giovedì 9 agosto 2018

COMMENTO ALLA LETTURA DI DOMENICA 12 AGOSTO

GESU', PROFETA COMPAESANO, FIGLIO DI MARIA E GIUSEPPE.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,41-51

In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

DALLA LEGGENDA ALLA STORIA

Se leggete nel vangelo questi versetti, vi accorgerete che prosegue il discorso enfatico e polemico , costruito dall'evangelista redattore, sul pane di vita. Se non sapesssimo che queste parole così taglienti e divisive , questo pesante aut aut rivolto a chi ormai è considerato fuori strada perché non vuole staccarsi dalla sinagoga, non sono mai uscite dalla bocca di Gesù , ne proveremmo un profondo sconcerto. Le scienze bibliche, su questo terreno ci offrono  conoscenze preziose. 
L'espressione "io sono" (29 volte in Giovanni) è un espediente letterario per indicare il riconoscimento che i discepoli fecero di Gesù in quanto testimone per eccellenza di Dio. 
Gesù resta sempre colui che "tutto ha ricevuto dal padre" per cui fanno sorridere le affermazioni facilone e diffuse dei teologi, anche progressisti, che in queste frasi enfatiche vedono già profilarsi l'ombra della divinità di Gesù.

UN GRAVE ERRORE DEI CRISTIANI
Tocco qui un tasto teologico che purtroppo le chiese ufficiali cestinano spesso e volentieri. Mentre le ricerche storiche ed esegetiche negli ultimi 300 anni hanno compiuto passi giganteschi, si leggono le affermazioni giovannee come pronunciamenti dogmatici: " Sarebbe un errore vedere nella formula "Io sono", usata in senso assoluto, l'affermazione di una identificazione con Dio...In questo caso, come del resto altrove, il Figlio non fa che affermare la sua intimità assoluta con il Padre" (G. Sloyan, Giovanni, Claudiana, p.133). "Un errore serio e grave che i cristiani commettono è quello di mettere Gesù al posto di Dio. Ciò avviene a scandalo degli islamici e degli ebrei e a confusione dei cristiani. Il Vangelo di Giovanni, non commette un errore di questo genere…." ( Idem p. 141).
Voglio dire con chiarezza che  troppi teologi, per una vita pacifica all'interno della chiesa, non vogliono prendere atto di queste centinaia di ricerche e continuano a leggere il Vangelo di Giovanni con gli occhiali del concilio di Calcedonia (451).

CHE COSA CI DICE LA STORIA?
Ma chi è questo Gesù che, nella fede, i discepoli hanno scoperto come pane che nutre le loro vite tramite la testimonianza delle sue opere e per mezzo del suo messaggio?

Questo Gesù di Nazareth è il figlio di Giuseppe di cui i contemporanei conoscevano il padre e la madre, i fratelli e le sorelle. Andatevi a prendere e leggetevi con attenzione i testi di Matteo cap. 13, vs dal 53 al 58 e di Luca cap. 4, vs. dal 16 al 30 oltre a Marco cap. 6 dal vs. 1 al 6.
Gesù è nato in una numerosa famiglia ebrea e i suoi genitori lo hanno educato alla fede in Dio secondo la tradizione ebraica del loro popolo. E' impossibile capire il Gesù dei Vangeli, se non si tiene conto della sua ebraicità come uomo, come cultura e come fede nel Dio di Israele.

Essi ci ricollocano il giovane rabbi di Nazareth nel contesto storico della sua esistenza quotidiana. Messa da parte l'interpretazione fraudolenta e leggendaria dei "cugini" di Gesù e del padre putativo (tutte interpretazioni create ad arte per motivare il nascente castello dogmatico della verginità di Maria), resta il dato storico: Gesù non è accolto, il suo messaggio irriso proprio tra la sua gente, tra i conoscenti. Tanto Luca, che Marco e Matteo ricordano le parole del Nazareno: "nessun profeta è accetto nella sua patria" (Luca cap. 4 vs. 24), "tra i suoi parenti" (Marco cap. 6, vs. 4) e "nella sua casa" (Marco e Matteo).


DOVE CERCHIAMO I PROFETI?

Questo rifiuto che ha accompagnato l'esistenza storica di Gesù, svela un aspetto di piena attualita' anche per i nostri giorni. Spesso anche noi siamo tentati di cercare la profezia e i messaggi del vangelo in contesti o in realta' di grande apparenza, in fenomeni di seducente teatralita'. In una cultura dell'immagine in cui le "cose" e le persone valgono quanto più appaiono, questa deviazione e' ancora più facile. Siamo cosi' depistati, portati fuori strada.

Nei due testamenti biblici e' costantemente documentata una strada diversa; Dio sceglie persone deboli ed "invisibili", prive di importanza nel loro contesto sociale e culturale per regalarci testimoni e profeti. Mose' era balbuziente, Amos un contadino, Davide era il più piccolo dei figli di Iesse quando fu scelto da Samuele ("L'uomo guarda l'apparenza, ma Dio guarda il cuore", 1 Samuele capitolo 16), Maria e Giuseppe non erano dei notabili, i dodici erano gente del popolo.
Gesù non cadde mai nella trappola dell'apparenza: seppe vedere i segni di Dio e imparare dalla fede della povera vedova, dalla peccatrice in casa di Simone, dal centurione romano, dalla cananea......

Egli non cerco' i segni e la profezia del regno di Dio nei palazzi del potere o nelle magnificenze del tempio. Mentre i discepoli erano come abbagliati dalle bellezze delle pietre del Tempio, Gesù era tutto assorto nell'osservazione del gesto della vedova che deponeva i due spiccioli nella cassa.
La' sulle strade della Palestina si accorse dei movimenti di Zaccheo, dei giochi dei bambini, del grido del cieco, del contatto affettuoso della emorroissa che cercava una sorgente di pace e di benessere in quel "pazzo" profeta di Dio e dei poveri.

Gesù trovo' tanta fede nel centurione e nella cananea da restarne sorpreso; non aveva trovato tanta fede in Israe
le.

VOGLIO CORREGGERE LO SGUARDO

Certo, Dio resta libero, sovranamente libero di donarci i suoi segnali profetici come e dove vuole Lui.

Ma forse, imparando da Gesù, dobbiamo correggere lo sguardo. Forse le più belle testimonianze di fede possono essere raccolte tra le persone umili e semplici che non stanno negli spazi del successo e dell'immagine.
La nostra stessa chiesa quando dà spettacoli di grandiosità liturgiche, di teatralità da mondovisione, quando è presente, fulgente e osannata su tutti i video del mondo entra nella logica e nella pratica della spettacolarità.
Il "granello di senape" è quanto di più lontano si possa immaginare dallo spasmodico tentativo di "occupare un posto in prima fila".
Si vedono in giro tante teste vuote che pretendono di farla da maestri alla nazione solo perchè ogni giorno sono in televisione.


I SEGNI PROFETICI NON MANCANO


Dio non ci lascia mancare i "segni" e i profeti. Forse, secondo la concezione biblica, noi non li vediamo perchè: i nostri cuori sono torbidi, indecisi: "Beati quelli che sono puri fin dentro il loro cuore perchè essi vedranno Dio" (Matteo cap. 5 vs. 8)

Ma forse non li vediamo perchè non vogliamo vederli. Preferiamo guardare fuori, lontano... quando i segni di Dio sono spesso molto vicini. Si tratta di superare l'accecamento da abitudine e l'accecamento da pigrizia. Quando il nostro cuore non vuole aprirsi a nuovi cammini i nostri occhi sono come fiori che restano chiusi anche al più bel sole dell'estate.

Ma Dio, appassionato e instancabile, l'unico che non si stanca mai di nessuno/a di noi ci aspetta, ci invita ancora. E ancora ci fa giungere segni, inviti, occasioni per risvegliarci alla vita vera.