lunedì 25 febbraio 2019

L'ITALIA E IL SUO COLONIALISMO

L'Italia deve fare i conti con il suo colonialismo
di Igiaba Scebo, scrittrice italosomala

Le dichiarazioni del vicepresidente del consiglio italiano Luigi Di Maio sul neo colonialismo francese in Africa e il franco Cfa hanno sollevato forti polemiche in Italia. 
Il leader dei cinque stelle ha accusato la Francia di saccheggiare le risorse del continente africano e di essere quindi responsabile del dramma dei migranti nel Mediterraneo. Sappiamo, tuttavia che le cause e i fattori di questa tragedia sono molti: dalle guerre ai cambiamenti climatici, passando per l'ingerenza delle multinazionali e per le dittature sanguinarie. 
Quello che colpisce nelle dichiarazioni di Di
Maio è che denuncia il colonialismo degli altri senza mai nominare il proprio. L'Italia dimentica di essere stata una potenza coloniale e cerca sistematicamente di trovare giustificazioni per il suo ruolo nell'aggressione del continente africano. Il ritornello che si ripete è che la conquista coloniale italiana fu poca cosa e, in fin dei conti, gli italiani sono brava gente, così brava che nelle loro colonie costruirono strade, palazzi e fontane. 
Strade e palazzi furono effettivamente costruiti, ma nei territori conquistati l'Italia agì come le altre potenze coloniali: con ferocia e violenza. Tra l'ottocento e il novecento l'Italia ebbe tre colonie in Africa: prima l'Eritrea, da cui oggi arrivano tanti migranti in fuga da una dittatura soffocante; poi  la Somalia, dove per anni ha infuriato una delle guerre civili più atroci al mondo; infine la Libia. Inoltre sotto l'Italia fascista di Mussolini la Libia fu occupata dal 1936 al 1941. Ma la storia del colonialismo italiano e delle sue atrocità è stata occultata, sepolta nella memoria collettiva. Questo passato è poco studiato a scuola, anche se ci sono importanti studi sull'argomento. 
I nomi delle strade.
Lo storico Angelo del Boca ha rivelato nelle sue ricerche la barbarie dell'espansione coloniale: l'uso di gas vietati dalla convenzione di Ginevra durante la conquista dell' Etiopia da parte di Mussolini, gli stupri, gli abusi sui minori, le impiccagioni. 
Pochi italiani conoscono questa storia ancora oggi presente nelle strade delle grandi città del paese. Mentre scrivevo il mio libro fotografico Roma negata ho cercato e trovato le tracce del colonialismo nella capitale italiana. Ho scoperto così ponti, strade, piazze ed edifici i cui nomi evocano battaglie e colonie africane. Nel zona nord della città c'è il "quartiere africano" così chiamato perché le sue vie portano i nomi dei territori conquistati e brutalizzati. L'Africa è iscritta nella toponomastica e in monumenti dimenticati. Come quello ai caduti di Dogali, che ricorda la sconfitta dell'esercito italiano nell'Africa orientale. Ma pochi sanno collocare nella storia del loro paese questi segni scolpiti nella pietra. Molte delle persone che passano per viale Libia o via Asmara non conoscono il perché di quei nomi. Eppure le relazioni tra l'Italia e i suoi ex possedimenti sono continuate anche dopo il periodo coloniale. 
I ponti non sono stati tagliati. In Somalia la lingua italiana rimase quella ufficiale fino agli anni 70. La scuola somala era strutturata sul modello italiano. L'amnesia è cominciata poco dopo la partenza delle truppe italiane da quelle terre. Quando eritrei, somali ed etiopi fuggirono dai loro paesi, governati  da spietati dittatori, si diressero verso l'Italia che con loro grande delusione non fu in grado di cogliere il legame tra quei migranti e il paese di Dante. Eppure quei profughi parlavano l'italiano che avevano imparato a scuola ed erano impregnati di cultura italiana. Il trattamento riservato a chi era nato nelle colonie da padre italiano è stato anche peggiore: italosomali, italoeritrei ed italoetiopi lottarono per anni prima di ottenere la cittadinanza che gli spettava. 
I misfatti coloniali sono stati numerosi ma il crimine più grande è stato l'oblio nella narrazione ufficiale. La disumanizzazione coloniale ha lasciato il segno nella società. Gli stereotipi usati contro i popoli colonizzati tra l'ottocento e il novecento sono ora applicati ai migranti, non solo agli africani. A me che sono figlia di migranti dell'Africa orientale, romana e somala allo stesso tempo, è capitato più volte di sentire uomini che quando camminavo per strada intonavano faccetta nera, la canzone della propaganda coloniale, intrisa di razzismo e sessismo. Me la sbattevano in faccia come un insulto ma anche paradossalmente, come un imbarazzante tentativo di seduzione. 
Ogni donna nera che vive in Italia lo sa: per molti uomini siamo ancora le "faccette nere" delle colonie. Le donne sono quelle che soffrirono di più a causa degli stereotipi coloniali. Erano considerate donne facili, metafore viventi delle terre africane da possedere. La loro vita con gli italiani fu dolorosa. Alcune erano domestiche di giorno e schiave sessuali di notte, altre erano semplicemente vittime di stupri. Le più forti riuscivano, con una strategia di sopravvivenza, a costruire una relazione più o meno paritaria e rispettosa. 
Un affare di famiglia
Questi atti di barbarie mai indagati e ancora impuniti continuano a permeare la società civile italiana. E' da lì che vengono i cori razzisti degli stadi contro i giocatori neri o il lancio di banane contro Cecile Kyenge, l'ex ministra dell'integrazione, la prima donna nera a ricevere l'incarico di ministro in un governo italiano. L'assenza di dibattito sul passato coloniale riemerge anche alla luce dei drammi del Mediterraneo. Come i quasi 400 migranti, tra cui molti eritrei, annegati il 3 ottobre 2013 a Lampedusa. O come gli eritrei a bordo della Diciotti, il pattugliatore della guardia costiera italiana, a cui Matteo Salvini nell'agosto del 2018 ha a lungo negato lo sbarco. Nessun politico, nessun giornale italiano ha ricordato i fatti storici e dolorosi che legano l'Italia a quei profughi in fuga dalla guerra e in parte eredi della storia italiana. Contrariamente a quanto pensa Di Maio, almeno la Francia ha cominciato a elaborare il suo passato coloniale anche se in modo ancora imperfetto. La storia della colonizzazione, anche se ignorata, fa parte pure delle nostre storie personali.E' un affare di famiglia. Molti italiani hanno in casa foto, ricordi e lettere dei loro parenti partiti alla conquista dell'Africa. E' quindi troppo facile puntare il dito contro il colonialismo degli altri senza affrontare il proprio. Troppo facile e ignobile nel momento storico in cui l'Africa colonizzata affonda nel Mediterraneo.

Da Le  Monde Internazionale 8 febbraio