Oltre l'indifferenza, contro ogni forma di razzismo, per l'ospitalità
1. Nessuna persona, che abbia a cuore i valori morali della santità della vita e della pacifica, se non pacificata, convivenza umana, può restare insensibile e indifferente davanti ai drammi che l'emigrazione comporta. Possiamo discettare all'infinito sulle cause passate e sugli scenari futuri, ma è un fatto che oggi centinaia di migliaia di persone emigrano dai loro paesi, spesso come famiglie con anziani e bimbi piccoli, per sfuggire la fame e la violenza, e tutte le disgrazie che a miseria e guerre conseguono. Da sempre gli esseri umani emigrano, e oggi, nella zona più ricca e fortunata del mondo, siamo posti dinanzi a una scelta non semplice ma chiara: o respingiamo e ci chiudiamo nel recinto di un egoismo smemorato (solo ieri eravamo noi a emigrare: i nostri nonni, i nostri compaesani...); oppure accogliamo, con accortezza certo e tutti gli strumenti della legalità e di concerto con gli altri paesi europei (almeno con quelli che condividono la diagnosi del problema), e offriamo ospitalità. Del resto, se non accettiamo e governiamo il fenomeno, non ci resterà che subirlo, il che è peggio. Se ciò vale per ogni persona che abbia senno e valori morali, tanto più vale per le coscienze di ebrei e cristiani, la cui fede insegna: Ani gher ba-aretz, Io sono straniero sulla terra, parole poste sulle labbra di Dio; ero forestiero e mi avete ospitato, affamato e mi avete nutrito, nudo e mi avete vestito... così suonano i criteri del giudizio divino: la santità non si misura sul numero di preghiere recitate ma sulla giustizia e sull'accoglienza riservate al povero, allo straniero, al senza patria e senza diritti.
Studi, Fatti, Ricerche - settembre 2018
1. Nessuna persona, che abbia a cuore i valori morali della santità della vita e della pacifica, se non pacificata, convivenza umana, può restare insensibile e indifferente davanti ai drammi che l'emigrazione comporta. Possiamo discettare all'infinito sulle cause passate e sugli scenari futuri, ma è un fatto che oggi centinaia di migliaia di persone emigrano dai loro paesi, spesso come famiglie con anziani e bimbi piccoli, per sfuggire la fame e la violenza, e tutte le disgrazie che a miseria e guerre conseguono. Da sempre gli esseri umani emigrano, e oggi, nella zona più ricca e fortunata del mondo, siamo posti dinanzi a una scelta non semplice ma chiara: o respingiamo e ci chiudiamo nel recinto di un egoismo smemorato (solo ieri eravamo noi a emigrare: i nostri nonni, i nostri compaesani...); oppure accogliamo, con accortezza certo e tutti gli strumenti della legalità e di concerto con gli altri paesi europei (almeno con quelli che condividono la diagnosi del problema), e offriamo ospitalità. Del resto, se non accettiamo e governiamo il fenomeno, non ci resterà che subirlo, il che è peggio. Se ciò vale per ogni persona che abbia senno e valori morali, tanto più vale per le coscienze di ebrei e cristiani, la cui fede insegna: Ani gher ba-aretz, Io sono straniero sulla terra, parole poste sulle labbra di Dio; ero forestiero e mi avete ospitato, affamato e mi avete nutrito, nudo e mi avete vestito... così suonano i criteri del giudizio divino: la santità non si misura sul numero di preghiere recitate ma sulla giustizia e sull'accoglienza riservate al povero, allo straniero, al senza patria e senza diritti.
Studi, Fatti, Ricerche - settembre 2018