"Reddito, guerra tra poveri"
Roma. Sindacati, terzo settore, Ufficio parlamentare di bilancio, Anpal. Le criticità segnalate sul reddito di cittadinanza crescono al secondo giorno di audizioni in Senato sul decreto che lo istituisce. Dopo gli allarmi lanciati da Confindustria, Istat, Inps, Regioni e Comuni, è dunque il turno delle "parti sociali" e dell'authority parlamentare sui conti. Ma le osservazioni mandano in tilt i Cinque Stelle. Che reagiscono stizziti. «L'Upb ha fornito valutazioni che vanno oltre il suo mandato», tuona a fine giornata Daniele Pesco, presidente della commissione Bilancio. Dichiarazioni «convulse e isteriche», quelle dei sindacati, nel giudizio di Vito Crimi, sottosegretario M5S con delega all'editoria.
Cgil, Cisl e Uil si preparano a scendere in piazza a Roma contro il governo, sabato prossimo. E questo certo alimenta gli attriti. Tanto più che i sindacati vedono il rischio di «una guerra tra poveri», indotta dalle norme sul reddito. Con i precari di Anpal Servizi che assumeranno altri precari, i 6 mila navigator destinati a fare da guida ai disoccupati, ingaggiati con un contratto biennale di collaborazione. I sindacati puntano il dito contro la natura «ibrida» e dunque «non efficace» di uno strumento che vuole trovare un impiego ai disoccupati e nel contempo sconfiggere la povertà. Anche Caritas, Alleanza contro la povertà, Fio.Psd vanno giù duri. Osservano che il sussidio puo rivelarsi «la strada sbagliata» sia per assistere i poveri che per incrementare l'occupazione. «I minori sono ai margini», perché il reddito è focalizzato più sul lavoro che però «è solo una dimensione della povertà». Il paradosso, sottolinea la Caritas, è «di implementare il disagio grave o la diseguaglianza». Il colmo per una misura di questo tipo.
Il requisito di residenza - almeno 10 anni, gli ultimi due continuativi - esclude immigrati, senza dimora, anche italiani. Le famiglie con minori vengono danneggiate. Il perché lo spiega l'Ufficio parlamentare di bilancio: «La scala di.equivalenza scelta svantaggia i nuclei numerosi». E l'assegno non andrà a «un quarto delle famiglie povere». La platea, secondo l'Upb, è quella individuata dal governo nella relazione tecnica al decreto: 1,3 milioni di famiglie che corrispondono a 3,6 milioni di persone. Molti meno dei 5 milioni di poveri assoluti che il vicepremier Di Maio pensa di raggiungere. Riceveranno in media 500 euro al mese a famiglia e 181 euro a testa. Anche Upb, come Confindustria e Inps, segnala il rischio «spiazzamento» tra lavoro e sussidio. I soldi disincentivano la ricerca di un impiego. «Se i 400 mila potenziali percettori che oggi risultano occupati si facessero tutti licenziare, la spesa per il reddito crescerebbe di 2 miliardi a regime», dagli 8 attuali.
(la Repubblica 5 Febbraio)
Roma. Sindacati, terzo settore, Ufficio parlamentare di bilancio, Anpal. Le criticità segnalate sul reddito di cittadinanza crescono al secondo giorno di audizioni in Senato sul decreto che lo istituisce. Dopo gli allarmi lanciati da Confindustria, Istat, Inps, Regioni e Comuni, è dunque il turno delle "parti sociali" e dell'authority parlamentare sui conti. Ma le osservazioni mandano in tilt i Cinque Stelle. Che reagiscono stizziti. «L'Upb ha fornito valutazioni che vanno oltre il suo mandato», tuona a fine giornata Daniele Pesco, presidente della commissione Bilancio. Dichiarazioni «convulse e isteriche», quelle dei sindacati, nel giudizio di Vito Crimi, sottosegretario M5S con delega all'editoria.
Cgil, Cisl e Uil si preparano a scendere in piazza a Roma contro il governo, sabato prossimo. E questo certo alimenta gli attriti. Tanto più che i sindacati vedono il rischio di «una guerra tra poveri», indotta dalle norme sul reddito. Con i precari di Anpal Servizi che assumeranno altri precari, i 6 mila navigator destinati a fare da guida ai disoccupati, ingaggiati con un contratto biennale di collaborazione. I sindacati puntano il dito contro la natura «ibrida» e dunque «non efficace» di uno strumento che vuole trovare un impiego ai disoccupati e nel contempo sconfiggere la povertà. Anche Caritas, Alleanza contro la povertà, Fio.Psd vanno giù duri. Osservano che il sussidio puo rivelarsi «la strada sbagliata» sia per assistere i poveri che per incrementare l'occupazione. «I minori sono ai margini», perché il reddito è focalizzato più sul lavoro che però «è solo una dimensione della povertà». Il paradosso, sottolinea la Caritas, è «di implementare il disagio grave o la diseguaglianza». Il colmo per una misura di questo tipo.
Il requisito di residenza - almeno 10 anni, gli ultimi due continuativi - esclude immigrati, senza dimora, anche italiani. Le famiglie con minori vengono danneggiate. Il perché lo spiega l'Ufficio parlamentare di bilancio: «La scala di.equivalenza scelta svantaggia i nuclei numerosi». E l'assegno non andrà a «un quarto delle famiglie povere». La platea, secondo l'Upb, è quella individuata dal governo nella relazione tecnica al decreto: 1,3 milioni di famiglie che corrispondono a 3,6 milioni di persone. Molti meno dei 5 milioni di poveri assoluti che il vicepremier Di Maio pensa di raggiungere. Riceveranno in media 500 euro al mese a famiglia e 181 euro a testa. Anche Upb, come Confindustria e Inps, segnala il rischio «spiazzamento» tra lavoro e sussidio. I soldi disincentivano la ricerca di un impiego. «Se i 400 mila potenziali percettori che oggi risultano occupati si facessero tutti licenziare, la spesa per il reddito crescerebbe di 2 miliardi a regime», dagli 8 attuali.
Anche l'Anpal, con il suo presidente uscente Maurizio Del Conte, segnala che sono 1,7 milioni i «potenziali destinatari di politiche attive, il 30% del totale», seguiti da 6 mila navigator precari. «Un problema per l'operatività», perché si aggiungono ai 654 precari di Anpal Servizi Spa. E poiché non c'è ancora un'intesa con le Regioni, «questi operatori rischiano di sovrapporsi a quelli dei centri per l'impiego, anche fisicamente». La maggior parte dei poveri poi non accede a Internet: il 37% nel Lazio, il 27% in Campania, il 12% in Molise. Dove controlleranno la App con le offerte di lavoro?
Valentina Conte
(la Repubblica 5 Febbraio)