Eretico: dopo 150 anni santo
In effetti la congregazione fondata nel 1839 da Antonio Rosmini ha una storia abbastanza tormentata da giustificarne il carattere se non eretico certamente eterodosso nella Chiesa. Al punto che le affermazioni del sacerdote furono messe all'indice nel 1887, 35 anni dopo la sua morte che avvenne a Stresa nel 1855. Non piacquero in Vaticano le affermazioni contro il potere temporale dei Papi e per una maggiore democrazia interna alla Chiesa (ipotizzando addirittura l'elezione dei vescovi da parte dei fedeli) che erano contenute nel più noto dei suoi libri, «Delle 5 piaghe della Santa Chiesa». Fu necessario il Concilio Vaticano II per riabilitare - Rosmini. Il primo a parlare in favore del suo pensiero fu l'inviato al Concilio del Cardinale Lercaro, monsignor Luigi Bettazzi, futuro vescovo di Ivrea. «È di quegli anni - ricorda oggi don Muratore - la decisione di aprire il Centro internazionale di studi Rosminiani a Stresa. Fu una scelta che nacque nel clima nuovo che il Concilio aveva portato nella Chiesa, proprio alla vigilia di quello che sarebbe stato il cambiamento del '68». Che cosa rappresentò per voi rosminiani quel cambiamento?
«C'era una società che si trasformava. L'Italia contadina cedeva il passo a quella industriale, anche nella Chiesa le intuizioni profetiche di Rosmini cominciarono ad essere apprezzate». Ci sarebbe voluto ancora un lungo cammino e l'impegno di tre papi (Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) per eliminare la condanna vaticana e giungere alla beatificazione proclamata solennemente a Novara nel 2007. Fu necessario allestire un altare nel palasport per contenere i fedeli giunti da tutto il mondo. Ecco perché è tutto sommato coerente con la storia della congregazione la scelta di aprire, da domani a venerdì, il diciannovesimo corso dei Simposi Rosminiani su «Il '68, una rivoluzione dimenticata o da dimenticare'?». Studiosi e docenti animeranno la quattro giorni di studi aperta dalla prolusione di Giuseppe Lorizio, ordinario di teologia fondamentale alla Pontificia università lateranense. Tra gli interventi che si annunciano più interessanti quello dello svizzero Philippe Chenaux, titolare della cattedra di Storia della Chiesa, sempre alla Lateranense. Chenaux parlerà sul tema: «Paolo VI e il '68». Mercoledì sera, sempre a Stresa, i partecipanti al simposio assisteranno ad un concerto nel giardino di villa Ducale. Oggi i seguaci del sacerdote filosofo Rosmini hanno dovuto cedere progressivamente tutte le scuole che avevano istituito in Italia. Ma continuano la loro attività di studio e di promozione della cultura e della teologia. «Abbiamo offerto alle centinaia di giovani che anno dopo anno sono affluiti a Stresacontenuti che valgono ancora oggi. La storia ci ha dato ragione», conclude don Muratore.
Paolo Griseri
(la Repubblica 20 agosto)
In effetti la congregazione fondata nel 1839 da Antonio Rosmini ha una storia abbastanza tormentata da giustificarne il carattere se non eretico certamente eterodosso nella Chiesa. Al punto che le affermazioni del sacerdote furono messe all'indice nel 1887, 35 anni dopo la sua morte che avvenne a Stresa nel 1855. Non piacquero in Vaticano le affermazioni contro il potere temporale dei Papi e per una maggiore democrazia interna alla Chiesa (ipotizzando addirittura l'elezione dei vescovi da parte dei fedeli) che erano contenute nel più noto dei suoi libri, «Delle 5 piaghe della Santa Chiesa». Fu necessario il Concilio Vaticano II per riabilitare - Rosmini. Il primo a parlare in favore del suo pensiero fu l'inviato al Concilio del Cardinale Lercaro, monsignor Luigi Bettazzi, futuro vescovo di Ivrea. «È di quegli anni - ricorda oggi don Muratore - la decisione di aprire il Centro internazionale di studi Rosminiani a Stresa. Fu una scelta che nacque nel clima nuovo che il Concilio aveva portato nella Chiesa, proprio alla vigilia di quello che sarebbe stato il cambiamento del '68». Che cosa rappresentò per voi rosminiani quel cambiamento?
«C'era una società che si trasformava. L'Italia contadina cedeva il passo a quella industriale, anche nella Chiesa le intuizioni profetiche di Rosmini cominciarono ad essere apprezzate». Ci sarebbe voluto ancora un lungo cammino e l'impegno di tre papi (Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) per eliminare la condanna vaticana e giungere alla beatificazione proclamata solennemente a Novara nel 2007. Fu necessario allestire un altare nel palasport per contenere i fedeli giunti da tutto il mondo. Ecco perché è tutto sommato coerente con la storia della congregazione la scelta di aprire, da domani a venerdì, il diciannovesimo corso dei Simposi Rosminiani su «Il '68, una rivoluzione dimenticata o da dimenticare'?». Studiosi e docenti animeranno la quattro giorni di studi aperta dalla prolusione di Giuseppe Lorizio, ordinario di teologia fondamentale alla Pontificia università lateranense. Tra gli interventi che si annunciano più interessanti quello dello svizzero Philippe Chenaux, titolare della cattedra di Storia della Chiesa, sempre alla Lateranense. Chenaux parlerà sul tema: «Paolo VI e il '68». Mercoledì sera, sempre a Stresa, i partecipanti al simposio assisteranno ad un concerto nel giardino di villa Ducale. Oggi i seguaci del sacerdote filosofo Rosmini hanno dovuto cedere progressivamente tutte le scuole che avevano istituito in Italia. Ma continuano la loro attività di studio e di promozione della cultura e della teologia. «Abbiamo offerto alle centinaia di giovani che anno dopo anno sono affluiti a Stresacontenuti che valgono ancora oggi. La storia ci ha dato ragione», conclude don Muratore.
Paolo Griseri
(la Repubblica 20 agosto)