mercoledì 23 gennaio 2019

COMMENTO AL BRANO DEL VANGELO DI LUCA PER DOMENICA 27 GENNAIO

La Parola che dà fondamento alla vita
1, 1Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
4, 14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
18Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
19a proclamare l'anno di grazia del Signore.

20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

 La pagina che oggi la liturgia ci propone è tratta dal Vangelo di Luca con l’accostamento di due piccole sezioni testuali. Nella prima (1,1-4) Luca spiega l’intento del suo scritto. Nella sezione 4,14-21  ci presenta Gesù nella sinagoga di Nazareth dove incontra (versetti 22-30) una durissima opposizione. Per questo la lettura andrebbe  proseguita fino al versetto 30. 
Coglierò due riflessioni che, in una lettura rigorosa dei testi, mi sembrano emergere.

Qualcosa di consistente, affidabile
I primi 4 versetti costituiscono un prologo in cui emerge soprattutto l’intenzione dell’evangelista. Egli ha cercato, secondo i criteri e le modalità del suo tempo, di ricondurci alle vicende delle origini, ma con un’ottica storiografica particolare il cui scopo ultimo era di condurre il lettore a riconoscere “la solidità delle parole circa le quali è stato istruito”.
Il vocabolo greco "asfaleia" che Luca usa per indicare  la solidità è davvero ricco di significato: indica qualcosa che non si sfalda, che è saldo, incrollabile, consistente, totalmente affidabile.
 Per l’evangelista l’annuncio del Vangelo, la prassi di Gesù, la strada che il nazareno ha percorso costituiscono la pietra salda ed infrangibile su cui fondare la propria vita.
Per Luca “la solidità delle parole” non significa la proclamazione di certezze granitiche, di rigidi dogmi. La sua parola non allude ad un enunciato dottrinale. Si tratta di un messaggio sul quale merita scommettere, della pietra angolare su cui fondare la propria vita. 
Luca vuole chiudere la porta ad ogni fraintendimento. Non si tratta di qualche allettante novità, di qualche notizia stravagante o di una delle ultime “trovate” per gli spiriti curiosi.
L’evangelista lo dice chiaro e tondo: qui tu puoi trovare la pietra di fondamento della tua vita. 
Egli parla per esperienza personale e comunitaria: Gesù, la sua vita  e il suo messaggio, hanno costituito la “base”, la proposta che ha retto nel tempo, che ha dimostrato la sua permanente validità. Lo dice e lo ripete anche per esortare la sua comunità. Luca che, come Paolo, conosce il mondo delle infinite chiacchiere oziose di mille e mille venditori di fumo e di “piatti salvifici” illusori, pone il vangelo di Gesù decisamente ad un altro livello.

Una riflessione più che attuale
Mi sembra che la riflessione di Luca non abbia per nulla perso di vigore e di attualità. Oggi più che mai è importante saper riconoscere la distanza che intercorre tra le mille parole insipienti, vuote e seducenti che riempiono le comunicazioni, i video, le pubblicità e la Parola che indica la strada della vita autentica.
C’è da esserne stomacati. La parola religiosa è diventata retorica dottrinaria e moralistica. La parola televisiva è diventata arroganza, vuoto, prevaricazione, assenza di pensiero. La chiacchiera ha preso il posto della riflessione, l’urlo ha soppiantato il dialogo, lo spettacolo ha eliminato il confronto, lo slogan ha vinto sull’approfondimento, la battuta ha sostituito l’argomentazione. Potremmo dire che le parole non parlano più!

Ci riguarda
Anche noi cristiani troppo spesso corriamo dietro al mercatino religioso devozionalistico dei santi, delle madonne, delle sindoni, delle apparizioni anziché ancorare la nostra fede nella "solidità" del messaggio biblico.
Così meritiamo il rimprovero che Paolo rivolse alla comunità di Corinto: “Siete ancora immaturi nella fede….ho dovuto nutrirvi di latte, non di cibo solido…”( 1 Cor 3,2).
Ci educhiamo a questa maturità della fede? Quale opera educativa fanno le nostre comunità in questa direzione? Non sono piuttosto in atto un percorso catechistico ed una predicazione infantilizzanti? A me sembra che si stiano diffondendo percorsi pastorale che, compromessi alla radice dalla paura e privi di profondità biblica, sono caratterizzati da rigidità, dogmatismo e devozionalismo.  Ovviamente,
questo genere di cristianesimo funziona a perfezione per chi ha bisogno di certezze e di tutela. Di fatto serve ai cristiani minorenni che sono molto graditi al potere religioso e politico.

Con la forza e lo Spirito di Dio
I versetti 14 e 18 sono la chiave che ci apre al significato del testo: Gesù è mosso, è spinto dalla forza che gli viene da Dio
Gesù, entrato nella sinagoga, incurante del rischio che correva, lesse le parole provocatorie del libro del profeta Isaia (Questa è, ovviamente, la redazione lucana). Egli va al cuore del messaggio. Come Isaia, anche il nazareno è consapevole che su questa strada egli non è sospinto da una voglia di azioni eroiche, ma dalla mano e dal “soffio” di Dio. Gesù ha cercato sempre il “volto” di Dio, ma non di un Dio interventista, tappa buchi, risolutore magico di tutti i problemi. Gesù ha cercato di riporre fiducia nel Dio che accompagna, che scalda i cuori, che si rende presente nell’interiorità della persona.
Ad affidarci a questa impalpabile ma vera presenza invita anche noi. La nostra maturazione nella fede, la nostra possibilità di dire addio ad un cristianesimo abitudinario dipende in larga misura dalla nostra decisione di fare centro sul messaggio delle Scritture e dalla capacità di contare su Dio come fonte di vita e di speranza. La Sua è una presenza discreta, nascosta ed inafferrabile, ma se attingiamo al pozzo della preghiera fiduciosa, dell’assiduità biblica e del cammino umano solidale, percepiremo che da Lui viene la forza per assumere le nostre responsabilità. In una parola, anche in questo cammino di scoperta della presenza di Dio Gesù ci precede.

Grazie, o Dio,
perché, aldilà di tutti i miei tentennamenti, comincio a fare di Te la pietra angolare che non si sfalda, sulla quale posso costruire la piccola casa della mia vita quotidiana.
Non debbo aspettarmi il plauso della mia sinagoga, ma cercare di seguire le tracce di Gesù.
O Dio, non c’è solo
il vento del denaro,
il vento del successo,
il vento dell’immagine.
Ci sei Tu, o Dio, soffio  che sospinge ogni giorno le nostre vite verso la solidarietà,
nella lotta per una società più giusta e più felice.