Newsletter n. 121 del 13 novembre 2018
POVERTÀ E LIBERAZIONE
Care amiche ed amici,
"il grido del povero" è il messaggio di papa Francesco
per la II giornata mondiale dei poveri che si celebra domenica
prossima, 18 novembre. Celebrare non è la parola adatta, perché si
tratta piuttosto di gridare sui tetti la condizione angosciata dei
poveri che tutto il sistema di potere tende oggi ad occultare e
rimuovere. E' appunto al grido dei poveri che fa eco il messaggio del
papa, pubblicato già il 13 giugno scorso ma che è bene ora riprendere in
mano. Colpisce che nel riproporre la questione della povertà e nel
promuovere un'azione, anche della Chiesa, per alleviarla, il papa non si
rifugi in alcuna spiritualizzazione o mistica della povertà, ma la
denunci come frutto di ingiustizia, avidità ed egoismo; il povero grida
non solo perché è privo di mezzi, ma perché è scacciato, scartato,
umiliato, naufrago, e addirittura fronteggiato, se si mette in marcia,
da eserciti in armi. Perciò la risposta che è di Dio ma dovrebbe essere
anche del mondo e della Chiesa, non è quella di arricchirlo, ma ancor
più di liberarlo. Certo gli ci vuole un reddito (e un lavoro, una casa,
gli strumenti per produrre beni e dignità) ma deve essere un reddito di
liberazione perché la povertà, dice il papa, è una prigionia. E proprio
questa sembra la novità più significativa di questo messaggio di
Francesco, l'aver messo in contraddizione nella condizione del povero
non la povertà e la ricchezza ma la prigionia e la liberazione.
Si è svolto a Camaldoli, dal 1 al 4 novembre scorso, il colloquio "Oggi
la parola" sul tema "Abitare il futuro". Questo futuro si è mostrato
come un futuro tutto posseduto e determinato dalla tecnica, su un
precipizio di ignoto che oggi è perfino impossibile immaginare. In gioco
c'è infatti la produzione di robot che simulano l'uomo e vorrebbero
essere più prestanti di lui, c'è l'intelligenza artificiale che si
pretende più performante dell'umana, e un uomo "potenziato" oltre i suoi
limiti, non solo per curarne le malattie ma per fargli battere ogni
record in sempre nuove conquiste; e ciò non solo a valere per i viventi
di oggi ma, attraverso l'ingegneria genetica tale da modificare anche le
generazioni future. Di grande interesse le informazioni che sono state
fornite, ma anche di grande ambivalenza e allarme le conclusioni che se
ne possono trarre. Come diceva un documento del 2008 della Congregazione
per la dottrina della fede, "Dignitas personae" c'è il rischio che tali
manipolazioni, genetiche e cibernetiche, volte al potenziamento della
specie umana, introducano "un indiretto stigma sociale nei confronti di
coloro che non possiedono particolari doti" e che enfatizzino "doti
apprezzate da determinate culture e società, che non costituiscono di
per sé lo specifico umano", ciò che contrasta "con la verità
fondamentale dell'uguaglianza fra tutti gli essere umani, che si traduce
nel principio di giustizia, la cui violazione, alla lunga, finirebbe
per attentare alla convivenza pacifica tra gli individui". La vera
domanda è che idea ci sia di questo uomo che si vuole oltrepasssare.
Di questi materiali forniamo nel sito www.chiesadituttichiesadeipoveri.it una preziosa relazione di Daniela Turato sull'"enhancement" o potenziamento dell'umano, e un link a una riflessione del prof. Paolo Bettiolo che ha evocato una pagina dell'Apocalisse.
Nel contesto del colloquio c'è stata anche una relazione di Raniero La Valle sul camaldolese padre Benedetto Calati,
basata su fonti inedite. Nella ricostruzione del suo itinerario e della
sua testimonianza monastica è emersa forse la maggiore riserva che si
può fare al progettato uomo artificiale: che esso è pensato né uomo né
donna, neutro e asessuato, e perciò del tutto opposto all'uomo che,
come risulta dal racconto della Genesi, Dio ha pensato come maschio e
femmina, "due in una carne sola".
Con i più cordiali saluti
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it |
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