Il primo grillino nella tana dei dem: "Ma alleati mai"
Alla festa dell'Unità di Ravenna Roberto Fico pare il figlio perduto: quello che parla la stessa lingua su immigrazione, beni comuni, sviluppo sostenibile, ma è ormai lontano, andato, dentro un'altra storia. E allora ogni applauso strappato sul caso Diciotti, sui migranti che sono persone con storie di disperazione e non numeri, su acqua pubblica e comunità da ascoltare, sono seguiti dalle urla di chi, dalle ultime file, dice forte: «E allora spiegalo a Conte», «Dillo a Salvini». O chiede provocando: «È d'accordo Di Maio?».
È un'accoglienza benigna, quella dei volontari e dei militanti pd nei confronti del presidente della Camera. Che infrange senza troppi clamori - e un reale desiderio di portare le istituzioni a dialogare con tutti - uno degli ultimi tabù del Movimento: mai alla festa di un altro partito. Mai mischiarsi, col rischio di essere omologati alla "vecchia politica", quella che Beppe Grillo ha giurato su ogni palco di voler distruggere.
Così al netto di una ventina di attivisti M5S arrivati da città vicine come Faenza, sono proprio i democratici ad applaudire le sue parole contro le politiche di Emmanuel Macron, in Libia come a Ventimiglia; è un giovane democratico con la tuta della Protezione civile a invitarlo a prendersi una birra, un giorno, «perché noi la stimiamo»; è un ventenne smilzo dagli occhi nerissimi a dirgli: «Complimenti presidente, ma mi raccomando; i fascisti no»; è Remo, pensionato in prima fila, a difendersi: «No no, non sono stato io a urlare 'vai via', a Fico gli voglio pure bene, era di sinistra». Mentre Domenico, accanto, corregge: «Ma Renzi è dieci spanne sopra, i 5 stelle con la Lega si stanno sputtanando, sono venuti su troppo in fretta, vivono di pubblicità».
I cuochi degli stand fanno a gara per fargli la pizza fritta, la piadina, lo gnocco. Ci sono calore e distanza insieme. Nessuno qui pensa che un'alleanza con i 5 stelle sia possibile, lo spiegano bene gli applausi a Graziano Delrio quando dice di apprezzare le prese di posizione di Fico, ma di veder bene come le cose non cambiano di una virgola: le politiche del governo restano di destra, pericolose - secondo l'ex ministro dei Trasporti - per il futuro del Paese.
Il presidente della Camera scambia sorrisi abbracci e selfie come fosse a casa, ma sa di non esserlo. Quando alcuni cominciano a contestare le sue parole, durante il dibattito, ferma chi li redarguisce e dice: «Comprendo, comprendo». Sa che non basta chiarire che a legare M5S e Lega non è un'alleanza, ma un contratto.
Annalisa Cuzzocrea
(la Repubblica 4 Settembre)
Alla festa dell'Unità di Ravenna Roberto Fico pare il figlio perduto: quello che parla la stessa lingua su immigrazione, beni comuni, sviluppo sostenibile, ma è ormai lontano, andato, dentro un'altra storia. E allora ogni applauso strappato sul caso Diciotti, sui migranti che sono persone con storie di disperazione e non numeri, su acqua pubblica e comunità da ascoltare, sono seguiti dalle urla di chi, dalle ultime file, dice forte: «E allora spiegalo a Conte», «Dillo a Salvini». O chiede provocando: «È d'accordo Di Maio?».
È un'accoglienza benigna, quella dei volontari e dei militanti pd nei confronti del presidente della Camera. Che infrange senza troppi clamori - e un reale desiderio di portare le istituzioni a dialogare con tutti - uno degli ultimi tabù del Movimento: mai alla festa di un altro partito. Mai mischiarsi, col rischio di essere omologati alla "vecchia politica", quella che Beppe Grillo ha giurato su ogni palco di voler distruggere.
Così al netto di una ventina di attivisti M5S arrivati da città vicine come Faenza, sono proprio i democratici ad applaudire le sue parole contro le politiche di Emmanuel Macron, in Libia come a Ventimiglia; è un giovane democratico con la tuta della Protezione civile a invitarlo a prendersi una birra, un giorno, «perché noi la stimiamo»; è un ventenne smilzo dagli occhi nerissimi a dirgli: «Complimenti presidente, ma mi raccomando; i fascisti no»; è Remo, pensionato in prima fila, a difendersi: «No no, non sono stato io a urlare 'vai via', a Fico gli voglio pure bene, era di sinistra». Mentre Domenico, accanto, corregge: «Ma Renzi è dieci spanne sopra, i 5 stelle con la Lega si stanno sputtanando, sono venuti su troppo in fretta, vivono di pubblicità».
I cuochi degli stand fanno a gara per fargli la pizza fritta, la piadina, lo gnocco. Ci sono calore e distanza insieme. Nessuno qui pensa che un'alleanza con i 5 stelle sia possibile, lo spiegano bene gli applausi a Graziano Delrio quando dice di apprezzare le prese di posizione di Fico, ma di veder bene come le cose non cambiano di una virgola: le politiche del governo restano di destra, pericolose - secondo l'ex ministro dei Trasporti - per il futuro del Paese.
Il presidente della Camera scambia sorrisi abbracci e selfie come fosse a casa, ma sa di non esserlo. Quando alcuni cominciano a contestare le sue parole, durante il dibattito, ferma chi li redarguisce e dice: «Comprendo, comprendo». Sa che non basta chiarire che a legare M5S e Lega non è un'alleanza, ma un contratto.
Annalisa Cuzzocrea
(la Repubblica 4 Settembre)