chi incontrò in profondità Gesù, al di là della concezione miracolistica che certe letture ingenue potrebbero lasciarci, incontrò un uomo che trasmetteva felicità, benessere, liberazione dall'angoscia, salute, coraggio. Gesù si prendeva cura degli ultimi come profeta del regno di Dio. 
L'emorroissa aveva (eccome!) tentato qualche terapia, anzi molte. Ma tutti avevano pensato solo alla sua malattia. Gesù, invece, si interessa alla sua persona. Come nel frastuono funerario attorno alla dodicenne tutti davano già per spacciata la ragazza, Gesù pensa e agisce per "risvegliare", fa sentire il calore della mano e la forza della voce.
QUANTA GENTE ATTENDE...
Molta vita, molte energie si ridesterebbero se noi avessimo la fede di Gesù. Dico questo non per metterci nei panni e nell'illusione degli operatori di miracoli, ma per accrescere la nostra fiducia nella forza dell'amore. 
Dio ha deposto in ciascuno di noi tante possibilità, tante energie di amore; se non le spegnamo nella mediocrità e nell'indifferenza, possiamo anche noi, nelle relazioni quotidiane, essere umili testimoni di pace e di benessere. Spesso tante persone si sono avvicinate alla comunità cristiana per "toccare Gesù", con la speranza di un messaggio di vita e di fiducia. Invece hanno trovato dei distributori di regole, degli addetti al culto, dei ripetitori di un disco noto e astratto.
 Sono grato a Dio, immensamente grato, per il fatto che nella mia vita ho potuto incontrare e "toccare" alcuni testimoni del vangelo che non erano dei semplici funzionari di una istituzione ecclesiastica. Mi hanno a volte guarito dalla paura di scommettere e mi hanno testimoniato che la gioia del vangelo esiste davvero e può entrare nei nostri cuori.
C'E' UN PERO'
Noi, come Gesù, per convertirci e scoprire i talenti che Dio ha messo in noi, abbiamo bisogno di vivere dentro la realtà a partire dagli ultimi. Se ci ritiriamo in un cristianesimo evanescente, spiritualista, nostalgico, ridotto alla salvezza dell'anima, difficilmente potremo raccogliere la lezione che ci viene da questa pagina. Gesù sapeva bene che già allora esisteva una religione delle regole e una religione delle persone. Egli fece la sua scelta. Per lui, grande adoratore di Dio, era inutile, vano, contraddittorio e impossibile parlare del "regno di Dio" senza partire dal bisogno di liberazione delle persone più emarginate, dall'invito all'"alzarsi", all'impegno di cambiare ciò che distrugge la giustizia e rende impossibile la felicità. 
E' nell'incontro con queste donne e con altre persone sofferenti che Gesù scopre i dono che Dio gli ha fatto. L'ascolto, l'attenzione e il "contatto" onesto e concreto con le persone prima di tutto guarisce noi stessi e poi ci mette sulla strada della conversione, della solidarietà. Se non giriamo la faccia dall'altra parte, se non evitiamo l'incontro difficile forse ci incamminiamo sulla strada di Gesù.
IL PUNTO
Ma qui sta il punto decisivo: "toccare" significa contatto profondo, corporeo, reale. Toccare significa lasciarsi coinvolgere, stare dentro le situazioni, contaminarsi. E' ben altra cosa dallo "sfiorare", degnarsi di uno sguardo. 
In questi giorni rinasce  la paura di "contaminarsi", di mescolarsi, di accogliere .L'Europa dei muri e dei porti chiusi non conosce più  la fecondità della mescolanza, del meticciato,
dell'aiuto reciproco.
La speranza è riposta in quegli uomini e in quelle donne che non si lasciano invadere dalla predicazione della paura di tanti governati insipienti.