La
notizia è eclatante: la Corte di giustizia europea ha deliberato che
lo Stato italiano deve incassare l’ici, tassa dalla quale gli
edifici della Chiesa erano esentati fino al 2011, considerando la
mancata riscossione un aiuto di Stato proibito dai trattati europei.
Sono state così annullate una decisione della Commissione del
2012 e la successiva sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano
invece sancito ”l'impossibilità di recupero dell'aiuto a causa di
difficoltà organizzative“ nei confronti degli enti non
commerciali, come scuole, cliniche e alberghi.
La
vicenda ha avuto origine da un ricorso presentato nel 2013 dalla
scuola privata Montessori che contestava, appunto, la decisione della
Commissione. la Corte di giustizia, puntualizzando come che i
ricorrenti fossero situati ”in prossimità immediata di enti
ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe“ e
dunque l'esenzione Ici li poneva ”in una situazione concorrenziale
sfavorevole (...) e falsata“, ha deciso che le difficoltà
organizzative dello Stato Italiano non lo esimono dal richiedere il
pagamento dei mancati incassi.
L'equiparazione
di benefici fiscali ad aiuti di Stato illeciti È una costante della
giurisprudenza europea, basti pensare alla recente sentenza Apple che
ha imposto all’Irlanda di recuperare ben 14 miliardi di imposte.
Il
problema che ora dobbiamo porci riguarda le conseguenze di tale
provvedimento nei confronti delle scuole paritarie cattoliche (gli
altri enti hanno una situazione simile ma non svolgono un servizio
pubblico diffuso come gli istituti scolastici). Si parla
infatti potenzialmente di versare miliardi di euro, il che potrebbe
portare alla di molte di esse. Ebbene, qui non si tratta di essere a
favore o meno delle scuole confessionali, ma di riconoscere il
rilevante servizio pubblico svolto dagli istituti paritari, i quali,
per essere accreditati, devono sottostare a un sistema pubblico di
controlli e verifiche. Invero, per l'età prescolare, senza
asili nido privati centinaia di migliaia di famiglie non saprebbero
dove sbattere la testa e i circa 900 mila alunni che frequentano le
paritarie costano allo stato 550 euro ciascuno (l'attuale dotazione
pubblica è di circa 500 milioni, sebbene alcune regioni aggiungano
ulteriori contributi) mentre la spesa pro capite per gli
scolari degli istituti pubblici è di seimila euro. Se domani tutte
le scuole paritarie cattoliche chiudessero è ovvio che le casse
pubbliche avrebbero un aggravio di vari miliardi di euro all'anno.
Ebbene,
da questa decisione della Corte di giustizia potrebbe scaturire
l'occasione di riconsiderare l'approccio del nostro Paese all'offerta
formativa. Senza naturalmente distinzione tra istituti
religiosi e laici, il governo potrebbe cominciare a ragionare sul
fatto che se, ad esempio, assegnasse borse da tremila euro a ciascun
studente da poter spendere in collegi paritari e questo raddoppiasse
il loro numero di alunni. non ci sarebbero ”oneri aggiuntivi per lo
stato“, grazie ai risparmi di spesa per la scuola statale (
ovviamente ci sono economie e diseconomie di scala da considerare, ma
si tratta di un esempio illustrativo).
Non
solo, concorrenza tra scuole significa maggiore innovazione, sforzo
di migliorarsi e riconoscimento concreto che tra le libertà
personali fondamentali, esiste anche la libertà educativa, pure
all'interno di linee guida, controlli e curriculum scolastici
approvati dallo Stato.
L'urgenza
di evitare la chiusura di centinaia di scuole potrebbe trasformarsi
insomma in opportunità di miglioramento del nostro sistema
scolastico compatibilmente con i vincoli di bilancio. Staremo a
vedere.
la Repubblica 7/11/ 2018 Alessandro
De Nicola