Chiamano a raccolta i fedeli e firmano petizioni contro il decreto sicurezza, accolgono i migranti nelle sacrestie e raccolgono fondi per pagare un tetto e pasti caldi a chi è stato messo fuori dai centri di accoglienza, pronunciano omelie di fuoco e scrivono testi durissimi nei giornalini parrocchiali. E finiscono, puntualmente, nella “rete” tesa dai fedelissimi di Salvini che non perde tempo a metterli all’indice sui social. «Fanno politica, si candidino».
Non c’è solo don Biancalani, il parroco di Vicofaro noto alle cronache per aver ospitato in chiesa decine di immigrati dopo la chiusura del suo centro, a condurre sul territorio la battaglia della Chiesa contro il razzismo dilagante e gli effetti della legge sicurezza firmata dal ministro dell’Interno. C’è un piccolo esercito di preti e suore di frontiera che, giorno dopo giorno, si schiera e scende in campo con iniziative che riescono a raccogliere straordinari consensi. Come è successo martedì sera a Verona dove almeno un migliaio di persone sono rimaste fuori dalla Chiesa di San Nicolò, traboccante di gente arrivata anche dalla provincia, per ascoltare il sindaco (sospeso) di Riace, Domenico Lucano, e padre Alex Zanotelli.
Padre Tresoldi: “Invito Lucano a parlare a Verona”. Folla sul sagrato
Padre
Efrem Tresoldi ha fatto partire l’invito, don Roberto Vinco e don
Gabriele Giacomelli hanno aderito subito aprendo le porte della loro
parrocchia, quella di San Nicolò all’Arena a Verona non immaginando
forse neanche che non sarebbe bastato neanche il sagrato della Chiesa a
contenere la folla straripante, circa 2.000 persone, arrivata anche da
altre città vicine per ascoltare Domenico Lucano, il sindaco di Riace
simbolo dell’accoglienza, e il padre comboniano Alex Zanotelli che lo ha
sempre affiancato nella sua battaglia.
«È
questa la Verona che vorremmo sempre vedere, quella che dice no alle
politiche razziste e discriminatorie che sta portando avanti questo
governo», dice padre Tresoldi, missionario e direttore di Nigrizia, la
rivista dei padri comboniani. «È ormai chiaramente emersa la necessità
di dire qualcosa di forte e di dare sostegno a chi, come Lucano
estromesso brutalmente, si spende ogni giorno per i più deboli. E per
noi è estremamente confortante che migliaia di persone siano state con
noi ad applaudirlo».
«Bisogna
uscire allo scoperto, schierarsi perché qui il progetto è chiaro: si
vuole disumanizzare la gente perché si governa meglio quando il popolo
non pensa più e non “sente”». Dall’alto dei suoi 86 anni suor Stefania
Baldini ha deciso di affiancare al suo impegno contro l’omotransfobia
quello per i diritti dei migranti. Suora domenicana della Casa del
Santissimo Rosario di Firenze, è tra i religiosi che hanno sottoscritto
l’atto di denuncia pubblica contro le politiche sull’immigrazione di
Matteo Salvini nato dall’iniziativa di un altro sacerdote di frontiera,
don Aldo Antonelli, il “prete rosso” d’Abruzzo. Impegnata nella comunità
delle Piagge di don Alessandro Santoro, che in questi mesi sta
lavorando in soccorso dei tanti migranti che si sono ritrovati in
strada, suor Stefania ha le idee chiarissime: «Non si può far politica
sulle spalle di chi muore in mare. Io sono grande ma fino a quando avrò
forza mi metterò in gioco per fare qualcosa di concreto ogni giorno per
queste persone. Ma soprattutto per lavorare contro queste politiche che
diffondono odio e paure.
L’invasione barbarica non è di queste persone che arrivano dal mare ma di chi gioca con la nostra cultura e democrazia».
Non
ha usato giri di parole don Marco Bedin, parroco di Ospedaletto a
Vicenza, per dire alla sua gente ciò che pensa di quello che sta
avvenendo nel mar Mediterraneo. «Stragi di Stato», è il titolo di un
articolo che ha scritto sul giornale della parrocchia uscito domenica
scorsa in occasione della giornata per la vita.
Poche ore e il volto di don Bedin, affiancato al giornaletto della parrocchia, è finito sul twitter di Salvini che ha aggiunto il nome del sacerdote alla lista dei religiosi che «dovrebbero candidarsi alle elezioni anziché impiegare il suo tempo insultandomi sul bollettino della parrocchia".
Alessandra Ziniti
(la Repubblica 6 febbraio)