sabato 20 ottobre 2018

CONCLUSIONE  su Esdra e Neemia

I libri che portano il nome dei due grandi riformatori del postesilio, Esdra e Neemia, si distaccano notevolmente dall'opera cronistica perché, pur avendo lo stesso interesse per il tempio, spostano l'accento sulla legge di Mosè, che rappresenta il secondo dei due grandi pilastri su cui si costruisce il giudaismo postesilico. La legittimazione della comunità che si raccoglie intorno al tempio non è quindi più cercata nelle istituzioni davidiche, ma nell'osservanza fedele delle norme contenute nel grande e complesso mosaico messo a punto dalla scuola sacerdotale. Non per nulla l'opera dei due grandi riformatori del postesilio culmina non nella costruzione del tempio ma nella solenne lettura della legge promossa appunto da Esdra.
In sintonia con la tradizione deuteronomistica, la causa  della tragedia che ha colpito il popolo giudaico è identificata proprio nella trasgressione della legge di Mosè. Di riflesso appare chiaro che solo la fedele osservanza di tutti i precetti garantirà ai rimpatriati la possibilità di rimanere nella città santa e di offrire il culto al Dio del cielo. Questo modo di pensare, divenuto dominante dopo l'esilio, viene introdotto da Neemia e soprattutto dallo scriba e sacerdote Esdra, secondo i quali solo l'osservanza rigida e meticolosa di tutte le prescrizioni mosaiche potrà salvare il popolo giudaico da una nuova e più grave catastrofe. In questo senso la loro opera è veramente importante, perché dà un senso e uno scopo ai sacrifici e alle lotte dei rimpatriati, ma al tempo stesso rischia di far dimenticare in pratica, anche se non in teoria, che la salvezza è un dono di Dio e la possibilità stessa di essergli fedeli deriva unicamente da lui, come avevano sottolineato gli strati più recenti del Deuteronomio, influenzati dai profeti dell'esilio.
La separazione delle donne dalle donne straniere, richiesta con tanta forza da Neemia e soprattutto da Esdra, mette in luce come l'osservanza della legge venisse vista soprattutto in funzione di una separazione radicale dalle popolazioni circonvicine; essa si fa strada anche in altri settori, primo di tutti la collaborazione per la ricostruzione del tempio e delle mura di Gerusalemme. È proprio, infatti, del postesilio il radicalizzarsi del contrasto con i gentili e la sottolineatura di tutte le norme che potevano contribuire alla separazione da essi. In questo periodo assume un'importanza determinante la pratica della circoncisione e delle norme alimentari e rituali, che originariamente avevano solo un ruolo secondario nella religione israelitica. In questo nuovo contesto storico i grandi valori che erano emersi nell'esodo dall'Egitto rischiano di naufragare nella preoccupazione ossessiva di norme ritenute ormai valide in se stesse, anche quando non se ne capiscono più l'origine e la motivazione.
Accanto all'importanza della legge scritta, i libri di Esdra e Neemia mettono in luce la nascita di una categoria nuova di guide religiose, gli scribi, che non necessariamente appartengono alla casta sacerdotale; a essi è riconosciuto un potere diretto sulle coscienze, in quanto interpreti della legge nel contesto di nuove situazioni di vita nelle quali si ritiene che la legge stessa debba dire una parola definitiva. Il ruolo degli scribi, anche se non riuscirà mai a soppiantare del tutto l'emergere di figure profetiche, tende essenzialmente a ridurne l'importanza, perché l'irrompere diretto e immediato della parola di Dio sulla bocca di un suo inviato diventa superfluo di fronte al fatto che essa, nella sua totalità, è ormai nelle mani degli scribi, i quali non devono far altro che applicarla a sempre nuove situazioni.
In quel questo contesto di vita e di pensiero l'attesa messianica non trova grandi spazi in cui svilupparsi: il vero messia diventa la legge stessa, la cui pratica comporta per tutti i giudei una garanzia assoluta di salvezza. Ma proprio questa chiusura verso la parola viva di Dio e verso un futuro ricco di speranza darà adito, per reazione, all'insorgere di forti attese apocalittiche, nel cui contesto la salvezza è attribuita a un imminente intervento divino mediante un personaggio da lui inviato, che prenderà il nome di «Figlio dell'uomo».
Alessandro Sacchi, I libri storici, Edizioni Paoline, pagine 382-382