Cinquanta'anni per avere l'acqua, Reggio festeggia la fine della sete
Basta
serbatoi sui tetti, bacinelle in casa, taniche di riserva e docce a
cronometro. Fine dei consumi record di acqua minerale per sostituire
quella salata ed inutilizzabile che viene giù dai rubinetti. Ci sono
voluti 50 anni, ma anche a Reggio Calabria la grande sete è finita. Da
ieri, l'acqua della Diga sul Menta, fiumara incastrata fra le montagne
aspromontane, arriva in città e sulla riva calabrese dello Stretto
sembra quasi una rivoluzione. Poco importa se il vento di scirocco
spazza le strade o le piogge torrenziali le allagano. Quando da una
delle fontane di Reggio ricomincia a sgorgare l'acqua, è festa:" Ha
smesso di funzionare quando ero giovane", dice l'ultraottuagenaria
signora Pina, residente storica del quartiere San Paolo, arrivata
diligente con la sua bottiglietta nonostante la bufera in corso, per
provare l'acqua del sindaco.
Soddisfatto
come se avesse vinto alla lotteria il proprietario del bar accanto alla
chiesa:"Adesso non dovrò più chiudere il locale perché non c'è acqua
per far funzionare i bagni".
Ma sono in tanti i reggini pronti a mettersi in fila alla fontana. Perché in
città è da troppo tempo che non si può fare. Costruita su sette
fiumare, Reggio per mezzo secolo ha sofferto la sete. Colpa di una crisi
idrica strutturale e di pozzi costruiti sulla costa e che in fretta il
mare si è ripreso, contaminando l'acqua e obbligando le amministrazioni a
costosi processi di desalinizzazione e a usare pompe di sollevamento
per alimentare l'acquedotto. Risultato: costi e tributi alle stelle,
acqua di pessima qualità e spesso
mancante per i continui guasti. Per risolvere il problema già negli
anni 60 si era pensato di far ricorso all'acqua del vicino Aspromonte e
nel '69 il piano è stato approvato. Ma è stato necessario aspettare
ancora 10 anni per il via libera del Consiglio dei Lavori pubblici,
altri 5 per la posa della prima pietra, poi 20 per il completamento
dell'invaso, altri decenni per le condotte. In mezzo progettazioni,
varianti, sprechi, controversie con le ditte, rifinanziamenti che hanno
fatto lievitare i costi dai 56 miliardi di lire messi da Cassa depositi e
prestiti agli attuali 250 milioni di euro. Gli ultimi 25 li ha messi
cinque anni fa la regione, poco dopo l'elezione del governatore
Mario Olivero.
Alessia Candito, La Repubblica 29/10/18