nella notte (Esodo 14, 22)
Notte lunga, fatta di ore che si inseguono e minuti che rincorrono i secondi. Notte di paura, di grida, di prodigi. Notte da ricordare. Un lungo travaglio per nascere a libertà. Non è l'esito di uno schiocco di dita e nemmeno un evento immediato: doglie che durano un'intera notte. La narrazione rallenta per lasciare spazio al dettaglio. Se mille anni per Dio sono come un giorno, per il popolo quella notte è un evento puntuale ma anche eterno, dilatato nel tempo, al punto di coinvolgere le generazioni che verranno. Sarà per sempre ricordata come la notte in cui Dio ha combattuto accanto al suo popolo.
Dio agisce nella storia e interviene sulla natura. La storia narra di un popolo in fuga verso la libertà. La natura racconta di una creazione buona, sovvertita da forze mortali. E Dio entra in scena per fermare il tiranno e far fluire la vita. È una nuova creazione: viene ristabilita la terra asciutta, ospitale, liberata dal caos delle acque primordiali. Creazione e redenzione si intrecciano nell'epopea dell'esodo, nella notte in cui un popolo attraversa il mare, mentre il nemico si impantana nei suoi stessi strumenti di morte. Dio è il grande protagonista. Ma non agisce da solo. Con lui c'è la natura, che gli ubbidisce, plasmata dal suo soffio. E poi Mosè, con il suo braccio teso verso il mare e il popolo che non rimane passivo, ma partecipa al travaglio, come un nascituro che spinge nel canale uterino. Il popolo attraversa fiducioso il passaggio dischiuso, la terra asciutta che emerge tra le pareti delle acque. Notte memorabile, da ricordare e narrare alle generazioni future; notte cosmica, eppure transitoria, Come ogni altra notte. Non è fuori dal tempo, al di là della storia, la notte in cui Dio, alleandosi con la sua creazione e il suo popolo, diresse la sinfonia della liberazione.
Il popolo in fuga è guidato da Dio verso il deserto, attraverso un itinerario più complesso del percorso lineare. La strada non deve intersecare la terra dei Filistei, in modo da evitare un conflitto che potrebbe, fin da subito, stremare e scoraggiare il popolo di cui Dio si prende cura. Ma siamo sul terreno della storia. Oltre a Dio, a Mosè e al popolo, C'è anche il Faraone con tutto l'esercito in armi. Carri, cavalli e cavalieri della più grande potenza, contro un gruppo di fuggiaschi. Solo apparentemente la lotta è impari, poiché Dio marcia in testa al suo popolo Con sembianze di nuvola. Ma alle spalle avanza il faraone. E quando l'armata egizia si fa prossima, il terrore assale i poveri schiavi. È Mose che trova le parole per incoraggiarli e far sentire loro vicino la presenza divina. Allora, Dio, dalla testa del corteo, retrocede fino alla coda. Egli e presenza di nube e luce, elementi che fan- no da scudo per il popolo in cammino. Nuvola che rende la notte ancora più fitta per gli egiziani; luce che illumina i passi dei fuggiaschi E insieme alla nube e al fuoco, il vento, che solleva le acque e fa emergere la terra asciutta. Come nella creazione, la terra emerge dal confine posto alle acque; e su quella terra il popolo può di nuovo camminare libero. Non è necessario comprendere subito ogni dettaglio di questo parto della vita libera. È sufficiente cogliere l'insieme: Dio agisce, cammina con il suo popolo, apre porte chiuse, fa emergere la vita da situazioni di morte. I carri da guerra sono disarcionati grazie all'intervento divino, resi così pesanti da impantanarsi lungo la via già percorsa dai fuggiaschi. E così, quando il mare si richiude, l'inseguitore soccombe sommerso dalle acque. Nel chiarore del giorno, gli Israeliti, ormai al sicuro, contemplano i cadaveri dei guerrieri che attentavano alla loro vita. Dio ha combattuto al loro fianco, con loro e per loro. Il popolo è salvo.
Il racconto di quella notte, che ha ispirato generazioni di schiavi alla ricerca della libertà, risuona oggi irreale, smentito dalle cronache dei viaggi di altri fuggiaschi disperati. Le acque non si aprono al loro passaggio, nessun corridoio umanitario permette di attraversare quel mare in sicurezza. Nessuna nube sottrae la carovana in fuga alla vista delle vedette militari, agli ordini di nuovi faraoni. Oggi, noi assistiamo ad una diversa narrazione, che emenda la storia di liberazione. Le levatrici hanno scelto di ubbidire all'ordine del faraone e lasciano morire i neonati dei migranti. Oggi, muore di parto chi tenta di rinascere a libertà. Ed anche Dio appare latitante sulla scena della storia. Oggi, il canto torna ad essere grido. E forse, come ha fatto con Mosè, quella notte, il Dio che abita la nube e che non riusciamo più a vedere all'opera ci dice: Perché gridi a me? Di' ai figli d'Israele che si mettano in marcia… (14, 15). Anche oggi, mentre imperversano le tenebre e i figli di Dio sono inghiottiti nel mare, soprattutto oggi, dobbiamo fare memoria di quella notte; e credere, nonostante tutto, che non spetta alle politiche di morte la parola finale.
Lidia Maggi
(Rocca 15 agosto)
Notte lunga, fatta di ore che si inseguono e minuti che rincorrono i secondi. Notte di paura, di grida, di prodigi. Notte da ricordare. Un lungo travaglio per nascere a libertà. Non è l'esito di uno schiocco di dita e nemmeno un evento immediato: doglie che durano un'intera notte. La narrazione rallenta per lasciare spazio al dettaglio. Se mille anni per Dio sono come un giorno, per il popolo quella notte è un evento puntuale ma anche eterno, dilatato nel tempo, al punto di coinvolgere le generazioni che verranno. Sarà per sempre ricordata come la notte in cui Dio ha combattuto accanto al suo popolo.
Dio agisce nella storia e interviene sulla natura. La storia narra di un popolo in fuga verso la libertà. La natura racconta di una creazione buona, sovvertita da forze mortali. E Dio entra in scena per fermare il tiranno e far fluire la vita. È una nuova creazione: viene ristabilita la terra asciutta, ospitale, liberata dal caos delle acque primordiali. Creazione e redenzione si intrecciano nell'epopea dell'esodo, nella notte in cui un popolo attraversa il mare, mentre il nemico si impantana nei suoi stessi strumenti di morte. Dio è il grande protagonista. Ma non agisce da solo. Con lui c'è la natura, che gli ubbidisce, plasmata dal suo soffio. E poi Mosè, con il suo braccio teso verso il mare e il popolo che non rimane passivo, ma partecipa al travaglio, come un nascituro che spinge nel canale uterino. Il popolo attraversa fiducioso il passaggio dischiuso, la terra asciutta che emerge tra le pareti delle acque. Notte memorabile, da ricordare e narrare alle generazioni future; notte cosmica, eppure transitoria, Come ogni altra notte. Non è fuori dal tempo, al di là della storia, la notte in cui Dio, alleandosi con la sua creazione e il suo popolo, diresse la sinfonia della liberazione.
Il popolo in fuga è guidato da Dio verso il deserto, attraverso un itinerario più complesso del percorso lineare. La strada non deve intersecare la terra dei Filistei, in modo da evitare un conflitto che potrebbe, fin da subito, stremare e scoraggiare il popolo di cui Dio si prende cura. Ma siamo sul terreno della storia. Oltre a Dio, a Mosè e al popolo, C'è anche il Faraone con tutto l'esercito in armi. Carri, cavalli e cavalieri della più grande potenza, contro un gruppo di fuggiaschi. Solo apparentemente la lotta è impari, poiché Dio marcia in testa al suo popolo Con sembianze di nuvola. Ma alle spalle avanza il faraone. E quando l'armata egizia si fa prossima, il terrore assale i poveri schiavi. È Mose che trova le parole per incoraggiarli e far sentire loro vicino la presenza divina. Allora, Dio, dalla testa del corteo, retrocede fino alla coda. Egli e presenza di nube e luce, elementi che fan- no da scudo per il popolo in cammino. Nuvola che rende la notte ancora più fitta per gli egiziani; luce che illumina i passi dei fuggiaschi E insieme alla nube e al fuoco, il vento, che solleva le acque e fa emergere la terra asciutta. Come nella creazione, la terra emerge dal confine posto alle acque; e su quella terra il popolo può di nuovo camminare libero. Non è necessario comprendere subito ogni dettaglio di questo parto della vita libera. È sufficiente cogliere l'insieme: Dio agisce, cammina con il suo popolo, apre porte chiuse, fa emergere la vita da situazioni di morte. I carri da guerra sono disarcionati grazie all'intervento divino, resi così pesanti da impantanarsi lungo la via già percorsa dai fuggiaschi. E così, quando il mare si richiude, l'inseguitore soccombe sommerso dalle acque. Nel chiarore del giorno, gli Israeliti, ormai al sicuro, contemplano i cadaveri dei guerrieri che attentavano alla loro vita. Dio ha combattuto al loro fianco, con loro e per loro. Il popolo è salvo.
Il racconto di quella notte, che ha ispirato generazioni di schiavi alla ricerca della libertà, risuona oggi irreale, smentito dalle cronache dei viaggi di altri fuggiaschi disperati. Le acque non si aprono al loro passaggio, nessun corridoio umanitario permette di attraversare quel mare in sicurezza. Nessuna nube sottrae la carovana in fuga alla vista delle vedette militari, agli ordini di nuovi faraoni. Oggi, noi assistiamo ad una diversa narrazione, che emenda la storia di liberazione. Le levatrici hanno scelto di ubbidire all'ordine del faraone e lasciano morire i neonati dei migranti. Oggi, muore di parto chi tenta di rinascere a libertà. Ed anche Dio appare latitante sulla scena della storia. Oggi, il canto torna ad essere grido. E forse, come ha fatto con Mosè, quella notte, il Dio che abita la nube e che non riusciamo più a vedere all'opera ci dice: Perché gridi a me? Di' ai figli d'Israele che si mettano in marcia… (14, 15). Anche oggi, mentre imperversano le tenebre e i figli di Dio sono inghiottiti nel mare, soprattutto oggi, dobbiamo fare memoria di quella notte; e credere, nonostante tutto, che non spetta alle politiche di morte la parola finale.
Lidia Maggi
(Rocca 15 agosto)