Rinnovamento delle celebrazioni sacramentali
"L'adeguatezza dei segni sacramentali, come del linguaggio nasce dall'aderenza alla realtà e alla storia. Gesù ha usato gesti esistenti all'interno della sua società, non li ha attinti da repertori archeologici o da intuizioni metastoriche, ha compiuto i gesti del momento, non possono, perciò, non essere relativi. Essi «appartenevano a un certo tipo di uomo, o a un certo tipo di società e quindi di una determinata risonanza» (14). Quel che accorre chiedersi è se la risonanza del gesto di Cristo o della comunità delle origini sussiste ancora in tutti i segni da loro istituiti, se cioè continuano a fungere da adeguato mezzo di comunione ecclesiale.
I segni di Gesù o della chiesa può darsi che lungo i secoli non dicano molto o non dicano più nulla a coloro che vivono in un contesto sociale lontano e diverso, per questo si impone la necessità, l'urgenza di rinnovarli, di cambiali. I riti non sono un assoluto ma un mezzo contingente di rapporto comunitario. È il linguaggio gestuale del popolo di Dio in quanto società; appartengono quindi alla comunità cristiana che esprime il suo radicale rapporto con Dio (l'assoluto) attraverso modi e parole che appartengono alla sua situazione temporale e temporanea (quindi relativa).
Il credente che si esprime con un linguaggio che nonostante la pomposità o sontuosità non sembra far troppo presa sugli spettatori di oggi, perché non è sostenuto da adeguati comportamenti pratici, ma anche perché spesso è troppo lontano, misterioso, inattuale.
La storia offre esempi di linguaggio gestuale, attuali, moderni, convincenti. Le proteste sindacali, le manifestazioni operaie, gli scioperi additano forme di comunione concrete, vissute, incontestabili. Se la liturgia e la prassi sacramentale non arrivano a questa concretezza, espressività, forza non servono forse a rinnovare la comunità e a mutare il corso della storia. Bisogna reinventare i segni, sceglierli adatti al momento, per l'uomo d'oggi che vive la stessa fede e solidarietà umana di una volta, ma in un modo nuovo, sempre più fuori che dentro il tempio o recinto sacro. È inutile imbandire per lui celebrazioni o riti in un luogo in cui egli più non accede e in sua vece ha ormai sacralizzato il campo della sua attività professionale, ricreativa, o il suo posto di lavoro.
La rinnovazione dei riti sacramentali non è il compito più grave che la comunità credente è chiamata ad assolvere, ma è anche un aspetto che non è opportuno trascurare. I sacramenti sono il linguaggio visibile, sociale della fede, se non è adeguato, la comunità prende più difficilmente e più imperfettamente coscienza di se stessa e dei suoi impegni evangelici."
Ortensio da Spinetoli, La conversione della Chiesa, Cittadella 1975.
"L'adeguatezza dei segni sacramentali, come del linguaggio nasce dall'aderenza alla realtà e alla storia. Gesù ha usato gesti esistenti all'interno della sua società, non li ha attinti da repertori archeologici o da intuizioni metastoriche, ha compiuto i gesti del momento, non possono, perciò, non essere relativi. Essi «appartenevano a un certo tipo di uomo, o a un certo tipo di società e quindi di una determinata risonanza» (14). Quel che accorre chiedersi è se la risonanza del gesto di Cristo o della comunità delle origini sussiste ancora in tutti i segni da loro istituiti, se cioè continuano a fungere da adeguato mezzo di comunione ecclesiale.
I segni di Gesù o della chiesa può darsi che lungo i secoli non dicano molto o non dicano più nulla a coloro che vivono in un contesto sociale lontano e diverso, per questo si impone la necessità, l'urgenza di rinnovarli, di cambiali. I riti non sono un assoluto ma un mezzo contingente di rapporto comunitario. È il linguaggio gestuale del popolo di Dio in quanto società; appartengono quindi alla comunità cristiana che esprime il suo radicale rapporto con Dio (l'assoluto) attraverso modi e parole che appartengono alla sua situazione temporale e temporanea (quindi relativa).
Il credente che si esprime con un linguaggio che nonostante la pomposità o sontuosità non sembra far troppo presa sugli spettatori di oggi, perché non è sostenuto da adeguati comportamenti pratici, ma anche perché spesso è troppo lontano, misterioso, inattuale.
La storia offre esempi di linguaggio gestuale, attuali, moderni, convincenti. Le proteste sindacali, le manifestazioni operaie, gli scioperi additano forme di comunione concrete, vissute, incontestabili. Se la liturgia e la prassi sacramentale non arrivano a questa concretezza, espressività, forza non servono forse a rinnovare la comunità e a mutare il corso della storia. Bisogna reinventare i segni, sceglierli adatti al momento, per l'uomo d'oggi che vive la stessa fede e solidarietà umana di una volta, ma in un modo nuovo, sempre più fuori che dentro il tempio o recinto sacro. È inutile imbandire per lui celebrazioni o riti in un luogo in cui egli più non accede e in sua vece ha ormai sacralizzato il campo della sua attività professionale, ricreativa, o il suo posto di lavoro.
La rinnovazione dei riti sacramentali non è il compito più grave che la comunità credente è chiamata ad assolvere, ma è anche un aspetto che non è opportuno trascurare. I sacramenti sono il linguaggio visibile, sociale della fede, se non è adeguato, la comunità prende più difficilmente e più imperfettamente coscienza di se stessa e dei suoi impegni evangelici."
Ortensio da Spinetoli, La conversione della Chiesa, Cittadella 1975.