1, 1Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
4, 14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
18Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
19a proclamare l'anno di grazia del Signore.
20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
La
pagina che oggi la liturgia ci propone è tratta dal Vangelo di Luca
con l’accostamento di due piccole sezioni testuali. Nella prima
(1,1-4) Luca spiega l’intento del suo scritto. Nella sezione
4,14-21 ci presenta Gesù nella
sinagoga di Nazareth dove incontra (versetti 22-30) una durissima
opposizione. Per questo la lettura andrebbe proseguita fino al versetto 30.
Coglierò due riflessioni che, in una lettura rigorosa dei testi, mi
sembrano emergere.
Qualcosa
di consistente, affidabile
I
primi 4 versetti costituiscono un prologo in cui emerge soprattutto
l’intenzione dell’evangelista. Egli ha cercato, secondo i criteri
e le modalità del suo tempo, di ricondurci alle vicende delle
origini, ma con un’ottica storiografica particolare il cui scopo
ultimo era di condurre il lettore a riconoscere “la solidità delle
parole circa le quali è stato istruito”.
Il
vocabolo greco "asfaleia" che Luca usa per indicare la solidità è
davvero ricco di significato: indica qualcosa che non si sfalda, che
è saldo, incrollabile, consistente, totalmente affidabile.
Per l’evangelista l’annuncio
del Vangelo, la prassi di Gesù, la strada che il nazareno ha
percorso costituiscono la pietra salda ed infrangibile su cui fondare
la propria vita.
Per
Luca “la solidità delle parole” non significa la proclamazione
di certezze granitiche, di rigidi dogmi. La sua parola non allude ad
un enunciato dottrinale. Si tratta di un messaggio sul quale merita
scommettere, della pietra angolare su cui fondare la propria vita.
Luca vuole chiudere la porta ad ogni fraintendimento. Non si tratta
di qualche allettante novità, di qualche notizia stravagante o di
una delle ultime “trovate” per gli spiriti curiosi.
L’evangelista
lo dice chiaro e tondo: qui tu puoi trovare la pietra di fondamento
della tua vita.
Egli parla per esperienza personale e comunitaria: Gesù, la sua vita e
il suo messaggio, hanno costituito la “base”, la proposta che ha
retto nel tempo, che ha dimostrato la sua permanente validità. Lo
dice e lo ripete anche per esortare la sua comunità. Luca che, come
Paolo, conosce il mondo delle infinite chiacchiere oziose di mille e
mille venditori di fumo e di “piatti salvifici” illusori, pone il
vangelo di Gesù decisamente ad un altro livello.
Una riflessione più che attuale
Mi
sembra che la riflessione di Luca non abbia per nulla perso di vigore
e di attualità. Oggi più che mai è importante saper riconoscere la
distanza che intercorre tra le mille parole insipienti, vuote e
seducenti che riempiono le comunicazioni, i video, le pubblicità e
la Parola che indica la strada della vita autentica.
C’è
da esserne stomacati. La parola religiosa è diventata retorica
dottrinaria e moralistica. La parola televisiva è diventata
arroganza, vuoto, prevaricazione, assenza di pensiero. La chiacchiera
ha preso il posto della riflessione, l’urlo ha soppiantato il
dialogo, lo spettacolo ha eliminato il confronto, lo slogan ha vinto
sull’approfondimento, la battuta ha sostituito l’argomentazione.
Potremmo dire che le parole non parlano più!
Ci riguarda
Anche
noi cristiani troppo spesso corriamo dietro al mercatino religioso
devozionalistico dei santi, delle madonne, delle sindoni, delle
apparizioni anziché ancorare la nostra fede nella "solidità" del messaggio biblico.
Così meritiamo il rimprovero che Paolo
rivolse alla comunità di Corinto: “Siete ancora immaturi nella
fede….ho dovuto nutrirvi di latte, non di cibo solido…”( 1 Cor
3,2).
Ci
educhiamo a questa maturità della fede? Quale opera educativa fanno
le nostre comunità in questa direzione? Non sono piuttosto in atto
un percorso catechistico ed una predicazione infantilizzanti? A me sembra che si stiano diffondendo percorsi pastorale che, compromessi alla radice dalla paura e privi di profondità biblica, sono caratterizzati da rigidità, dogmatismo e devozionalismo. Ovviamente,
questo genere di cristianesimo funziona a perfezione per
chi ha bisogno di certezze e di tutela. Di fatto serve ai cristiani
minorenni che sono molto graditi al potere religioso e politico.
Con la forza e lo Spirito di Dio
I versetti 14 e 18 sono la chiave che ci apre al significato del testo: Gesù è mosso, è spinto dalla forza che gli viene da Dio
Gesù,
entrato nella sinagoga, incurante del rischio che correva, lesse le
parole provocatorie del libro del profeta Isaia (Questa è,
ovviamente, la redazione lucana). Egli va al cuore del messaggio.
Come Isaia, anche il nazareno è consapevole che su questa strada
egli non è sospinto da una voglia di azioni eroiche, ma dalla mano e
dal “soffio” di Dio. Gesù ha cercato sempre il “volto” di
Dio, ma non di un Dio interventista, tappa buchi, risolutore magico
di tutti i problemi. Gesù ha cercato di riporre fiducia nel Dio che
accompagna, che scalda i cuori, che si rende presente
nell’interiorità della persona.
Ad
affidarci a questa impalpabile ma vera presenza invita anche noi. La
nostra maturazione nella fede, la nostra possibilità di dire addio
ad un cristianesimo abitudinario dipende in larga misura dalla nostra
decisione di fare centro sul messaggio delle Scritture e dalla
capacità di contare su Dio come fonte di vita e di speranza. La Sua
è una presenza discreta, nascosta ed inafferrabile, ma se attingiamo
al pozzo della preghiera fiduciosa, dell’assiduità biblica e del
cammino umano solidale, percepiremo che da Lui viene la forza per
assumere le nostre responsabilità. In una parola, anche in questo
cammino di scoperta della presenza di Dio Gesù ci precede.
Grazie,
o Dio,
perché,
aldilà di tutti i miei tentennamenti, comincio a fare di Te la
pietra angolare che non si sfalda, sulla quale posso costruire la
piccola casa della mia vita quotidiana.
Non
debbo aspettarmi il plauso della mia sinagoga, ma cercare di seguire
le tracce di Gesù.
O
Dio, non c’è solo
il
vento del denaro,
il
vento del successo,
il
vento dell’immagine.
Ci
sei Tu, o Dio, soffio che sospinge ogni giorno le nostre vite
verso la solidarietà,
nella
lotta per una società più giusta e più felice.