lunedì 17 settembre 2018

Dio, Patria, denaro: quanto è ricca (e triste) la Chiesa di Varsavia

Che stagione vive la Chiesa cattolica polacca? Da quando nel 2017 è diventato primo ministro Mateusz Morawiecki, manager ed economista di non precisate capacità, nella patria di Wojtyla separare la politica dalla religione risulta un esercizio impossibile. In teoria, la Costituzione del 1997 si dichiara "neutrale", sin dal preambolo, considerando equivalenti "sia quelli che credono in Dio come sorgente di verità, giustizia, bene e bellezza, sia quelli che non condividono tale fede, ma rispettano quei valori universali che vengono da altre fonti, eguali nei diritti e negli obblighi verso il bene comune, la Polonia». Tuttavia, con le note e le postille sulle tradizione degli avi, la cultura millenaria e il senso della comunità, la stessa costituzione suggerisce un assioma già sperimentato nei catto-nazionalismi del secolo scorso: ciò che è cattolico è polacco, ciò che è polacco è cattolico. Nel 2016, sotto il premier Andrzej Duda, e dopo una mozione approvata dal Parlamento, una statua di Gesù Cristo è stata incoronata come "re della Polonia", sua madre, almeno quella raffigurata nell'icona conservata a Czestochowa, gode del titolo e della corona di "regina della Polonia" già dal 1655. Di suo, dopo la nomina (è stato cooptato dal capo partito Jaroslaw Kaczynski, dopo che aveva "ringraziato" la premier Beata Szydlo), Morawiecki ha avuto modo di esprimere a più riprese il desiderio di vedere, anche per suo merito, ri-cristianizzata l'Europa. E da questo ritorno al tradizionalismo in chiave nazionalista che il Paese sta vivendo la Chiesa cattolica ha guadagnato così tanto da essere considerata la più potente d'Europa, leader incontrastata dell'area che i germanici chiamavano mitteleuropäisch (mitteleuropea), più ricca e ramificata persino di quella tedesca. La sua fortuna però la deve alla Komisja Majatkowa, organismo creato nel 1989 dall'agonizzante governo comunista per placare le spinte sociali e politiche che percorrevano l'intera Polonia. La commissione deliberava sulla restituzione dei beni espropriati dal regime comunista e fini con restituire alla Chiesa 2.300 chilometri quadrati di terre, esentandola in perpetuo dal pagamento delle tasse e dichiarando irricevibile ogni contestazione sul titoli di proprietà. Le cronache polacche narrano di una Chiesa divenuta la più ricca speculatrice immobiliare del Paese. Quelle ecclesiali, la descrivono come una comunità con vescovi in lite continua tra loro, giovani massicciamente in fuga e una congrua dose di scandali sessuali vecchi e nuovi. Una Chiesa triste, oberata di ricchezze e povera di profezia, entrata nel declino generalizzato dell'Occidente cristiano.
Filippo di Giacomo

(Il Venerdì 24 agosto)