MESSICO E NUVOLE
IL 1° LUGLIO novanta milioni di messicani sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente che, a partire dal prossimo dicembre, sostituirà Enrique Pena Nieto. Le presidenziali messicane sono a un turno secco, senza ballottaggio: vince chi arriva primo, non importa con quale percentuale di voti.
Da mesi in testa ai sondaggi c'è Andrés Manuel Lopez Obrador, 64 anni, ormai storico candidato della sinistra messicana che si presenta per la terza volta. All`inizio di questo secolo, Lopez Obrador, fu governatore di Città del Messico, il "distretto federale". Poi nelle presidenziali del 2006 fu sconfitto da Felipe Calderon (Pan, la destra), in elezioni (che forse aveva vinto) contestatissime, con molte accuse di frodi. Nel 2012 perse di nuovo contro Enrique Pena Nieto (Pri). Questa volta dalla sua parte, Lopez Obrador ha un alleato inatteso: Donald Trump. Con le sue accuse xenofobe contro i messicani, il progetto del nuovo Muro alla frontiera tra i due paesi, e la minaccia di abolire il Trattato di libero commercio degli Stati Uniti con Messico e Canada, Trump ha risvegliato l'orgoglio nazionalista dei messicani. Nuovo trend che Lopez Obrador, socialista e populista, ha saputo interpretare benissimo. È l'unico tra i candidati che alza la voce contro Washington e sfida Trump sul suo stesso terreno.
Così, mentre l'America Latina, dall'Argentina al Cile, sta svoltando a destra un po' ovunque, i latini del Nord America potrebbero premiare la sinistra. Sfidano Lopez Obrador due candidati per ora abbastanza indietro nei sondaggi. José Antonio Meade, del Pri, lo stesso partito del presidente in carica Pena Nieto. E Ricardo Anaya, che si presenta in una coalizione dove, insieme al Pan, c'è anche il centrosinistra del Prd, che fino a qualche anno fa era anche il partito di Lopez Obrador. Anaya, 39 anni, è il più giovane dei candidati e, nelle ultime settimane, anche quello che sembra avere più chance di contendere la vittoria finale all'anziano ed eterno leader della sinistra messicana.
(D la Repubblica 9 giugno)
IL 1° LUGLIO novanta milioni di messicani sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente che, a partire dal prossimo dicembre, sostituirà Enrique Pena Nieto. Le presidenziali messicane sono a un turno secco, senza ballottaggio: vince chi arriva primo, non importa con quale percentuale di voti.
Da mesi in testa ai sondaggi c'è Andrés Manuel Lopez Obrador, 64 anni, ormai storico candidato della sinistra messicana che si presenta per la terza volta. All`inizio di questo secolo, Lopez Obrador, fu governatore di Città del Messico, il "distretto federale". Poi nelle presidenziali del 2006 fu sconfitto da Felipe Calderon (Pan, la destra), in elezioni (che forse aveva vinto) contestatissime, con molte accuse di frodi. Nel 2012 perse di nuovo contro Enrique Pena Nieto (Pri). Questa volta dalla sua parte, Lopez Obrador ha un alleato inatteso: Donald Trump. Con le sue accuse xenofobe contro i messicani, il progetto del nuovo Muro alla frontiera tra i due paesi, e la minaccia di abolire il Trattato di libero commercio degli Stati Uniti con Messico e Canada, Trump ha risvegliato l'orgoglio nazionalista dei messicani. Nuovo trend che Lopez Obrador, socialista e populista, ha saputo interpretare benissimo. È l'unico tra i candidati che alza la voce contro Washington e sfida Trump sul suo stesso terreno.
Così, mentre l'America Latina, dall'Argentina al Cile, sta svoltando a destra un po' ovunque, i latini del Nord America potrebbero premiare la sinistra. Sfidano Lopez Obrador due candidati per ora abbastanza indietro nei sondaggi. José Antonio Meade, del Pri, lo stesso partito del presidente in carica Pena Nieto. E Ricardo Anaya, che si presenta in una coalizione dove, insieme al Pan, c'è anche il centrosinistra del Prd, che fino a qualche anno fa era anche il partito di Lopez Obrador. Anaya, 39 anni, è il più giovane dei candidati e, nelle ultime settimane, anche quello che sembra avere più chance di contendere la vittoria finale all'anziano ed eterno leader della sinistra messicana.
Omero Ciai