Quando
contatti una comunità ti accorgi molto presto se i ministri,
pastori/e, catechisti che svolgono in essa il loro ministero sono dei
“ripetitori” o se, invece, cercano di creare un percorso in cui
le parole, i simboli, i riti e le celebrazioni esprimano la vita
reale in cui la fede possa incarnarsi.
Un
malinteso senso di fedeltà alla tradizione, molta ignoranza e
l’alibi che la maggioranza non gradisce i cambiamenti diventano
alleati dell’immobilismo teologico, catechetico e liturgico.
Un
parroco polacco recentemente mi ha detto che rosario e litanie sono
la tradizione. Il cosiddetto “rosario per i morti” non è affatto
una lunga tradizione, tanto meno le litanie lauretane (tutte pratiche
che hanno pochi secoli di storia), ma i pastori hanno il compito di
offrire alla comunità nuove proposte e di raccogliere la richiesta
di rinnovamento che viene da singoli fedeli, da gruppi e movimenti.
Nella
mia diocesi alcune parrocchie hanno sostituito il rosario con tre
letture bibliche e tre momenti di riflessione.
Certo
che anche un disco rotto può, come già avviene in epoca robotica,
“guidare il rosario”. E’ meno accessibile al disco o al robot
preparare una meditazione biblica. Ma perché anche piccoli passi
come questi non vengono promossi e avviati più diffusamente nelle
nostre parrocchie e comunità?
Franco
Barbero