martedì 26 febbraio 2019

Le opinioni
Il mondo arabo è ostaggio della povertà

Una grande minaccia incombe sul mondo arabo e sui suoi abitanti. Nella regione ormai vivono soprattutto famiglie povere e vulnerabili. La realtà è molto diversa dalle immagini di grande ricchezza diffuse all'estero. La popolazione è composta da un piccolo gruppo di persone ricche, da una classe media che si sta riducendo e da masse di poveri, che ormai rappresentano i due terzi del totale. Circa 250 milioni di persone, su un totale di 400 milioni, sono povere, secondo una recente ricerca condotta da organizzazioni arabe e internazionali.
Secondo uno studio dell'Arab center for research and policy studies di Doha e di Arab Barometer (un consorzio con sede negli Stati Uniti che riunisce istituti di ricerca statunitensi e arabi) circa il settanta per cento delle famiglie arabe fatica a soddisfare i propri bisogni fondamentali o non ci riesce affatto.
Le statistiche sulla povertà multidimensionale (un indice che tiene conto non solo del reddito, ma anche di altri fattori come la qualità dell'istruzione e la condizione abitativa) mostrano che i tassi di povertà nella regione sono fino a quattro volte più alti rispetto alle ipotesi fatte in passato. I dati multidimensionali sulla povertà sono stati prodotti dagli economisti del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), dalla Commissione economica e sociale per l'Asia occidentale (Escwa), dalla Banca mondiale e da altri gruppi.
Nei dieci paesi arabi analizzati dall'Escwa (Giordania, Tunisia, Algeria, Egitto, Iraq, Marocco, Comore, Yemen, Sudan, Mauritania) 116 milioni di persone sono state classificate come povere (il 41 per cento della popolazione) e il 25 per cento come "vulnerabili" alla povertà. Le famiglie "vulnerabili" vivono sopra la soglia della povertà, ma non possono fare fronte a un aumento di prezzi, tasse o spese, che le farebbe sprofondare nella povertà.
Questo potrebbe spiegare perché di recente decine di migliaia di persone hanno manifestato contro i loro governi in Iraq, Libano, Tunisia, Sudan e altri paesi arabi, protestando per l'aumento delle tasse e dei prezzi.
Anche secondo gli studi della Banca mondiale, che fissa i canoni della povertà a 1,90 dollari di spesa quotidiana pro capite, nel periodo tra il 2011 e il 2015 la povertà estrema in Medio Oriente è passata dal 2,7 al 5 per cento. In questo periodo la regione è stata l'unica al mondo nella quale l'indicatore è cresciuto.
La classe media nei paesi arabi non produttori di petrolio è passata dal 45 per cento al 33 per cento della popolazione, secondo l'Escwa. L'aumento della disuguaglianza sembra muoversi di pari passo con quello della povertà.
I poveri sono destinati a soffrire per generazioni, per due motivi. Il primo è che le condizioni iniziali di sviluppo dell'infanzia e il livello d'istruzione delle famiglie, due indicatori affidabili per prevedere la povertà di lunga durata, sono problematici in molte aree del mondo arabo. Il secondo è che le economie locali non possono generare abbastanza posti di lavoro di buon livello, in grado di aumentare il reddito delle famiglie. Inoltre queste persone non hanno i diritti politici per protestare o per partecipare alle decisioni.
Forse una maggioranza di cittadini arabi sente di non poter più contare sullo stato per quanto riguarda la definizione della propria identità, la sicurezza, le opportunità e altre necessita primarie. Questi uomini e donne si rivolgono a istituzioni extra statali come la religione, il tribalismo, l'etnia, le reti criminali o i gruppi militanti. I governi e il settore privato del mondo arabo non possono generare la quantità di posti di lavoro necessari a ridurre la povertà nei prossimi decenni. Secondo il Fondo monetario internazionale ci vorrebbero tra i sessanta e i cento milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030, e 27 milioni tra il 2018 e il 2023. Questo significa che il mercato dei paesi arabi continuerà a essere segnato dal lavoro nero, che secondo le stime oggi coinvolge tra il 50 e il 60 per cento di tutte le persone con un impiego.
La povertà, la vulnerabilità e la disuguaglianza che minacciano il benessere della regione sono le conseguenze delle politiche sbagliate di élite arabe incompetenti. Ma sono state anche aggravate dal comportamento aggressivo delle potenze regionali e internazionali, che sostengono queste élite e alimentano le molte guerre in corso. Tutto questo genera un ciclo distruttivo, fatto di cattiva amministrazione, stagnazione economica, istruzione carente, insufficiente qualità del lavoro e conflitti militari, per non parlare dei cambiamenti climatici, della mancanza d'acqua e cibo, dell'insicurezza, dello sviluppo urbano caotico e della corruzione. Questo insieme di fattori è forse la principale infamia del mondo arabo contemporaneo, una regione che sta tradendo il suo popolo.
Rami Khouri

RAMI KHOURI è columnist del quotidiano libanese Daily Star. È direttore dell'Issam Fares institute of public policy and international affairs all'American university di Beirut.
(Internazionale 15 febbraio)