Un gruppo di detenuti del
carcere di Saluzzo ha deciso di scrivere ogni anno, a ridosso dell’8
settembre, una lettera aperta alla cittadinanza (*)
Siamo
un gruppo di detenuti del carcere Rodolfo Morandi di Saluzzo, che ha
deciso di prendersi l’impegno di inviare ogni anno ai giornali, a
ridosso dell’8 settembre, una lettera aperta alla
cittadinanza.
Così com’è difficile mantenere la propria parola
fuori dal carcere, doppiamente difficile lo è per noi, poiché nel
corso di un anno molte sono le cose che possono accadere: qualcuno di
noi potrebbe essere stato trasferito in un altro carcere o agli
arresti domiciliari; qualcuno potrebbe nel frattempo essere morto di
cancro; altri, finito di scontare la propria pena, potrebbero già
essere tornati in libertà.
Ma faremo di tutto per essere fedeli a
questo impegno; e sarà sufficiente che almeno due testate
giornalistiche pubblichino la nostra lettera per poter dimostrare di
aver mantenuto la promessa. Possiamo contare su Cascina Macondo,
l’associazione di Promozione Sociale che da anni ci tiene impegnati
con interessanti progetti e laboratori, e sarà sufficiente che
un’altra sola testata, una rivista, un telegiornale, una fanzine,
un blog, una pagina facebook, una sola, dia spazio a queste nostre
parole.
Ringraziamo sinceramente coloro che avranno voluto
accoglierci.
Ci teniamo a precisare che non parliamo a nome di
tutti i detenuti del carcere di Saluzzo, e nemmeno a nome di tutti i
detenuti delle carceri italiane.
Così come è vero che fuori
dalle mura, tra voi uomini liberi, ci sono mille teste e mille
opinioni, altrettanto vero lo è per noi. Quindi parliamo a nostro
nome, anche se supponiamo che molti potrebbero condividere i
contenuti di questa lettera e le nostre intenzioni.
Potevamo
scegliere, come periodo simbolico, i giorni a ridosso del Primo
Maggio, festa dei lavoratori, in quanto ci piace pensare che, pur se
ristretti, vorremo vestire il ruolo di “lavoratori per la
riconciliazione”.
Abbiamo invece scelto l’8 settembre,
ricorrenza della nascita della Beata Vergine Maria, ma soprattutto
giorno dell’armistizio e inizio della Resistenza.
Simbolicamente
ci è sembrato più appropriato, in quanto siamo detenuti che
pacificamente vogliono conquistarsi nuovi strumenti: la parola, la
filosofia, il diritto, la cultura, il dovere, l’istruzione.
Ma
fin qui è solo premessa.
Perché scrivere una lettera aperta alla
cittadinanza?
Semplicemente per esprimere a tutti voi che vivete
al di là delle mura, donne e uomini liberi, un pensiero che abbiamo
fatto nostro in questi anni di detenzione, di silenzio, di
riflessioni. Un pensiero che vuole essere un consiglio soprattutto
rivolto ai giovani, il seguente: “non fatevi mai giustizia da
soli”.
Ecco, ci tenevamo a dirlo che occorre resistere con ogni
mezzo alla tentazione di farsi giustizia da soli. È l’errore che
molti di noi hanno commesso.
Ci teniamo ad affermare questo
principio di cui ora siamo davvero consapevoli.
Malgrado a volte
lo Stato e le Istituzioni siano assenti, spesso latitanti, a volte
ottuse e impietose, a volte arroganti e prepotenti quanto lo siamo
stati noi in passato, malgrado questo, profondamente sentiamo di
poter affermare: “non fatevi mai giustizia da soli, perché
potreste scoprire un giorno che quella non era giustizia”.
Noi
abbiamo sbagliato e stiamo scontando la nostra pena.
A coloro che
ancora non hanno sbagliato,
a coloro che sono giunti al confine
con l’errore,
a coloro che pensano che non sbaglieranno
mai,
auguriamo di prendere in considerazione l’idea che noi, e
la nostra esperienza, possiamo essere una risorsa e non un rifiuto.
E
che anche noi siamo uno spicchio di quella stessa cittadinanza di cui
tutti facciamo parte.
E che un mondo migliore non solo lo
desiderano coloro che vivono liberi, ma anche coloro che vivono
rinchiusi tra le mura di un carcere.
Con
la speranza di essere di nuovo accolti qui l’anno prossimo
ringraziamo per lo spazio che ci è stato concesso
8
settembre 2018 – Carcere Rodolfo Morandi – Saluzzo
(*)
ripreso da http://www.cascinamacondo.com/
Così com’è difficile mantenere la propria parola fuori dal carcere, doppiamente difficile lo è per noi, poiché nel corso di un anno molte sono le cose che possono accadere: qualcuno di noi potrebbe essere stato trasferito in un altro carcere o agli arresti domiciliari; qualcuno potrebbe nel frattempo essere morto di cancro; altri, finito di scontare la propria pena, potrebbero già essere tornati in libertà.
Ma faremo di tutto per essere fedeli a questo impegno; e sarà sufficiente che almeno due testate giornalistiche pubblichino la nostra lettera per poter dimostrare di aver mantenuto la promessa. Possiamo contare su Cascina Macondo, l’associazione di Promozione Sociale che da anni ci tiene impegnati con interessanti progetti e laboratori, e sarà sufficiente che un’altra sola testata, una rivista, un telegiornale, una fanzine, un blog, una pagina facebook, una sola, dia spazio a queste nostre parole.
Ringraziamo sinceramente coloro che avranno voluto accoglierci.
Ci teniamo a precisare che non parliamo a nome di tutti i detenuti del carcere di Saluzzo, e nemmeno a nome di tutti i detenuti delle carceri italiane.
Così come è vero che fuori dalle mura, tra voi uomini liberi, ci sono mille teste e mille opinioni, altrettanto vero lo è per noi. Quindi parliamo a nostro nome, anche se supponiamo che molti potrebbero condividere i contenuti di questa lettera e le nostre intenzioni.
Potevamo scegliere, come periodo simbolico, i giorni a ridosso del Primo Maggio, festa dei lavoratori, in quanto ci piace pensare che, pur se ristretti, vorremo vestire il ruolo di “lavoratori per la riconciliazione”.
Abbiamo invece scelto l’8 settembre, ricorrenza della nascita della Beata Vergine Maria, ma soprattutto giorno dell’armistizio e inizio della Resistenza.
Simbolicamente ci è sembrato più appropriato, in quanto siamo detenuti che pacificamente vogliono conquistarsi nuovi strumenti: la parola, la filosofia, il diritto, la cultura, il dovere, l’istruzione.
Ma fin qui è solo premessa.
Perché scrivere una lettera aperta alla cittadinanza?
Semplicemente per esprimere a tutti voi che vivete al di là delle mura, donne e uomini liberi, un pensiero che abbiamo fatto nostro in questi anni di detenzione, di silenzio, di riflessioni. Un pensiero che vuole essere un consiglio soprattutto rivolto ai giovani, il seguente: “non fatevi mai giustizia da soli”.
Ecco, ci tenevamo a dirlo che occorre resistere con ogni mezzo alla tentazione di farsi giustizia da soli. È l’errore che molti di noi hanno commesso.
Ci teniamo ad affermare questo principio di cui ora siamo davvero consapevoli.
Malgrado a volte lo Stato e le Istituzioni siano assenti, spesso latitanti, a volte ottuse e impietose, a volte arroganti e prepotenti quanto lo siamo stati noi in passato, malgrado questo, profondamente sentiamo di poter affermare: “non fatevi mai giustizia da soli, perché potreste scoprire un giorno che quella non era giustizia”.
Noi abbiamo sbagliato e stiamo scontando la nostra pena.
A coloro che ancora non hanno sbagliato,
a coloro che sono giunti al confine con l’errore,
a coloro che pensano che non sbaglieranno mai,
auguriamo di prendere in considerazione l’idea che noi, e la nostra esperienza, possiamo essere una risorsa e non un rifiuto.
E che anche noi siamo uno spicchio di quella stessa cittadinanza di cui tutti facciamo parte.
E che un mondo migliore non solo lo desiderano coloro che vivono liberi, ma anche coloro che vivono rinchiusi tra le mura di un carcere.