A Tokyo il boia è popolare anche se nessuno sa chi è
C'è modo e modo di arrotondare lo stipendio. Uno insolito e tragico è quello delle guardie carcerarie giapponesi, che trovano nella busta paga un bonus di 20 mila yen (170 euro) per ogni esecuzione capitale portata a termine. In Giappone vige la pena di morte per impiccagione. Ma non c'è un boia di Stato. Il lavoro non gli mancherebbe. Sono 110 i cittadini che attualmente languono nel braccio della morte in attesa del fatidico giorno in cui la porta della loro cella si aprirà per l'ultima volta. Un inserviente porge al condannato uno scarno menu per il suo ultimo pasto. Viene quindi bendato e sospinto verso il patibolo, mani e piedi incatenati. Poi varca la soglia della stanza dell'esecuzione, gli viene messa la corda al collo ed è posizionato al centro di una botola. Per ogni impiccagione vengono sorteggiati 5 o 6 camerieri che a un segnale premono simultaneamente ciascuno un pulsante. Uno solo dei pulsami spalanca la botola sotto i piedi del condannato. Così ognuno degli esecutori può sperare di non essere stato lui "il boia". In Giappone i condannati alla pena capitale non conoscono la data dell'esecuzione che può aver luogo dopo mesi e spesso anni di straziante attesa dietro le sbarre. I famigliari apprendono dell'avvenuto decesso quando ricevono l'invito a ritirare dal più vicino ufficio postale un pacco con le ceneri del loro congiunto.
La stragrande maggioranza dei giapponesi (circa l'85 per cento) è a favore della pena di morte, anche per i minorenni. Lo sono sia i conservatori sia i progressisti. A luglio sono stati giustiziati 7 membri della setta terroristica Aum Shinrikyo, responsabili della strage nella metro di Tokyo del 1995. Il premier revanscista Shinzo Abe e il ministro della giustizia Itsunori Onodera si sono fatti fotografare assieme, sorridenti a un euforico party, poche ore prima della firma che dava luce verde all'esecuzione.
Silvio Piersanti
(Il Venerdì 5 ottobre 2018)
C'è modo e modo di arrotondare lo stipendio. Uno insolito e tragico è quello delle guardie carcerarie giapponesi, che trovano nella busta paga un bonus di 20 mila yen (170 euro) per ogni esecuzione capitale portata a termine. In Giappone vige la pena di morte per impiccagione. Ma non c'è un boia di Stato. Il lavoro non gli mancherebbe. Sono 110 i cittadini che attualmente languono nel braccio della morte in attesa del fatidico giorno in cui la porta della loro cella si aprirà per l'ultima volta. Un inserviente porge al condannato uno scarno menu per il suo ultimo pasto. Viene quindi bendato e sospinto verso il patibolo, mani e piedi incatenati. Poi varca la soglia della stanza dell'esecuzione, gli viene messa la corda al collo ed è posizionato al centro di una botola. Per ogni impiccagione vengono sorteggiati 5 o 6 camerieri che a un segnale premono simultaneamente ciascuno un pulsante. Uno solo dei pulsami spalanca la botola sotto i piedi del condannato. Così ognuno degli esecutori può sperare di non essere stato lui "il boia". In Giappone i condannati alla pena capitale non conoscono la data dell'esecuzione che può aver luogo dopo mesi e spesso anni di straziante attesa dietro le sbarre. I famigliari apprendono dell'avvenuto decesso quando ricevono l'invito a ritirare dal più vicino ufficio postale un pacco con le ceneri del loro congiunto.
La stragrande maggioranza dei giapponesi (circa l'85 per cento) è a favore della pena di morte, anche per i minorenni. Lo sono sia i conservatori sia i progressisti. A luglio sono stati giustiziati 7 membri della setta terroristica Aum Shinrikyo, responsabili della strage nella metro di Tokyo del 1995. Il premier revanscista Shinzo Abe e il ministro della giustizia Itsunori Onodera si sono fatti fotografare assieme, sorridenti a un euforico party, poche ore prima della firma che dava luce verde all'esecuzione.
Silvio Piersanti
(Il Venerdì 5 ottobre 2018)