Ieri come oggi
Di fronte alla crisi della teologia, la Chiesa italiana ha preso, nei suoi pastori, una svolta draconiana: fare a meno della teologia, emarginare il dibattito. Ancora sul silenzio dei teologi cattolici italiani riguardo al caso Küng, Baget Bozzo scriveva:
Il silenzio dei teologi italiani. Ma il teologo italiano ha un impiego piuttosto stretto, è bloccatissimo. Non ha un vero spazio e nessuno gli chiede un compito veramente creativo, né i vescovi né i fedeli. Che comunità ha davanti? La comunità è tutta legata al culto della gerarchia. E quindi i nostri teologi non avendo nessun incoraggiamento finiscono col diventare uomini disinseriti, solitari. Anche per questo i nostri teologi non sono persone coraggiosissime, intrepidi, e quel poco che riescono a fare lo fanno a proprio rischio e pericolo. Sono molto ufficiali, ossessionati dalla ricerca di andare d'accordo ad ogni costo. E questo perché la chiesa, la educazione cattolica non incoraggiano lo spirito di indipendenza. Se ci fosse più spirito di indipendenza avremmo più teologia, anche col rischio di errori. Ma che importerebbe? La cosa peggiore infatti non sono gli errori: è l'ignavia, l'indifferenza.
(Da « Segno », Palermo, 1980).
«Il difficile cammino della libertà cristiana ci domanda di evitare due scogli opposti: la sacralizzazione o la demonizzazione dell'istituzione ecclesiastica. Si tratta piuttosto di una presenza capace di discernere... »
(F. BARBERO, da « Fede cristiana e istituzione ecclesiastica », ciclostilato, Pinerolo, 1979).
Di fronte alla crisi della teologia, la Chiesa italiana ha preso, nei suoi pastori, una svolta draconiana: fare a meno della teologia, emarginare il dibattito. Ancora sul silenzio dei teologi cattolici italiani riguardo al caso Küng, Baget Bozzo scriveva:
Il silenzio dei teologi italiani. Ma il teologo italiano ha un impiego piuttosto stretto, è bloccatissimo. Non ha un vero spazio e nessuno gli chiede un compito veramente creativo, né i vescovi né i fedeli. Che comunità ha davanti? La comunità è tutta legata al culto della gerarchia. E quindi i nostri teologi non avendo nessun incoraggiamento finiscono col diventare uomini disinseriti, solitari. Anche per questo i nostri teologi non sono persone coraggiosissime, intrepidi, e quel poco che riescono a fare lo fanno a proprio rischio e pericolo. Sono molto ufficiali, ossessionati dalla ricerca di andare d'accordo ad ogni costo. E questo perché la chiesa, la educazione cattolica non incoraggiano lo spirito di indipendenza. Se ci fosse più spirito di indipendenza avremmo più teologia, anche col rischio di errori. Ma che importerebbe? La cosa peggiore infatti non sono gli errori: è l'ignavia, l'indifferenza.
(Da « Segno », Palermo, 1980).
«Il difficile cammino della libertà cristiana ci domanda di evitare due scogli opposti: la sacralizzazione o la demonizzazione dell'istituzione ecclesiastica. Si tratta piuttosto di una presenza capace di discernere... »
(F. BARBERO, da « Fede cristiana e istituzione ecclesiastica », ciclostilato, Pinerolo, 1979).